I farmaci per quattrozampe hanno lo stesso principio attivo e lo stesso dosaggio di quelli per umani, ma costano anche tre volte di più e i veterinari sono obbligati a prescrivere quelli più cari
Tra cure e farmaci, gli animali ci costano in media cento euro all’anno, ma un terzo dei proprietari italiani paga almeno due o tre volte tanto. Inoltre, per i prodotti veterinari non ci sono coperture da parte del Sistema sanitario nazionale: il costo è tutto a carico del proprietario. Se a ciò si aggiunge il fatto che i generici veterinari sono una rarità, è evidente che le cure per gli animali da compagnia rappresentano un costo elevatissimo per le famiglie. Per esempio, il Metoclopramide (promuove la motilità dell’intestino e contrasta il vomito) in medicina umana è disponibile come Plasil e costa 1,89 euro per scatola; in veterinaria è noto come Vomend e costa, alla confezione, 19 euro.
Divieto di legge
Ma i casi sono numerosi e il sindacato italiano dei veterinari, Sivelp, ha creato un sito, farmacoveterinario.it, in cui è possibile confrontare i prezzi dei farmaci. L’unica opportunità di risparmio, in realtà poco conosciuta, resta la possibilità di detrazione fiscale delle spese veterinarie a fronte della presentazione dello scontrino con codice fiscale (come avviene per i farmaci umani). “I veterinari, di fronte a questa situazione, sono praticamente impotenti – commenta Alberto Bernava, presidemte dell’Ordine dei veterinari di Udine -: è la legge a imporci di non prescrivere ai ‘pazienti animali’ farmaci per uso umano quando siano disponibili terapie veterinarie con le stesse indicazioni. Lo stesso vale per i farmaci che acquistiamo noi, come gli anestetici per gli interventi chirurgici. Inoltre sulle parcelle delle nostre visite, bisogna caricare l’Iva al 22%”.
Idee per risparmiare
Nel frattempo l’Enpa ha lanciato una petizione per chiedere al ministro della Salute di rendere obbligatoria la prescrizione medica del principio attivo, anziché la marca del medicinale, anche per i farmaci destinati all’uso animale mentre il Ministero si sta attivando per aderire alla proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai medicinali veterinari che si discuterà a Bruxelles.
Esempi: la terapia antiepilettica con fenobarbitale passa dai 5 euro della versione per l’uomo ai 40 di quella veterinaria. Lo stesso accade con la ranitidina (gastroprotettore per ulcera) – da 8,59 a 16 euro – e con le cefalosporine (un potente battericida) il cui prezzo lievita dai 3,9 a 27,5 euro. Naturalmente si tratta di costi relativi alla singola confezione e non all’intera durata della terapia, che per una famiglia a medio reddito può diventare insostenibile se dovesse essere prolungata nel tempo o addirittura per l’intera vita del pet.
Notizia correlata: Cirinna’ (pd): “antitrust apra inchiesta su sproporzione farmaci animali e farmaci umani”
Nelle passate settimane l’onorevole Cirinnà ha chiesto all’antitrust di aprire un’inchiesta in merito alla sproporzione di prezzo tra farmaci umani e veterinari. «È in corso una evidente speculazione – ha detto la senatrice PD – visto che si tratta degli stessi principi attivi. Mi unisco alla richiesta del collega Michele Anzaldi per chiedere un’indagine all’autorità».