«La recente sentenza 6513 del Tar Lazio che boccia il dipartimento per le professioni sanitarie a guida infermieristica ci soddisfa. Dice quanto sosteniamo da tempo: il paziente è un “unicum” e non ci possono essere due linee a gestirlo, una clinica a guida medica ed una assistenziale con l’infermiere a capo. Si creerebbe una separazione nella strategia del trattamento».
Riccardo Cassi presidente del sindacato medici ospedalieri Cimo, plaude alla decisione del Tar che ha annullato il decreto del commissario ad Acta Nicola Zingaretti istitutivo del Dipartimento per le professioni sanitarie con a capo un infermiere professionale nominato dal direttore generale per il comando delle attività assistenziali. Il decreto era stato impugnato sia da Anaao sia da Cimo con l’Omceo Roma, il ricorso Anaao è andato a sentenza, Cimo attende la pronuncia sul suo (in ballo pure il probabile ricorso in appello della Regione). Il Tar conferma che l’organizzazione del lavoro assistenziale affidata a una dirigenza infermieristica autonoma creerebbe una confusione di ruoli e responsabilità: il malato potrebbe ricevere indicazioni provenienti non dal medico responsabile dell’unità operativa ma dal dirigente della professione sanitaria.
Tra l’altro, il decreto legislativo 502/92 pone la responsabilità dell’organizzazione di tutto il personale sanitario in capo ai medici Direttori di struttura complessa, e il decreto laziale non ne rispetta il dettato. In terzo luogo, le nuove attribuzioni di incarichi dirigenziali in base al contratto comparto 2008 vanno date nel rispetto di quelle conferite ai dirigenti nominati in precedenza. «La componente assistenziale – riassume Cassi – agisce a valle di un processo di diagnosi e indicazione terapeutica. Varie professioni sanitarie collaborano al percorso (si pensi a biologi e farmacisti) ma tutti abbiamo presente che la nostra attività è rivolta a curare una malattia, cioè un problema clinico, e il clinico -il leader di questo percorso multi professionale – è il medico.
Il Tar fra l’altro ribadisce uno dei nostri timori più gravi: la separazione delle linee d’attività è foriera di disfunzioni». Cassi ammette che in una malattia «c’è una fase acuta dove la componente clinica pesa di più e una cronica dove c’è più componente assistenziale negli interventi, ma dietro la diagnosi di cronicità c’è sempre un percorso clinico, un medico con 6 anni di corso di laurea e 5 di specialità».
Il Tar cita anche il comma 566 in supporto alla sua tesi, affermando che tener ferma la competenza dei medici su atti complessi e specialistici significa riservare loro la responsabilità globale del processo di cura. Che ne pensa Cassi? «Il giudice ci dà ragione anche qui, non esistono atti semplici. Alla malattia non si risponde con il Bignamino, ma questo va fatto capire al governo e soprattutto alle regioni che in nome del maggior risparmio sono pronte a cambiare le gerarchie».
Mauro Miserendino – Giovedì, 21 Maggio 2015 – Doctor33
Aziende Sanitarie: è illegittima la divisione fra la linea clinica e quella assistenziale
È illegittimo il Decreto del Commissario ad acta ad oggetto l’approvazione dell’Atto di indirizzo per l’adozione dell’Atto di autonomia aziendale delle Asl della Regione Lazio nelle parti riguardanti l’Assistenza infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, laddove prevede la separazione della linea clinica, il cui governo è affidato ai Dipartimenti a Direzione Clinica, da quella Assistenziale, il cui governo è proprio delle UU.OO. delle Professioni sanitarie.
Tale divisione, in assenza di norme che raccordano armonicamente lo svolgimento concreto delle attività, può essere produttiva di disfunzioni che possono pregiudicare l’efficacia della gestione del malato. L’autonomia delle competenze ipotizzata risulta in contrasto con quanto stabilito dal D. Lgs n.502 del 1992, il quale stabilisce che ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l’adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l’appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative.
