Che cosa accadrebbe se fosse approvata la norma, originariamente prevista dal Disegno di legge Bersani- ter, che introduce la possibilità di vendita di farmaci con ricetta medica anche nei supermercati?
Avverrebbe innanzitutto che il controllo sulla regolarità della gestione di una delicata funzione quale quella farmaceutica diventerebbe sempre più difficile, in quanto aumenterebbero, e non di poco, i soggetti e gli enti su cui vigilare. La prima delle possibili conseguenze di questo allargamento della commercializzazione del prodotto farmaceutico riguarderebbe le contraffazioni dei farmaci. Questo fenomeno, che nel nostro Paese è già una realtà, è destinato a lievitare in relazione all’incremento di coloro che possono commercializzare i medicinali. E’ a tutti noto che oggi, in alcuni Paesi orientali, vengono contraffatti, insieme con un grande numero di prodotti di ogni genere, anche i farmaci, che poi, attraverso canali illegali, arrivano in Italia. Qui, dopo un’azione di mascheramento della loro provenienza, vengono messi in vendita da qualche farmacista senza scrupoli: domani, in aggiunta, lo potrebbero essere anche da qualche gestore di supermercato. Il secondo probabile effetto sarebbe l’aumento dei furti di farmaci genuini e la loro conseguente commercializzazione illegale. Non sono rari i casi in cui Tir carichi di specialità medicinali scompaiono nel nulla. E, se c’è il ladro di farmaci, vuoi dire che esiste pure il ricettatore, cioè colui che li riceve per poi immetterli nel mercato legale. Fino a oggi nel nostro Paese costui non poteva che essere un farmacista disonesto, mentre domani a esso potrebbe eventualmente aggiungersi qualche titolare di supermarket con la medesima attitudine. Deve, quindi, logicamente dedursi che questo allargamento dei venditori di farmaci potrebbe preludere a gravi e irreparabili pericoli per la salute della collettività e dei singoli consumatori. Ma non sono soltanto queste le conseguenze di tale illecito traffico. Ve ne sono anche altre di carattere penale -di estrema gravita- per colui o per coloro che si rendono autori dell’illecita commercializzazione, previo mascheramento della provenienza delle specialità medicinali. L’ipotesi criminosa che la legge prevede in queste situazioni è molto grave e va sotto il nome di riciclaggio (secondo l’articolo 6748 bis del Codice penale): è sanzionata penalmente perché comporta una destabilizzazione dei mercati con la turbativa dell’ordine economico. A carico di coloro che si rendono responsabili di questo reato, la legge prevede la reclusione da quattro a dodici anni e una multa da mille a quindicimila euro. La pena è aggravata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale, quale quella del farmacista. Esso si realizza quando si sostituiscono i beni provenienti da un delitto doloso, ovvero si compiono in relazione a essi altre operazioni dirette a ostacolare l’identificazione della loro origine dolosa. Il che potrebbe verificarsi quando il farmacista o il gestore del supermarket, dopo avere ricevuto il prodotto oggetto di contraffazione o di furto, si attivi per simulare una provenienza legittima e poi lo immetta in commercio. L’occultamento della reale provenienza può avvenire nei modi più svariati: dal ricorso alla falsa fatturazione di acquisto alla predisposizione di contenitori per la vendita al pubblico del tutto simili a quelli in cui vengono venduti i farmaci genuini. Quando il riciclaggio è effettuato dal farmacista, a suo carico, oltre alla sanzione penale, scatta anche quella disciplinare a opera del consiglio dell’Ordine, che può sfociare -nei casi di maggiore gravita- anche nella destituzione. A essa si aggiunge, quale conseguenza di natura amministrativa, la perdita della Convenzione, che viene