Diventa così ancora più urgente cominciare, per i prossimi anni, a pensare a forme concrete di collaborazione/cooperazione dirette ospedali/Irccs/industrie farmaceutiche. Al via il tavolo di confronto per la risoluzione
di Antonio Marfella | 16 luglio 2014 | Il Fatto Economia & Lobby
La gravissima situazione di carenza dei farmaci in Italia, contemporanea all’eccezionale incremento dei costi delle molecole innovative, specie in Oncologia, è una situazione apparentemente complicata e paradossale, se non si vuole vedere come l’economia mondiale oggi si fondi sul mercato farmaceutico, primo settore economico, specie illegale. Una soluzione va trovata e celermente, con la speranza che da un lavoro che coinvolga tutta la filiera (territorio, ospedali, Irccs) escano al più presto proposte percorribili.
E’ necessario trovare insieme alle istituzioni una giusta via, anche sul fronte normativo, che permetta di avere una giusta quantità di farmaci per il fabbisogno nazionale. Esiste una legge che permette l’esportazione parallela, difficile da cancellare per via dei principi base dell’Unione europea sulla libera circolazione di merci e persone, ma che poco si concilia con le esigenze di pubblico servizio che impongono che le farmacie corrispondano i medicinali a chi li chiede. Sicuramente un punto di partenza potrebbe essere la “tracciatura” dei farmaci, che già c’è ma i cui dati non sono disponibili in tutte le parti della filiera. Questo permetterebbe di capire da dove escono i farmaci. Ma non basta intervenire sulle conseguenze, dobbiamo agire sulle cause.
Le stime più realistiche per l’anno in corso (2014) prevedono nelle Unità di Oncologia un ulteriore aumento della spesa per i farmaci compreso tra il 10 ed il 20%. La situazione è variegata, sia tra le Regioni che tra le Aziende nelle stesse Regioni. Possiamo bilanciare i nostri doveri etici di professionisti nei riguardi del paziente che abbiamo di fronte con le responsabilità che la Società ci affida come dirigenti del Servizio Sanitario? Come medici dipendenti del Ssn è nostro dovere prioritario avere cura del nostro Servizio Sanitario, e del suo equilibrio economico/finanziario, senza il quale ogni ragionamento sul singolo paziente svanirebbe.
In Italia, alcune cose si potrebbero fare, ad esempio, immediatamente, come suggerito da Cipomo (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri). Tra queste:
1) Esigere che sia noto il rapporto incrementale costo efficacia (Icer) di ogni nuova molecola approvata
2) Stabilire che l’Italia non può permettersi di pagare trattamenti che abbiano un Icer superiore ad una certa cifra (tra 50 e 100.000 euro?) per anno di vita guadagnato, pesato per qualità (a proposito: quanti dei nuovi farmaci reggerebbero questo approccio?) ma anche, come suggerisce lo scrivente:
3) Pensare ad una partnership diretta tra Aziende del Ssn e ditte farmaceutiche anche private e/o a partecipazione statale per la produzione diretta, a consumo garantito e “a filiera corta”, di farmaci generici, bioequivalenti e biosimilari di maggiore e consolidata efficacia terapeutica.
In questo modo non ci limiteremmo a massimizzare i benefici che i pazienti ottengono per i soldi spesi, ma questo offrirebbe ai medici e ai sostenitori dei pazienti elementi essenziali per aiutarli in concreto a mantenere il livello delle risorse economiche di cui hanno bisogno per difendere quei budgets cosi gravemente minacciati.
In relazione alla spesa farmaceutica territoriale, essa è si in calo, ma sono in deciso aumento i furti nelle farmacie ospedaliere e la deviazione dei farmaci italiani verso il mercato internazionale. In molti paesi Ocse, tra cui l’Italia, una riduzione della spesa farmaceutica territoriale ha contribuito alla riduzione complessiva della spesa sanitaria. In Italia, anche se i valori pro-capite in dollari restano più elevati della media Ocse (514 US$, contro una media di 498 US$), la spesa farmaceutica è diminuita ogni anno dal 2009, con una riduzione di oltre il 6% in termini reali nel 2012. Tra il 2008 e il 2012, la spesa per i farmaci è scesa del 14% in termini reali. La quota di mercato dei farmaci generici in Italia è aumentata negli ultimi anni (dal 6% del 2008 al 9% nel 2012), ma rimane molto inferiore a quelle osservate negli altri paesi Ocse.
Viceversa, nel solo ultimo anno e soprattutto in Campania e Puglia, abbiamo registrato un incremento eccezionale di rapine alle farmacie ospedaliere che ci ha preso tutti di sorpresa: ben 53 nel 2013! Più rapine in farmacie che addirittura nelle Banche, posto una resa media di una rapina in farmacia ospedaliera di ben 330mila euro, senza i rischi di una rapina in banca! Come sempre, la malavita ci indica la strada principale dello sviluppo economico, ma noi guardiamo solo all’aspetto criminale, non alla preziosa intuizione imprenditoriale dei malavitosi.
