Fronteggiare le offensive anti-scientifiche è una sfida fondamentale per scienziati e medici, chiamati a riflettere sulle strategie di comunicazione più efficaci per vincere la disinformazione dilagante che trova nella rete il suo potente amplificatore mediatico.
In Italia è stata intrapresa la strada dell’obbligatorietà delle vaccinazioni pediatriche, come argine a una disaffezione che sta mettendo a repentaglio la protezione della popolazione da malattie potenzialmente gravi o a rischio di pericolose complicanze. Anche in Francia il Governo ha annunciato che ricorrerà all’obbligo vaccinale. Tuttavia, il ricorso a queste misure è segno che dobbiamo fare di più e meglio nel comunicare la scienza, anche perché le politiche di salute pubblica sono tanto più efficaci quanto più pienamente condivise dalla popolazione.
“Lasciar parlare i fatti”, che nel contesto scientifico significa fare affidamento su evidenze solide e documentate, finora non è stato sufficiente. I medici riscontrano spesso difficoltà con i pazienti, sempre più condizionati da informazioni di dubbia attendibilità reperite il più delle volte attraverso autonome ricerche in rete.
In un recente editoriale (“Resisting the Suppression of Science“1) apparso sul The New England Journal of Medicine, il medico Lisa Rosenbaum 2, partendo proprio dalla propria esperienza professionale, si chiedeva le ragioni di questo fallimento. Innanzi tutto – osservava – è fondamentale riconoscere che la negazione della scienza non provoca scetticismo; piuttosto, lo scetticismo, in particolare riguardo a temi scientifici altamente politicizzati, crea un ambiente culturale in cui la negazione della scienza è tollerata. Quindi la vera questione è: come resistere efficacemente? Come convincere un pubblico scettico a credere nella scienza?
A sostegno di questa tesi, la Rosembaum riportava quanto emerso in due studi. Il primo3 ha rivelato che i genitori esitanti nel vaccinare i figli sono divenuti anche meno inclini alla vaccinazione dopo aver ricevuto informazioni che smentivano il mito che i vaccini causino l’autismo.
Il secondo studio 4 ha osservato come i “miti culturalmente antagonistici” influenzino la capacità delle persone di elaborare informazioni su una questione scientifica assolutamente neutrale come il virus Zika. Poiché tra le cause della diffusione del virus suggerite da alcuni si citavano il riscaldamento globale e l’immigrazione, entrambi argomenti estremamente forti, i ricercatori hanno valutato l’influenza dell’esposizione a tali argomenti sul modo in cui gli intervistati percepivano la minaccia di Zika. Chi era diffidente verso la scienza del clima diventava più scettico sulla minaccia di Zika quando la causa ipotizzata era il riscaldamento globale; i favorevoli al globalismo e all’apertura dei confini percepivano meno rischioso il virus quando la sua origine veniva ricondotta all’immigrazione.
E ciò perché, ricordava la Rosembaum, costretti a scegliere tra “riconoscere ciò che è noto alla scienza” e mantenere la nostra identità di gruppo, la maggior parte di noi sceglie la seconda opzione. Pertanto definire “idioti” o pericolosi gli scettici sui vaccini è probabilmente controproducente, soprattutto perché ci troviamo ad affrontare una reazione culturale contro le “élite” accademiche.
Anche su argomenti che tendono a polarizzare l’opinione pubblica l’Autrice suggeriva quindi “una resistenza più misurata” e concludeva che «se lo scopo della comunicazione è tradurre la scienza in una politica pubblica che possa migliorare la salute della popolazione dobbiamo concentrarci, e urgentemente, su come affrontare in modo efficace gli attacchi alla scienza».
Un invito che dovremmo cogliere anche noi, iniziando dalla comprensione dei fattori che influenzano l’opinione pubblica e la sua interpretazione dei fatti scientifici e puntando sulla massima trasparenza, che è la chiave per (ri)conquistare la fiducia dei cittadini e l’autorevolezza che rivendichiamo, come scienziati, come medici e come Istituzioni. L’esempio deve partire proprio dalle Istituzioni pubbliche, che hanno il dovere etico di dare risposte concrete ed esaustive ai cittadini, specie su questioni delicate come la salute. È per questa ragione che, in tema di vaccini, l’AIFA ha deciso di spingersi oltre gli obblighi imposti nello specifico dalla legge, e pubblicherà a partire dal 19 luglio p.v. sul sito istituzionale i report delle segnalazioni di sospette reazioni avverse da farmaci (e vaccini) inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza. Un passo che ritengo opportuno e doveroso proprio perché l’obiettivo quotidiano del nostro lavoro è garantire e agire sempre nell’interesse esclusivo dei cittadini.
Mario Melazzini
1. Lisa Rosenbaum, Resisting the Suppression of Science, in http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp1702362#t=article, 1 marzo 2017.
3. Nyhan B, Reifler J, Richey S, Freed GL. Effective messages in vaccine promotion: a randomized trial. Pediatrics 2014; 133(4): e835-e842.
4. Kahan DM, Hall Jamieson K, Landrum A, Winneg K. Culturally antagonistic memes and the Zika virus: an experimental test. J Risk Res 2017; 20: 1-40.
Editoriale AIFA – 31 luglio 2017
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