Il passaggio all’ufficio del lavoro “salva” il lavoratore dalla decadenza dal diritto di impugnare il licenziamento. In termini pratici, dunque, per impedire il termine decadenziale basta depositare (entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento) la richiesta di procedura obbligatoria di conciliazione presso la Commissione di conciliazione.
Insomma, il termine di sessanta giorni per l’impugnazione si sospende dal deposito di tale istanza perché è irrilevante, in quanto estraneo alla sfera di controllo del lavoratore, il momento in cui l’Ufficio provinciale del lavoro provvede a comunicare al datore la convocazione per il tentativo di conciliazione. Così la Cassazione con la sentenza 24434/10 ha confermato il verdetto d’appello che aveva accolto la domanda d’illegittimità del licenziamento presentata da un lavoratore, non essendo inutilmente trascorso il termine di sessanta giorni.
La Suprema corte, infatti, ha colto l’occasione per ricordare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «non è necessario che l’atto di impugnazione del licenziamento pervenga all’indirizzo del datore di lavoro entro i sessanta giorni previsti dall’articolo 6 della legge 604/66 per evitare la decadenza dalla facoltà di impugnare».
Tale termine, hanno concluso gli “ermellini”, si sospende a partire dal deposito dell’istanza di procedura obbligatoria di conciliazione (contenente l’impugnativa scritta del licenziamento) presso la Commissione di conciliazione, non essendo necessario che entro lo stesso termine la richiesta sia comunicata anche al datore di lavoro.