L’ex ministro della Salute Francesco Storace è indagato per corruzione dalla procura di Roma nell’ambito di uno dei filoni d’indagine della magistratura di Bari sulla sanità, trasmessa nella capitale per competenza territoriale, e riguardante l’erogazione di finanziamenti a centri di ricerca. L’iscrizione nel registro degli indagati costituisce un atto dovuto ed il fascicolo è stato a sua volta inviato, sempre per competenza, dal procuratore aggiunto Maria Cordova al tribunale dei ministri. Storace, difeso dall’avvocato Giosuè Bruno Naso, si è detto tranquillo e certo che la vicenda si risolverà nel giro di poco tempo non appena l’apposito collegio competente per i reati ministeriali avrà esaminato l’incartamento.
L’inchiesta Il fascicolo arrivato a Roma costituisce uno dei capitoli della più ampia indagine della procura di Bari su presunte irregolarità riguardanti l’assegnazione di appalti nel mondo della sanità ed un giro di false fatturazioni. Si tratta dell’inchiesta nella quale è stato coinvolto anche l’ex governatore della Regione Puglia Raffaele Fitto. La vicenda che riguarda Storace, attuale leader del movimento “La Destra”, risale all’inizio del 2005, epoca in cui aveva la responsabilità del dicastero della Salute, con particolare riferimento all’emissione di un decreto, secondo l’ipotesi di accusa subordinato ad un’attività di corruzione, che prevedeva una serie di fondi per i centri di ricerca.
La replica di Storace “È una vicenda – commenta l’ex ministro – che riguarda un finanziamento mai erogato e quindi, credo, che l’atto dovuto compiuto dagli inquirenti romani si chiuderà rapidamente. Tra l’altro firmai il decreto dopo aver strappato nella trattativa per la finanziaria 2006 ben 100 milioni di euro per la ricerca oncologica, con tanto di plauso dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e della senatrice a vita Rita Levi di Montalcini. Il decreto – aggiunge Storace – fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a marzo inoltrato quando non ero più ministro e ricordo che riguardava anche gli istituti di Umberto Veronesi e di Don Verzè. Poi le Regioni ricorsero alla Corte Costituzionale per non essere state coinvolte nella vicenda e fu dato loro ragione. Il decreto fu revocato dal ministro Livia Turco. Che se ne parli adesso – conclude Storace – è in effetti un pò buffo, ma ancora una volta dimostreremo la forza della nostra pazienza”. Da Il Giornale 10-08-07