La manifestazione a Roma della Fiom ha avuto successo. “Oggi, scrive il quotidiano Liberazione – ha ragione Maurizio Landini – la percezione è che qualcosa è già cambiato. La Fiom rappresenta il punto più alto e organizzato di coagulo dell’opposizione sociale. Non per caso attorno ad essa si è aggregata una moltitudine di soggetti collettivi, di movimenti, diversi fra loro e tutti fortemente connotati per i temi che ne costituiscono tratto identitario e scopo perseguito. La rivendicazione di condizioni di vita, di lavoro e di studio dignitoso, d’irrinunciabili diritti di cittadinanza si è saldata ad un bisogno di democrazia. Questo concerto articolato di soggettività ritrova il proprio centro nel lavoro”.
Al di là delle singole posizioni politiche, che possono anche essere molto distanti fra loro, emerge un enorme problema, per tutti, non solo per i metalmeccanici, sul diritto al lavoro, sul rispetto per il lavoratore e sulla sua dignità. Ne sappiamo qualcosa noi ISF che in un triennio abbiamo perso almeno un terzo della forza lavoro. Le aziende hanno fatto il bello ed il cattivo tempo senza che ci fosse una valida difesa del lavoro. I sindacati si sono, al massimo, limitati a concordare una “buon’uscita”
A proposito della crisi del sindacato, scriveva Luciano Gallino il 14 u.s. su Repubblica: “Relitto anacronistico della rivoluzione industriale. Superfluo come soggetto contrattuale: i contratti collettivi di lavoro sono superati. Incapace di rappresentare gli interessi dei lavoratori globali. Questo dicono, del sindacato, manager e politici, e anche non pochi operai e impiegati. A tutto ciò si aggiungono le divisioni interne e gli attacchi contro alcune organizzazioni. Vediamo allora qualche dato.
Nei paesi dell’Europa occidentale, tra il 1981 e il 2007 i sindacati, Pubblica Amministrazione esclusa, hanno perso in media oltre la metà degli iscritti. Nello stesso periodo la quota dei salari sul Pil è scesa in media di dieci punti. In Italia, dove un punto di Pil vale 16 miliardi, è scesa di dodici”.
E prosegue: “Questi dati dicono che nei paesi sviluppati quando i sindacati sono deboli le retribuzioni, insieme con altri aspetti delle condizioni di lavoro, virano al ribasso. Ovviamente nei paesi emergenti va peggio”.
Completamente abbandonati a se stessi sono poi i cosiddetti lavoratori atipici, e ce ne sono tanti fra gli ISF, che “avrebbero sì bisogno – conclude Gallino – di un potente sindacato da lavoratori dipendenti, quali in realtà sono; ma il legislatore permette cortesemente all’azienda di applicare loro l’etichetta di lavoratori auton