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Il vero volto della diretta: forniture “all’ingrosso” e farmaci sprecati

Quetiapina 29 pezzi, allopurinolo 4, seroquel 8, trittico 6, tachidol 7. Non è l’ordine di una farmacia al suo grossista, ma le confezioni avanzate di una fornitura per diversi mesi di terapia, dispensata in distribuzione diretta a un’ultra 90enne della provincia di Modena deceduta nei giorni scorsi. I parenti, non sapendo che farsene, hanno infilato tutto in uno scatolone e si sono rivolti alla farmacia sotto casa. Il titolare ovviamente non li ha presi, ma ha scattato qualche foto a testimonianza dello spreco. Spreco di farmaci che avrebbero potuto andare ad altri malati e spreco di denaro pubblico – quello speso per acquistarli – del quale non rimane traccia, perché le Regioni sono leste a magnificare i risparmi della distribuzione diretta ma di questi avanzi non tengono la minima contabilità.

Eppure è noto che più massicce sono le forniture della distribuzione diretta (in Romagna vengono consegnati in un unico passaggio farmaci anche per sei mesi di terapia) e più elevato è il rischio di sprechi: il decesso del paziente è una delle eventualità meno frequenti, molto più probabile invece il caso di confezioni lasciate a metà e poi buttate quando dall’Asl arriva la nuova fornitura, pillole confuse tra loro perché con tutte quelle scatole l’anziano perde la bussola, prodotti cambiati a terapia in corso per reazioni indesiderate o altro (con quelli vecchi buttati nel cestino). «Un cliente rifornito dall’Asl in distribuzione diretta» spiega a Filodiretto la farmacista che ha diffuso le foto «mi ha raccontato di come funzionano le consegne all’Asl: ogni volta lo stesso numero di scatolette indicato sul Piano terapeutico, e se lui dice “no queste non le voglio perché a casa ne ho ancora” loro comunque gliele danno, perché lì vige solo la burocrazia. In farmacia queste cose non succederebbero, perché noi dispensiamo una confezione alla volta».

Non parliamo poi del supporto alle terapie. «Tempo fa» racconta ancora la farmacista «è entrato in farmacia un anziano con una sporta piena di striscette, aghi pungidito e glucometri. Glieli aveva forniti in distribuzione diretta l’Asl, ma nessuno aveva spiegato come usarli. L’ho dovuto fare io, anche se non sarebbe giusto: già subiamo la concorrenza sleale della distribuzione diretta, perché sui farmaci erogati dalle Asl i pazienti non pagano il ticket; poi dobbiamo pure vicariare le inadeguatezze del Ssn». E anche di qui poi derivano sprechi: il paziente che non è addestrato a usare correttamente il dispositivo si cura male o peggio si stanca e non lo utilizza.

E’ per questo motivo che, ieri, le farmacie private dell’Emilia Romagna hanno scioperato per mezza giornata, contro una distribuzione diretta illogica e penalizzante. E il bilancio del “day after” è positivo: alla serrata ha partecipato il 90% degli esercizi, riferisce in una nota Federfarma regionale, compresi gli esercizi di turno che hanno espresso la propria adesione con una locandina recante la scritta «Questa farmacia aderisce alla protesta ma rimane aperta per turno». A fianco dei titolari anche le farmacie comunali della regione, che per la mezza giornata dell’agitazione hanno chiuso il Cup, e i dipendenti della municipalizzata Ravenna Farmacie, che in un comunicato hanno dichiarato di volersi unire alla protesta per denunciare «la scarsa attenzione della Regione e delle Asl nei confronti delle farmacie del territorio» e «i disagi creati ai cittadini dalla distribuzione diretta». Unica voce fuori dal coro di Federfarma l’associazione titolari di Parma, che non ha partecipato alla serrata.

«Siamo particolarmente soddisfatti dell’altissima adesione» è il commento del presidente di Federfarma Emilia Romagna, Domenico Dal Re «significa che la categoria è compatta quando si tratta di difendere un diritto costituzionale del cittadino e il ruolo stesso della farmacia. La nostra è una battaglia di principio, difendiamo il ruolo della farmacia come parte integrante del Sistema sanitario nazionale. Non è mai stata e mai sarà una questione economica, ma una battaglia sociale per riportare i farmaci vicino ai cittadini. Siamo la regione che ha visto nascere la farmacia dei servizi, è tempo che l’Emilia Romagna ritorni a essere un “modello”: per questo siamo pronti ad aprire qualunque tavolo che abbia come presupposto il rispetto dei cittadini, tanto più quelli nelle fasce più deboli della popolazione».

(AS -27/01/2017 – Federfarma)

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Redazione Fedaisf

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