La farmaceutica come esempio per la crescita industriale
Un modello virtuoso, fatto di investimenti in produzione e ricerca, qualità e valorizzazione delle risorse umane e competitività sui mercati esteri. Intervista a Stefano Da Empoli, presidente dell’Istituto per la competitività (I-Com)
formiche – 24 novembre 2018 – Antonello Di Mario
Dal 2007 al 2017 la manifattura italiana ha perso il 18% del valore della produzione. Meglio è andata sui mercati esteri, con un export cresciuto nello stesso periodo del 23%. Performance significativa ma pari a poco più di un quinto di quella portata a casa negli stessi anni dall’industria farmaceutica (+107%). Che le ha consentito non solo di non perdere terreno, come è invece successo al resto della manifattura,
Un primato che dovrebbe spronare l’intero settore industriale…
Un primato importante perché il settore farmaceutico è un caleidoscopio di tutte le principali caratteristiche che dovrebbe avere il resto del sistema produttivo italiano per eccellere a livello globale. Si tratta infatti di un comparto con una fortissima propensione all’export (il primo in Italia, dove circa l’80% della produzione valica i confini nazionali), capace di attrarre forti investimenti dall’estero (anche qui stiamo parlando del settore leader nel nostro Paese), centrato sulla ricerca e sviluppo (leader assoluto a livello mondiale e il terzo in Italia, con il 7% del totale), in grado di investire e valorizzare al meglio le risorse umane (90% degli addetti laureati o diplomati, con un incremento occupazionale del 4,5% negli ultimi due anni, contro l’1,3% della media manifatturiera, e il 55% dei neoassunti tra giovani under 35) e infine, last but not least, con una forte attenzione alle politiche di genere (il 42% degli addetti sono donne, contro il 29% dell’industria manifatturiera, così come il 40% dei dirigenti e quadri) e alle forme più innovative di welfare aziendale.
Occorre continuare ad investire su ricerca e sviluppo?
Come già detto, alla base degli elevati margini del settore non c’è il caso o una rendita di posizione bensì soprattutto un’attenzione fortissima alla ricerca e sviluppo. Se si considerano i dati del campione analizzato da I-Com relativi al valore dei diritti di brevetto industriale, ne risulta che in media essi coprono oltre il 13% del totale delle immobilizzazioni immateriali, percentuale quasi doppia rispetto alla media del settore manifatturiero, che si ferma al 7%. Inoltre, il valore dei diritti di brevetto industriale delle aziende farmaceutiche copre il 18% del valore dell’intero comparto manifatturiero, a testimonianza del fatto che il settore farmaceutico è un volano per il resto del sistema produttivo che altri settori dovrebbero seguirne l’esempio perché l’economia italiana possa proiettarsi con slancio verso il futuro.
Eppure sono numerose le incertezze che circondano l’industria farmaceutica e che dovrebbero preoccupare i nostri decisori…
Qual è la sida del settore farmaceutico?
Perché questa è la principale sfida di oggi in ambito sanitario: fare in modo che gli italiani abbiano accesso ai farmaci più innovativi, che consentano di allungare l’aspettativa ma soprattutto la qualità della vita. E, allo stesso tempo, attirando investimenti in produzione e in ricerca che permettano al nostro Paese di consolidare la propria leadership in Europa. Un doppio risvolto che tuttavia è messo in discussione da una governance sempre più inadeguata, che continua a gestire in silos separati la parte farmaceutica e quella sanitaria, pur essendo evidenti i legami e anche la parziale sostituibilità delle diverse componenti della spesa, specie nel comparto ospedaliero, e da una protezione dei diritti brevettuali che rischia di ridurre gli incentivi per le aziende a investire in Italia.
Solo se riusciremo ad affrontare queste sfide in un’ottica al contempo sanitaria e industriale si riuscirà a conservare e magari a sviluppare ulteriormente il made in Italy in ambito farmaceutico. Augurandoci nel frattempo che altri settori convergano verso lo stesso modello virtuoso, fatto di investimenti in produzione e ricerca, qualità e valorizzazione delle risorse umane e competitività sui mercati esteri.