Cavazza: «Stavo per vendere, Italia senza coraggio»
Fedaiisf
Una confessione a cuore aperto: «La crisi strutturale di questi ultimi anni e un Paese bloccato sul fronte dell’innovazione e della ricerca mi aveva fatto decidere di vendere l’azienda». Le parole sono di Claudio Cavazza, presidente del Gruppo Sigma Tau, tra le più importanti realtà dell’impresa farmaceutica italiana. Invece, poi, come annunciato a Milano, la svolta, con un investimento di 300 milioni di dollari per l’acquisizione del ramo d’azienda farmaceutico dell’americana Enzon, una scelta strategica nella direzione della ricerca di farmaci per la cura di malattie rare in ambito oncologico. «L’industria del farmaco corre il rischio di abbandonare gli investimenti nelle aree delle patologie a grande impatto sociale, perché i costi di sviluppo sono sempre più alti e la presenza di farmaci generici non consente di giustificare la rimborsabilità di nuove molecole che aggiungono poco a quanto già disponibile. Quella dei cosiddetti Orphan drugs è una delle pochissime aree di espansione che consente davvero di puntare all’innovazione, di avere procedure accelerate di approvazione dei farmaci e percorsi più agevoli per renderli disponibili ai pazienti, oltreché di aprire vie nuove di ricerca anche sul fronte di patologie più diffuse. In Italia, si vive un clima di sfiducia proprio sul fronte dell’innovazione e dello sviluppo e purtroppo l’industria farmaceutica è sempre vissuta dalla politica come una voce di spesa e non come risorsa. Stiamo impoverendo il Paese e se non raccogliamo in fretta tutte le forze necessarie, politiche, finanziarie e tecnologiche, abbiamo poche possibilità di vincere lo scontro con India e Cina già in corso, ma che si acuirà nei prossimi anni. Il Paese ha le carte in regola per competere ma ci vogliono fiducia e coraggio da parte delle Istituzioni». L’operazione Enzon, condotta da Sigma Tau anche grazie al supporto di Intesa San Paolo, rappresenta il maggior investimento realizzato da una farmaceutica italiana negli Usa, Paese che copre il 55-60% del mercato mondiale dei farmaci orfani. (Nicola Miglino).