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Vaccini in calo, la medicina sa davvero parlare ai pazienti?

L’industria farmaceutica non ha dato prova di lampante limpidezza e anche la storia delle vaccinazioni è costellata di eventi non edificanti dal punto di vista scientifico ed etico. Occorre riguadagnare la fiducia del pubblico.

di Francesco Spinazzola | 9 luglio 2014 | Il Fatto Quotidiano Blog

vaccini sono diventati la pietra dello scandalo. Una notizia, apparsa sui principali quotidiani, ci informa di quello che avevamo previsto qualche post fa: una parte consistente di popolazione, non solo italiana, sfugge alle campagne vaccinali. Il problema naturalmente è molto grave. Riaffiorano infatti delle malattie anche in modo virulento che si ritenevano vinte, cancellate dal nostro quotidiano. Il morbillo o la pertosse ad esempio, che possono determinare in numerosi casi delle gravi complicazioni. La soluzione? Una sola: esortare a tornare a vaccinarsi. Spero che il Ministero svolga un buon lavoro in tal senso e realizzi delle campagne di informazione che riescano a persuadere il maggior numero possibile degli scettici sulla opportunità di praticare le vaccinazioni consigliate dai medici. In condizioni di massima sicurezza si intende. Ma per questo motivo esistono i centri vaccinali, pubblici e privati.

Questo problema è comunque più vasto e presenta numerosi motivi di interesse, configurando un passaggio critico nella relazione tra sapere scientifico e società. A tale proposito ricordo di avere a suo tempo manifestato delle perplessità riguardo all’effettiva capacità della scienza di farsi comprendere dal pubblico, non necessariamente quello meno colto.

Mi sono sempre chiesto perché d’altro canto argomentazioni tendenziose, strumentali riescano così facilmente a farsi strada nell’immaginario collettivo. Nella cosiddetta “rete” la contestazione delle “verità” scientifiche sostituisce conoscenze che consideravamo acquisite con altre, per definizione migliori perché comunque alternative. Il fiume sotterraneo dell’oscurantismo si allarga quasi senza colpo ferire.  Ma questo fenomeno dovrebbe essere oggetto di una competente ed esauriente analisi sociologica.

Credo che il sapere basato sulla riproducibilità dei dati sperimentali in realtà non sia entrato nel senso comune. Non dipende solamente dalla difficoltà di apprendere e padroneggiare aridi concetti o formule matematiche. Manca perlopiù la disposizione ad accettare un ruolo diverso nel proprio spazio mentale, nell’immagine di sé. Molti non hanno ancora vissuto la propria personale “rivoluzione copernicana”.

Certamente è più facile e più immediato contestare la scienza medica. È senz’altro più complicato confutare la legge della relatività o la tavola degli elementi. La medicina per altro interessa il nostro corpo e tutti, legittimamente, ci teniamo molto. Fino a farci anche del male, magari non vaccinando noi stessi o i nostri figli.

Il fatto è però che un po’ di ragione ce l’hanno i nostri antivaccinatori. Spesso e io l’ho sempre riconosciuto, l’industria farmaceutica non ha dato prova di lampante limpidezza e anche la storia delle vaccinazioni, ne diedi notizia a suo tempo in altri post, è costellata di eventi non edificanti dal punto di vista scientifico ed etico. La produzione del vaccino anti-polio, che nel Congo negli anni ’60 utilizzò e sacrificò degli innocenti scimpanzé, ne è un esempio.

Ecco soprattutto in questo ultimo dato situerei l’origine dello scetticismo dilagante contro le vaccinazioni. Tocca pertanto a tutti coloro che operano nella sanità comportarsi professionalmente ed eticamente in modo che quegli aspetti oscuri siano cancellati, dimenticati, allo scopo di riguadagnare la fiducia del pubblico e riportare in ambito di accettabilità le percentuali di popolazione raggiunta dalla protezione vaccinale e mettere così al sicuro le future generazioni.

 

 

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Redazione Fedaisf

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