[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]Giovedì, 21 Maggio 2015 – Doctor33
T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sentenza del 06-05-2015, n. 6513
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n.14116 del 2014 proposto da A.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti G.C. S. ed E. R. presso il cui studio in Roma, Via di Porta Pinciana n.6, è elettivamente domiciliata;
contro
– la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. G. A. ed elettivamente domiciliata presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Roma, Via Marcantonio Colonna n.27;
– il Commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel Piano di Rientro dai disavanzi regionali per la spesa sanitaria, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, 12, è per legge domiciliato;
nei confronti di
Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, non costituito in giudizio;
per l’annullamento:
a) del decreto del Commissario ad acta n.U00259 del 6.8.2014 avente ad oggetto “Approvazione dell’Atto di indirizzo per l’adozione dell’Atto di autonomia aziendale delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio” nella parte in cui dispone al punto 5.6 (Assistenza infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie tecniche della infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e della prevenzione) che:
– ” l’organizzazione aziendale nelle sue articolazioni deve prevedere la separazione della linea clinica, il cui governo è affidato ai Dipartimenti a Direzione Clinica, da quello assistenziale il cui governo è proprio delle UU.OO. delle Professioni Sanitarie, che a tal fine possono essere aggregate nel Dipartimento delle Professioni Sanitarie. Tale organizzazione potrà avvalersi di un’articolazione che andrà dalla struttura semplice o complessa fino alla possibilità di istituire, sulla base della complessità aziendale, il Dipartimento dell’assistenza infermieristica, ostetrica e della Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, della prevenzione”;
– ” tale Dipartimento può essere previsto anche in deroga al rapporto indicato nel successivo punto 5.9.5″;
– “il Dirigente Sanitario responsabile del dipartimento è un operatore appartenente alle professioni di cui alla L. n. 251 del 2000 in possesso dei requisiti professionali previsti dalla normativa vigente ed è scelto tra i Dirigenti delle strutture complesse individuate all’interno del Dipartimento stesso e nominato dal Direttore generale, con il conferimento di un incarico di durata da due a tre anni, così come previsto dal precedente punto 5.2. Il Dirigente delle strutture semplici o complesse delle professioni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecniche sanitarie e tecniche della prevenzione è nominato attraverso una procedura concorsuale ai sensi dell’art. 7 della L. n. 251 del 2000, di cui al D.P.C.M. del 25 gennaio 2008 che rende esecutivo l’Accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni il 15 novembre 2007, concernente la disciplina per l’accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 febbraio 2008, n.48″;
b) dell’art. 29, comma 4, del CCNL 8.6.2002 – parte normativa quadriennio 1998-2001 e parte economica biennio 1998-1999;
c) ove occorra del decreto del Commissario ad acta n.U00247 del 25 luglio 2014 avente ad oggetto ” Adozione della nuova edizione dei programmi operativi 2013-2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici al Rientro dei disavanzi sanitari della Regione Lazio”;
d) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il dott. Giuseppe Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con il proposto gravame l’A.A., sindacato maggiormente rappresentativo dei medici-chirurgici, degli odontoiatri, dei veterinari e dei dirigenti sanitari che operano in rapporto di dipendenza o di collaborazione coordinata e continuativa con strutture del SSN o private, ha impugnato il Decreto del Commissario ad acta n.U00259 del 6 agosto 2014, nelle parti in epigrafe indicate, deducendo i seguenti motivi di doglianza:
1) Violazione dell’art. 15, comma 6, del D. Lgs. n.502 del 1992 e s.m.i.; Violazione dell’art.8, comma 7, del CCNL 17.10.2008 area SPTA; Eccesso di potere per illogicità, violazione dei principi generali in materia di assistenza;
2) Violazione dell’art.6, comma 2, della L. n. 251 del 2000, dell’art.29, comma 4 del CCNL 8.6.2000; Eccesso di potere per disparità di trattamento.
Si sono costituite le intimate amministrazioni contestando la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 21.4.2015 il ricorso è stato assunto in decisione.
Oggetto della presente controversia è il Decreto del Commissario ad acta, in epigrafe indicato, recante l’Approvazione dell’Atto di indirizzo per l’adozione dell’Atto di autonomia aziendale delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio, nelle parti, pure in epigrafe specificate, riguardanti l’Assistenza infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
Preliminarmente devono essere richiamate le disposizioni intervenute a disciplinare la materia oggetto della presente controversia.