Cominciamo così a registrare un pericolosissimo principio di carenza di farmaci oncologici sul mercato interno, soprattutto quelli più efficaci e a basso costo perché fuori brevetto, per comportamenti truffaldini e/o esplicitamente illeciti, sul mercato farmaceutico interno ed internazionale, da parte dei grossisti e della distribuzione internazionale. Se impariamo a guardare la luna indicata dalle dita rapaci dei malavitosi, senza limitarci solo a cercare di fermare il dito, diventa così ancora più urgente cominciare, per i prossimi anni, a pensare a forme concrete di collaborazione/cooperazione dirette ospedali/Irccs/industrie farmaceutiche. Non solo sul piano della ricerca di farmaci innovativi e/o da brevettare, ma soprattutto nel settore dei farmaci generici e bioequivalenti e biosimilari, allo scopo di cominciare a progettare azioni sinergiche e operative anche nella produzione diretta dei farmaci (fuori brevetto) per i nostri pazienti: farmaci che quindi non sono più solo costi, ma diventano invece preziose risorse economiche per le nostre Aziende Sanitarie.
Come considerare il farmaco: soltanto costo o può diventare anche risorsa per il Ssn pubblico? (Cosi come lo è da sempre per la malavita?) A livello nazionale, gli Irccs monotematici come il nostro, in Oncologia, dovranno diventare, in un lasso di tempo che sembra essere sempre più breve, punto di riferimento della ricerca non solo sull’innovazione tecnologica, ma soprattutto nella valutazione di sistemi (sviluppo della Health Technology Assessment), all’interno dei quali la produzione diretta di farmaci generici, bioequivalenti e biosimilari, attraverso la costituzione di gruppi di studio/lavoro/produzione diretta Università-Irccs-Industria “a filiera corta” sul modello “dal produttore al consumatore” rappresenta, a parere dello scrivente, la più efficace garanzia di mantenimento e tutela di un Sistema Sanitario Nazionale Pubblico come il nostro.
Il vantaggio che ne deriva non è solo economico e gestionale, ma diventando partner diretto nella produzione e nella diffusione dei farmaci non più coperti da brevetto, si diventa anche voce in capitolo per definire le richieste di uso, indicazioni e posologia. E’ arrivata l’ora che le indicazioni terapeutiche e le conseguenti richieste autorizzative allo Stato Italiano possano arrivare da indicazioni dirette dei Ricercatori, posto che le loro Aziende (Pubbliche!) entreranno a far parte dei Cda delle ditte produttrici.
Potremo evitare così altre “distrazioni” gravi, a danno dello Stato Italiano, come quelle purtroppo registrate ed all’attenzione della Magistratura nel caso Avastin – Lucentis.
Carenze farmaci: al via il tavolo di confronto per la risoluzione
by Lentano Ciro luglio 16, 2014 – Quelli che la farmacia Magazine
La notizia della mancanza d’interesse da parte della Commissione Ue relativamente alla questione della carenza farmaci sembra aver spinto la filiera del farmaco italiana a cercare di risolvere in via autonoma il problema, il tutto con un tavolo di confronto dove poter discutere delle questioni principali, una riunione che starebbe coinvolgendo le principali categorie ed associazioni tra le quali non manca Federfarma, seguita da Assofarm, Fofi, Adf, Federfarma Servizi, Assogenerici, Farmindustria ed Assoram in un dialogo che spera di poter giungere ad importanti conclusioni.
Ad annunciare il confronto, e gli scopi non semplici da raggiungere, è stato il presidente di Federfarma, Annarosa Racca, che ha chiarito: “Il tavolo deve arrivare a elaborare al più presto delle proposte e su questa base trovare insieme alle istituzioni una giusta via, anche sul fronte normativo, che permetta di avere una giusta quantità di farmaci per il fabbisogno nazionale: non possiamo permetterci un sistema che faccia verificare carenze perché i farmaci vengono esportati. Il gruppo delegato sta già lavorando a tappe forzate con un primo incontro calendarizzato la prossima settimana. Sono fiduciosa e credo che se tutta la filiera lavorerà veramente insieme, dall’industria alla distribuzione intermedia fino a quella finale, troveremo una soluzione“. Tra i problemi che attualmente vincolano gli interventi diretti sulla carenza farmaci spicca il parallel trade, manovra legalmente concessa seppur scorretta, e la mancanza di un prezzo di rimborso dei farmaci unitario in europa: nel primo caso a bloccare qualsiasi manovra vi è proprio l’Ue col principio di libero commercio, che colliderebbe con qualsiasi intervento mirato, nel secondo caso, invece, le politiche interne dei vari paesi mutano, insieme agli interessi, in base all’import/export dei farmaci, con l’Italia paese dal prezzo per farmaco più basso.
Tra le prime soluzioni per frenare la carenza farmaci, non potendo intervenire apertamente sui pilastri del problema, potrebbe esserci il tracciamento dei farmaci, una metodica capace di poter monitorare gli spostamenti comprendendo meglio i processi alla base del fenomeno d’irreperibilità, oltre alle nuove modalità d’obbligo di segnalazione, per i grossisti che non adempiono alle forniture garantite, come stabilito nel recente Decreto Anticontraffazioni, per porre rimedio ad un problema le cui segnalazioni sono in crescendo ma sul quale bisognerà fare molto di più.
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