L’ex primario del reparto di Radiologia Interventistica del Mazzini è stato rinviato, lo scorso 2 ottobre, a giudizio nell’ambito di una maxi inchiesta che avrebbe portato a scoprire una truffa ai danni dell’ASL di Teramo.
L’accusa è quella di truffa aggravata e falso in atto pubblico. Tra gli indagati ci sono anche alcuni
dipendenti dell’azienda sanitaria e rappresentanti di quattro società distributrici e per queste
figure ci sono stati degli stralci, alcuni già definiti con patteggiamenti. Per il primario ora la parola
passa al gup che dovrà decidere se disporre per un non luogo a procedere o il processo.
Secondo l’accusa la truffa aggravata, avvenuta tra il 2016 e il 2018, è stata architettata attraverso la falsificazione dei documenti attestanti l’utilizzazione dei dispositivi medici nel corso degli interventi eseguiti presso gli ospedali della provincia ed il loro successivo reintegro. In tal modo – certificandone cartolarmente l’utilizzo prima e poi la necessità della provvista dopo – assicuravano il costante approvvigionamento di detti dispositivi mai utilizzati, inducendo in errore il personale della Farmacia Ospedaliera deputato agli acquisti degli stessi per soddisfare il fabbisogno ospedaliero.
Condannata con il rito abbreviato, per le stesse ipotesi di reato, ad un anno e 4 mesi, T. D. N., all’epoca dei fatti operatrice di reparto addetta alla compilazione delle richieste di reintegro/-scarico dei dispositivi medici utilizzati nel corso degli interventi finiti sotto la lente della magistratura, mentre ha patteggiato la pena ad un anno e 4 mesi B. D. D.. Nella sua veste di informatore scientifico e rappresentante di zona di una società farmaceutica fornitrice dei dispositivi medici che venivano impiegati nell’Uosd di Ragiologia interventistica del Mazzini.
Non luogo a procedere, così come chiesto anche dall’accusa, infine per altri due agenti di commercio di due diverse società farmaceutiche (una di loro è recentemente venuta mancare, ndr). La vicenda era nata da un’iniziale segnalazione interna dell’ufficio antifrode e anticorruzione della Asl alla direzione aziendale che ha poi portato gli inquirenti a sostenere, in pratica, che la Asl nel periodo di riferimento, da fine 2016 al 2018, avrebbe pagato dispositivi medici del costo variabile dai 500 fino ai 12mila euro a pezzo perché impiantati in pazienti operati, ma in realtà mai utilizzati.
Secondo l’accusa la presunta truffa sarebbe stata messa a segno ai danni
dell’azienda sanitaria teramana che avrebbe comprato dispositivi vari (cateteri, spirali e stent il cui
utilizzo è previsto nel corso di interventi chirurgici propri di radiologia interventistica) fatti risultare
impiantati a pazienti sottoposti a interventi chirurgici ma in realtà non usati
Le attività investigative, hanno permesso di appurare le plurime presunte condotte illecite di un Dirigente Medico all’epoca dei fatti Direttore della U.O.S.D. dell’ospedale di Teramo, di un Capo Tecnico e di Rappresentati Legali/Amministratori di società concessionarie e/o distributrici di presidi sanitari utilizzati dal citato nosocomio per gli interventi eseguiti. Quattro le imprese coinvolte.
La falsificazione dei documenti attestanti l’utilizzazione dei dispositivi medici nel corso degli interventi eseguiti presso gli ospedali della provincia ed il loro successivo reintegro – certificandone cartolarmente l’utilizzo prima e poi la necessità della provvista dopo – assicuravano il costante approvvigionamento di detti dispositivi mai utilizzati, inducendo in errore il personale della Farmacia Ospedaliera deputato agli acquisti degli stessi per soddisfare il fabbisogno ospedaliero.
Secondo quanto accertato dalla Finanza dopo l’avvio di una indagine interna della Asl di Teramo, dai registri delle operazioni, risultava un numero di device impiantanti inferiori a quello che veniva falsamente segnalato alla Farmacia ospedaliera, da cui partiva un ordine ‘gonfiato’ che determinava un acquisto abnorme, con relativo esborso di soldi pubblici
Una condotta che avrebbe portato a sottrarre alle casse della Asl un importo di 300mila euro, ideata, organizzata e realizzata concretamente, com’è stato evidenziato in aula dalla stessa accusa, all’interno di una struttura ospedaliera attraverso la strumentalizzazione di delicati interventi chirurgici in cui era in gioco la vita di numerosi pazienti.
Liberamente estratto da Il Messaggero Abruzzo – 3 ottobre 2023