Più specificatamente deve essere evidenziato che:
a) la L. n. 251 del 2000 è intervenuta a disciplinare le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonchè della professione ostetrica, prevedendo che:
a1) “Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:
a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b ) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata (art.1, comma 3);
a2) “Il Governo, con atto regolamentare emanato ai sensi dell’art. 18, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’art. 19 del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, definisce la disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli specifici diplomi rilasciati al termine dei corsi universitari di cui all’art. 5, comma 1, della presente legge, per l’accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 26 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (art.6, comma 2);
a3) “Al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e il servizio sociale professionale e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’art. 5 della presente legge l’incarico, di durata triennale rinnovabile, è regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall’art. 15- septies , comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’art. 13 del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all’art. 1 della presente legge nonché con un appartenente al servizio sociale professionale, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Gli incarichi di cui al presente articolo comportano l’obbligo per l’azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente. Per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche si applicano le disposizioni del comma 4 del citato art. 15- septies . Con specifico atto d’indirizzo del Comitato di settore per il comparto sanità sono emanate le direttive all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per la definizione, nell’ambito del contratto collettivo nazionale dell’area della dirigenza dei ruoli sanitario, amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale, del trattamento economico dei dirigenti nominati ai sensi del presente comma nonchè delle modalità di conferimento, revoca e verifica dell’incarico (art.7, comma 1);
– “Le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente, con modalità analoghe a quelle previste dal comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla L. 26 febbraio 1999, n. 42, e per la professione di assistente sociale, nelle regioni nelle quali sono emanate norme per l’attribuzione della funzione di direzione relativa alle attività della specifica area professionale” (art.7, comma 2);
b) l’accordo Stato-Regioni è stato recepito con D.P.C.M. del 25 gennaio 2008;
c) in conformità del D.P.C.M. 25 gennaio 2008 è stato stipulato il CCNL 17.10.2008 area SPTA il quale all’art.8 (entrata a regime dell’istituzione della qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica) stabilisce che:
– “Le aziende provvedono all’istituzione dei posti della nuova figura dirigenziale sulla base delle proprie esigenze organizzative mediante modifiche compensative della dotazione organica complessiva aziendale, effettuate ai sensi delle norme vigenti in materia, senza ulteriori oneri rispetto a quelli definiti dalle Regioni. La trasformazione della dotazione organica avviene nel rispetto delle relazioni sindacali di cui ai CC.CC.NN.L. (comma 2);
– “Ai fini di quanto previsto nel comma precedente le Regioni possono adottare sulla materia apposite linee di indirizzo ai sensi dell’art.5 del presente contratto, indicando altresì, ove necessario, le modalità e i limiti della copertura dei relativi oneri” (comma 3);
– ” Alla dirigenza di nuova istituzione si applicano sotto il profilo normativo ed economico tutte le norme previste” ( comma 4);
– ” Le attribuzioni dei dirigenti di nuova istituzione e la regolazione sul piano funzionale ed organizzativo dei rapporti interni con le altre professionalità della dirigenza sanitaria, saranno definite dall’Azienda nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze degli altri dirigenti già previste dalla normativa nazionale vigente, nell’ambito di apposito regolamento…. Le attribuzione del dirigente di nuova istituzione di cui al presente articolo dovranno consentire un adeguato livello di integrazione e collaborazione con le altre funzioni dirigenziali, garantendo il rispetto dell’unicità della responsabilità dirigenziale per gli aspetti professionali ed organizzativi interni delle strutture di appartenenza. In particolare, a tale ultimo fine, dovranno essere evitate sovrapposizioni e duplicazioni di competenze ed attribuzioni che, sul piano organizzativo, possono ostacolare od impedire il regolare avvio e funzionamento dei nuovi servizi nonchè l’ottimale organizzazione aziendale” (comma 7);
d) sulla base di tale disciplina è stato infine adottato il citato Decreto del Commissario ad acta, il quale, nelle parti impugnate con il presente gravame (punto 5.6), dispone che:
– ” l’organizzazione aziendale nelle sue articolazioni deve prevedere la separazione della linea clinica, il cui governo è affidato ai Dipartimenti a Direzione Clinica, da quello assistenziale il cui governo è proprio delle UU.OO. delle Professioni Sanitarie, che a tal fine possono essere aggregate nel Dipartimento delle Professioni Sanitarie. Tale organizzazione potrà avvalersi di un’articolazione che andrà dalla struttura semplice o complessa fino alla possibilità di istituire, sulla base della complessità aziendale, il Dipartimento dell’assistenza infermieristica, ostetrica e della Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, della prevenzione”;
– ” tale Dipartimento può essere previsto anche in deroga al rapporto indicato nel successivo punto 5.9.5″;
– “il Dirigente Sanitario responsabile del dipartimento è un operatore appartenente alle professioni di cui alla L. n. 251 del 2000 in possesso dei requisiti professionali previsti dalla normativa vigente ed è scelto tra i Dirigenti delle strutture complesse individuate all’interno del Dipartimento stesso e nominato dal Direttore generale, con il conferimento di un incarico di durata da due a tre anni, così come previsto dal precedente punto 5.2. Il Dirigente delle strutture semplici o complesse delle professioni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecniche sanitarie e tecniche della prevenzione è nominato attraverso una procedura concorsuale ai sensi dell’art. 7 della L. n. 251 del 2000, di cui al D.P.C.M. del 25 gennaio 2008 che rende esecutivo l’Accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni il 15 novembre 2007, concernente la disciplina per l’accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 febbraio 2008, n.48″.
Con il primo motivo di doglianza è stata prospettata l’illegittimità della separazione della linea clinica, il cui governo è affidato ai Dipartimenti a Direzione Clinica, da quella Assistenziale, il cui governo è proprio delle UU.OO. delle Professioni sanitarie”, atteso che tale netta separazione comporterà in concreto per il dirigente medico l’impossibilità di interferire in alcun modo nella cosiddetta linea assistenziale diretta e gestita dal dirigente della UO delle professioni sanitarie.
