I professionisti hanno gli studi nella Bat e nel Foggiano. L’accusa: rapporti opachi con gli informatori scientifici
Gazzetta del Mezzogiorno – 24 luglio 2020
Prescrizioni in cambio di regali o denaro, medicinali rivenduti in Albania o buttati e bruciati in campagna. Sono almeno dieci i medici indagati nella nuova Farmatruffa che la scorsa settimana ha visto il Nas dei carabinieri, su ordine del pm Claudio Pinto, effettuare 44 perquisizioni tra Bari, Brindisi, Foggia e la Bat, oltre che nelle sedi di alcune aziende farmaceutiche in Campania e nel Lazio.
Le accuse, a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità, sono di associazione per delinquere finalizzata alla truffa al Servizio sanitario, falso ideologico e corruzione. Al centro dell’inchiesta c’è Michele Salzo, un medico di Conversano che era già stato coinvolto nella Farmatruffa di 15 anni fa: condannato a sette anni in primo grado, sospeso per due volte, le accuse a suo carico sono poi state dichiarate prescritte ed è dunque tornato al lavoro.
A Salzo, per quanto emerge dai decreti di perquisizione notificati agli indagati, viene contestato di aver emesso ricette intestate a pazienti inconsapevoli, di aver ritirato personalmente i medicinali in farmacia e di averli venduti a un albanese o buttati via se di modico valore.
La gran parte dei medici sottoposti a perquisizione ha studi nella Bat (Barletta, Andria, Trani, Bisceglie) o nel Foggiano, l’area di competenza degli informatori scientifici finora coinvolti. In maggioranza si tratta di medici di base, ma tra loro c’è anche almeno uno specialista ambulatoriale.
I carabinieri, su ordine della Procura, hanno effettuato attraverso un consulente la copia forense dei telefoni cellulari e degli hard disk dei computer, oltre a sequestrare agende e altra documentazione negli studi e nelle abitazioni dei professionisti.
L’obiettivo è ricostruire gli (eventuali) rapporti con almeno tre rappresentanti farmaceutici che, sempre secondo l’accusa, avrebbero promesso regali e denaro in cambio delle prescrizioni di una serie di farmaci: ecco perché la Procura – oltre alle chat e alle mail – cerca da un lato gli elenchi delle prescrizioni effettuate da ogni singolo medico, dall’altro gli eventuali contratti di collaborazione stipulati dai medici con le case farmaceutiche.
Accordi che, nella maggior parte dei casi, sono assolutamente leciti e riguardano (ad esempio) la partecipazione a ricerche scientifiche ma che in questo caso – è il sospetto al vaglio dei militari – potrebbero invece sottendere scopi illeciti tipo quello di remunerare le prescrizioni dei farmaci. Un meccanismo cui, in alcuni casi, potrebbero aver preso parte – più o meno inconsapevolmente – anche alcuni farmacisti.
Il danno ipotizzato a carico delle casse della Regione è, dal 2019 ad oggi, di circa 20 milioni di euro. La stessa Regione è in grado, tramite il cruscotto informatico, di monitorare quasi in tempo reale non solo la spesa farmaceutica complessiva ma anche quella per singola specialità medicinale e singolo medico.
Già da alcuni anni questo meccanismo viene utilizzato per tenere sott’occhio quello che accade con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, perché nei fatti il blocchetto delle ricette dei medici equivale a un libretto degli assegni: ferma restando la libertà di cura (su cui il medico è l’unico a potersi esprimere), la Regione interviene se le prescrizioni non rispettano le linee guida Aifa.
I Nas hanno acquisito dal dipartimento Salute della Regione proprio un elenco di questo genere: mostra le anomalie prescrittive registrate nei mesi dell’emergenza covid. Dati che ora potrebbero essere incrociati con quelli emersi dalle prime fasi dell’indagine.
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