Acido ialuronico cinese: è allarme

Acido ialuronico contraffatto: è allarme.  Il Ministero della Salute mette in guardia su un filler fabbricato in Cina. Che potrebbe già essere stato immesso sul mercato. Tutelarsi però è possibile. Ecco i consigli del Prof. Antonino di Pietro, dermatologo e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano

di Antonella Rossi – o6/01/15 Vanity Fair.it

La crisi frena i consumi, ma il mondo del beauty non conosce flessioni. In molti hanno fiutato l’affare, proponendo trattamenti di medicina estetica a buon mercato, che spesso nascondono insidie.

L’ultimo allarme arriva direttamente dal Ministero della Salute, che mette in guardia sulla probabile contraffazione di un filler a base di acido ialuronico. Il prodotto incriminato è lo Juvederm Ultra 4. Su alcuni lotti, fabbricati in Cina, viene riportata la dicitura Science of Erjuvenation, al posto dell’originale Science of Rejuvenation (Allergan).

Non è un caso che si tratti proprio di un filler. I trattamenti a base di acido ialuronico sono i più praticati in Italia. Secondo alcuni dati diffusi dall’Aicpe, Associazione Italiana di Chirurgia Plastica ed Estetica, nel 2013 sono stati eseguiti 290mila trattamenti, una media di 800 al giorno. Ne abbiamo parlato con il Prof. Antonino di Pietro, dermatologo e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano.

L’allarme lanciato dal Ministero della Salute è preoccupante. Per cosa viene utilizzato il filler incriminato?

«Si tratta di un acido iauronico riassorbibile, usato per riempire le rughe e creare volume. Viene definito anche reticolato, perché rispetto all’acido ialuronico naturale ha un’aggiunta di sostanze chimiche, le BDDE, che addensano le molecole di acido e rallentano l’assorbimento da parte della pelle. Per questo dura di più rispetto all’acido naturale».

E quello puro, invece?

«Anche questo viene iniettato. È più fluido e si assorbe velocemente, quindi poco efficace per volumizzare. È però ideale a scopo rigenerante».

L’acido ialuronico è presente anche in tante creme cosmetiche. C’è da preoccuparsi?

«No, anche perché si tratta di una sostanza meno pura. Non ha la capacità di stimolare la produzione di collagene come l’acido che viene iniettato, perché si ferma in superficie. È comunque un buon idratante, trattiene molta acqua e la rilascia gradualmente».

Come è possibile che sostanze di questo tipo riescano a passare i controlli che ci sono sui farmaci?

«Si tratta di dispositivi medici, non seguono lo stesso iter dei medicinali, e quindi purtroppo può capitare».

Cosa può fare il paziente per tutelarsi?

«Richiedere sempre il tagliandino del prodotto iniettato. Contiene numero di serie, lotto, data, sede di produzione e scadenza.

È importante anche per avere una traccia della propria storia clinica.

«Certamente, anche perché quando si effettuano trattamenti di questo tipo è buona norma utilizzare sempre lo stesso acido anche in futuro. Poi è fondamentale sapere cosa è stato iniettato nel caso in cui dovessero esserci reazioni».

Che tipo di conseguenze può dare un prodotto non a norma?

«Infezioni e granulomi, rigonfiamenti anomali con presenza di pus. Una volta guariti, possono lasciare antiestetiche cicatrici».

Quanto tempo passa, di solito, prima di avere una reazione di questo tipo?

«Dipende. Può succedere dopo poche ore come a distanza di alcune settimane».

Cosa si deve fare in questi casi?

«Ci si rivolge al proprio medico, che poi inoltrerà la denuncia alla Als o all’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco. È però difficile che una donna denunci».

Perché?

«Spesso non ci si sente vittima ma complice. Prevale il senso di colpa, che spinge la paziente a tenere la cosa nascosta finché non passa. I casi che emergono sono sempre troppo pochi».

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