Scritto da: Francesca Gennari – 30 maggio 2014 – Europae rivista di affari europei
Astrazeneca nasce il 6 aprile 1999 dalla fusione tra l’impresa svedese Astra AB e il gruppo britannico Zeneca plc. Al tempo questa fusione é stata accolta molto favorevolmente a livello internazionale, dato che entrambe le società originarie condividevano le medesime ambizioni economiche, abbinate a un interesse spiccato per la ricerca scientifica di alto livello.
Astra AB era stata fondata nel 1913 da un gruppo di quattrocento persone tra dottori e farmacisti. Grazie alla guida della “famiglia leader”, i Johannson, e dell’amministratore delegato storico, Borje Gabrielson, Astra é diventata la prima produttrice di prodotti farmaceutici svedesi, in particolare penicillina e anestetici. Zeneca plc discendeva invece da una scissione, risalente al 1993, dei rami farmaceutico e agrochimico delle Imperial Chemical Industries.
Astrazeneca é oggi la settima più grande multinazionale farmaceutica su scala mondiale, leader nel campo dei farmaci per disturbi cardiovascolari, infezioni gastrointestinali e per la ricerca nel campo delle neuroscienze e del cancro, grazie ai suoi laboratori a Cambridge e in Svezia.
Perché allora da settimane su The Guardian, the Financial Times e lo Svenska Dagbladet c’è un’intera sezione dedicata agli aggiornamenti sulle vicende di questa azienda? La risposta viene dagli Stati Uniti e, in particolare, dal colosso farmaceutico Pfizer che, ormai dal 25 novembre 2013, ha letteralmente “messo gli occhi addosso” alla multinazionale europea. Ian Read, amministratore delegato di Pfizer, ha reso nota a Pascal Soriot, CEO di Astrazeneca, la sua intenzione di iniziare dei colloqui nell’eventualità di una fusione tra le due multinazionali.
I piani legati alla fusione di Ian Read si sono concretizzati in una proposta formale il 5 gennaio 2014, quando l’AD statunitense ha lanciato sul tavolo cifre da capogiro: 58 miliardi di sterline e una valutazione dei titoli azionari di 46,61£ ciascuno. Tuttavia, le discussioni sono giunte a un punto morto. Read ha letteralmente supplicato il premier David Cameron di poter porre la base delle sue operazioni in Europa nel Regno Unito e di poter usufruire del 20% del personale di “stanza” a Cambridge dopo la fusione. Ed Miliband, leader laburista, ha accusato invece Cameron di essere la “ragazza pon pon” che fa il tifo per Pfizer e ha sottolineato l’importanza della questione a livello nazionale: molte infatti erano, e restano tuttora, le preoccupazioni in merito alla delocalizzazione e ai tagli sul personale coinvolto nella ricerca [a destra in alto i centri ricerca].
Maggiori rassicurazioni e soprattutto garanzie sono quelle volute da Lord Sainsbury in Inghilterra. Gli Johansson e il commissario Anders Borg hanno dichiarato invece di essere preoccupati. C’è infatti un precedente: la fusione di Pfizer con la compagnia farmaceutica Pharmacia ha dimostrato che l’azienda americana non ha mantenuto le sue promesse in merito alla riorganizzazione produttiva.
Per la Svezia, la perdita di Astrazeneca, inglobata da Pfizer, sarebbe l’ennesima tappa di un declino irreversibile: Volvo è ormai cinese, Volkswagen sta cercando (con successo) di acquisire Scania. Se Astrazeneca diventasse parte di Pfizer, data anche la perdita di Ericsson, dell’eccellenza industriale svedese non rimarrebbe molto.
Il 18 maggio 2014 Pfizer ha lanciato una nuova offerta: questa volta sono 69 miliardi di sterline. La proposta è stata definita “final”, cioè irrevocabile. La cifra è sembrata però non essere abbastanza persuasiva per il comitato direttivo di Astrazeneca, che, tramite comunicato, ha annunciato il giorno successivo il suo rifiuto e l’uscita dalle negoziazioni. Come si può immaginare, ciò non è risultato molto gradito agli azionisti di maggioranza della multinazionale europea. Pfizer ha approfittato dell’emotional turmoil per comunicare, la sera del 19 maggio, che la sua offerta di 55£ a titolo potrebbe essere aumentata, nonostante la proposta fosse già definitiva.
Astrazeneca ha condannato questo comportamento definendolo sleale: sarebbe una pressione illecita che potrebbe spingere gli azionisti di maggioranza a far cambiare il parere del board, senza aver nessuna assicurazione che l’offerta sarà effettivamente aumentata. Azione, reazione: l’investitore di maggioranza di Astrazeneca, Black Rock, ha chiesto al board di riconsiderare la proposta di Pfizer venerdì 23 maggio. Il resto alla prossima puntata.