Secondo la prospettazione ricorsuale, le rispettive competenze e responsabilità del medico, dell’infermiere e degli altri appartenenti alle professioni sanitarie, ancorchè distinte, operano sinergicamente per il raggiungimento di un’organizzazione efficiente e non possono essere separate nell’organizzazione del lavoro, con la conseguenza che l’organizzazione del personale infermieristico affidata alla relativa autonoma Dirigenza verrebbe a generare una confusione di ruoli e responsabilità che andrà a discapito del malato, atteso che ” il paziente, infatti, pur essendo sotto la responsabilità del medico dell’UO di appartenenza potrebbe non ricevere disposizioni da quest’ultimo ma dal Dirigente delle Professioni sanitarie a prescindere dal medico che lo ha in cura e di cui è responsabile”.
In sostanza la prevista autonomia delle competenze del personale appartenente all’attività assistenziale se non disciplinata e raccordata concretamente con l’attività clinica verrebbe a pregiudicare l’efficacia della gestione del malato.
La dedotta censura è suscettibile di favorevole esame.
Al riguardo il Collegio sottolinea che:
a) non può essere seriamente messo in dubbio che la contestata netta separazione tra attività clinica e attività assistenziale, in assenza di norme che raccordano armonicamente lo svolgimento concreto delle suddette attività, è foriera delle disfunzioni denunciate dall’associazione ricorrente;
b) la contestata autonomia risulta poi in palese contrasto con quanto stabilito dall’art.15, comma 6, del D.Lgs. n.502 del 1992 , il quale stabilisce che “Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell’ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l’adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l’appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è responsabile dell’efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione.”
c) tale interpretazione è confermata, altresì, dall’art. 8, comma 7, del CCNL del 2008 area SPTA il quale stabilisce che ” Le attribuzioni dei dirigenti di nuova istituzione e la regolazione sul piano funzionale ed organizzativo dei rapporti interni con le altre professionalità della dirigenza sanitaria saranno definite dall’azienda nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze degli altri dirigenti già previste dalla normativa vigente”;
d) ad ulteriore conferma, infine, dell’illegittimità della contestata netta separazione tra attività clinica ed attività assistenziale fatta propria dal gravato DCA, risulta conferente quanto disposto dall’art.1, comma 566, della L. n. 190 del 2014, il quale stabilisce che “Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilita’ individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, la censura in esame deve essere accolta.
Pure fondata è altra doglianza con cui è stata prospettata l’illegittimità del contestato DCA il quale nel prevedere che la nomina del dirigente delle strutture semplici o complesse delle professioni infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecniche sanitarie e tecniche della prevenzione debba essere effettuata sulla base di una procedura concorsuale ai sensi dell’art. 7della L. n. 251 del 2000, di cui al D.P.C.M. del 25 gennaio 2008, omette, illegittimamente, di richiedere a tal fine il possesso in capo al soggetto da nominare della esperienza professionale dirigenziale non inferiore a cinque anni.
Al riguardo il Collegio sottolinea che la contestata disposizione risulta in palese contrasto con quanto stabilito dall’art.6, comma 2, della L. n. 251 del 2000 il quale stabilisce, al fine di evitare una palese disparità di trattamento, che per l’accesso alla qualifica de qua sono necessari requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale, tra i quali è ricompresa la pregressa esperienza dirigenziale quinquennale.
Nè ad inficiare la fondatezza di tale conclusione risulta conferente il rilievo dell’amministrazione regionale secondo cui essendo quella di dirigente delle professioni sanitarie una qualifica di nuova istituzione, non può che essere inserita tra i dirigenti di primo inquadramento cui può essere conferita la direzione di una struttura complessa con incarico triennale a tempo indeterminato, ex art. 7, comma 1, della citata L. n. 251 del 2000.
In merito deve essere evidenziato che:
a) la menzionata norma stabilisce “Al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e il servizio sociale professionale e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’art. 5 della presente legge l’incarico, di durata triennale rinnovabile, è regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall’art. 15- septies , comma 2, delD.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’art. 13 del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all’art. 1 della presente legge nonché con un appartenente al servizio sociale professionale, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati”;
b) dal tenore della richiamata disposizione si evince che l’incarico triennale a tempo determinato ha natura eccezionale in quanto è consentito soltanto fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’art. 5, e, pertanto, non può certamente assumere alcuna valenza al fine di giustificare a regime il conferimento a regime di un incarico di direzione complessa ad un soggetto privo della prescritta esperienza quinquennale dirigenziale.
Ciò premesso, il proposto gravame va accolto.
La peculiarità e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III quater, definitivamente pronunciando sul ricorso n.14116 del 2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per gli effetti, annulla il gravato DCA nelle parti impugnate.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore
Pierina Biancofiore, Consigliere