Fiat e Marchionne: i motivi della finanza contro i motivi dell’industria?
Arriva dalla Francia la notizia che Sanofi, primaria società farmaceutica francese con 8,8 miliardi di utili nell’ultimo anno, licenzierà ben 900 dipendenti del settore ricerca per dare agli azionisti dividendi ancora più alti: un vantaggio immediato per gli azionisti a costo di un danno di medio e lungo termine per la società stessa e per la collettività. Come la Fiat della gestione Marchionne?
Marchionne si è incontrato con il presidente del Consiglio Monti e, ancora una volta, ha dato assicurazione che la Fiat non lascerà l’Italia, che è e resterà italiana. Come al solito.
L’unica differenza è che questa volta pochi gli hanno creduto. Anzi, la maggior parte degli interlocutori, diretti ed indiretti, non gli ha creduto affatto. La prossima volta forse Marchionne, seguendo l’esempio di un importante imprenditore in politica, forse dirà di aver comprato una villa a Lampedusa (o a Torino) in modo che gli ingannati dalle sue promesse possano sfogarsi a imbrattarla e danneggiarla. Salvo poi non comprare nulla come ha già fatto il suo precursore. Personalmente credo che Marchionne non assumerà mai la decisione di far lasciare l’Italia dalla Fiat. Credo che, alla fine, sarà costretto a lasciarla contro la sua volontà. O almeno così dirà.
C’era una volta la Fiat, leader di mercato in Italia. In Italia la Fiat aveva cinque stabilimenti di produzione, ma uno non riguarda l’auto e quindi è estraneo alla faccenda, un altro, quello di Termini Imerese, lo ha già chiuso da tempo così ne rimangono quattro, dei quali almeno uno, pare, dovrà essere chiuso per carenze di mercato. Ne rimarranno tre (o due). Ma ancora oggi Marchionne insiste a non effettuare investimenti e a non produrre nuovi modelli a causa, dice, della crisi dell’auto e insiste ad offrire in vendita la 500 a 13.670€ e la &ldquo