Peserebbe, irragionevolmente, sulle significative spese che i proprietari di animali già affrontano per cure e farmaci veterinari
Cosa sta succedendo? Un emendamento alla Legge di Stabilità, proposto dal deputato Pd Michele Anzaldi [nella foto a destra], prevede che chi non sterilizza il proprio cane paghi una tassa. Anzaldi ha spiegato in un post su Facebook il senso della sua proposta, che vorrebbe combattere il randagismo. Scrive Anzaldi: “Il randagismo rappresenta un problema sentito dal punto di vista etico ed è anche una questione di carattere economico. In alcune città, in particolare al Sud, diventa una vera e propria emergenza.
Da notare che la proposta non è piaciuta alle senatrici del Pd, per le quali la via per combattere il randagismo non è affatto una tassazione degli animali domestici. “Abbiamo chiesto che venga ritirato l’emendamento che introduce una tassa comunale annuale per i proprietari di cani non sterilizzati, presentato alla Camera alla Legge di Bilancio 2017 – ha reso noto la senatrice Silvana Amati, Responsabile Pd Tutela e Salute Animali, che ha inviato la lettera al primo firmatario dell’emendamento Michele Anzaldi, al Presidente del Gruppo Pd della Camera Ettore Rosato, e al Presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia, sottoscritta dalle senatrici Pd Monica Cirinnà, Manuela Granaiola e Daniela Valentini – Riteniamo, infatti, che la proposta, come formulata, non sia adeguata a contrastare il drammatico e crudele fenomeno del randagismo. Pesa, invece, irragionevolmente, sulle significative spese che i proprietari di animali già affrontano per cure e farmaci veterinari“. Proseguono le senatrici: “L’emendamento esclude, tra l’altro, alcune categorie particolarmente a rischio, come i cani che custodiscono greggi e edifici rurali. Siamo fermamente convinte che le campagne di sterilizzazione siano essenziali per combattere il randagismo. Riteniamo, però, che non sia l’introduzione di una tassa a determinarne l’efficacia. Dovrebbero essere previste, piuttosto, convenzioni o meccanismi premiali per
Le voci critiche però non si fermano qui. Contrario è l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) che attraverso la presidente nazionale Carla Rocchi fa sapere: “La proposta di istituire una tassa sui cani non sterilizzati denota una sconcertante misconoscenza delle cause alla base del randagismo. Una misconoscenza dietro la quale, a nostro avviso, si cela l’ennesimo tentativo di fare un favore ai soliti noti, cacciatori e allevatori. L’autore di tale proposta ignora, o fa finta di ignorare, che laddove esiste un problema di sovrappopolazione canina, esso è causato non tanto dai proprietari di cani che vivono nei centri abitati, ma proprio da quegli allevatori, agricoltori e pastori che non sterilizzano i propri animali e li lasciano vagare liberamente sul territorio. Vale a dire proprio da chi si vorrebbe esentare dall’obbligo di sterilizzazione”. Non solo. Prosegue Rocchi: “Attenzione perché la tassa sui cani, in quanto strumento punitivo, potrebbe aggravare e non risolvere il problema; potrebbe cioè di incentivare gli abbandoni. Il randagismo, invece, si batte con misure premiali e agevolazioni: lo dimostra l’esperienza di chi questa piaga è riuscito a debellarla”.
E contrari sono anche i veterinari dell’Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani) che “ribadisce la propria contrarietà ad ogni approccio punitivo nei confronti dei già tartassati proprietari di cani. Sterilizzare il cane per scampare una tassa- dicono i veterinari – non è un buon principio di possesso responsabile né di rispetto del benessere animale, dato che non tutti i soggetti presentano una anamnesi favorevole all’intervento chirurgico. Tecnicamente poi, – spiegano i veterinari – la proposta è inattuabile in quanto le anagrafi regionali canine – difformi fra loro e non di rado inefficaci – non riportano il dato dell’avvenuta sterilizzazione, un dato che secondo il parlamentare sarebbe alla base del presupposto impositivo o di esenzione. Inoltre i Comuni non accedono ai data base, anche per croniche inadempienze amministrative che rendono ancora più iniquo e aleatorio il criterio impositivo sui contribuenti”.
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