Sono 6.044 le unità di personale perse dal Servizio sanitario nazionale nel corso di un solo anno, dal 2010 al 2011. Lo si apprende dal conto annuale 2011 della Ragioneria generale dello Stato, di cui dà notizia il Sole 24 Ore Sanità. Entrando nel dettaglio si scopre che i medici calano complessivamente di 1.741 unità, mentre una riduzione drastica si osserva tra i dirigenti a tempo indeterminato, che scendono del 31,17 tra i medici e del 66,67 tra i veterinari. Sono 9 in più i primari non in esclusiva a fronte della diminuzione di 435 tra quelli con rapporto esclusivo. Oltre alla non esclusività, sono in parziale controtendenza le donne, tra le quali il calo è di 195 unità rispetto alle 5.849 degli uomini. È improntata a preoccupazione, la lettura che di questi dati dà Riccardo Cassi, presidente del Cimo-Asmd, (Coordinamento italiano medici ospedalieri – Associazione sindacale medici dirigenti). «Siamo convinti che debba esserci una riorganizzazione, sia della rete ospedaliera sia della rete dei servizi – ha dichiarato il dirigente sindacale a DoctorNews – ma un calo del personale che non è dovuto direttamente alla riorganizzazione crea un buco nell’erogazione dei servizi». Un aspetto che emerge dal rapporto è la marcata differenza tra le regioni. In media, il personale del Ssn pesa per il 20,94% di tutti i dipendenti delle Regioni, ma la percentuale sale al 26,89% in Emilia Romagna e al 25,75% in Umbria, a fronte del 12,32% in Lazio. Estendendo l’analisi agli ultimi cinque anni, sono proprio le Regioni con piani di rientro, come Campania e Lazio, a far registrare la diminuzione maggiore. «Il problema – commenta Cassi – è che i piani di rientro intervengono pesantemente sugli aspetti che riescono a colpire più facilmente, come il turnover, ma non sono non sono riusciti a incidere sulla riorganizzazione della rete e quindi i servizi vanno a peggiorare». Riguardo agli squilibri tra le diverse realtà regionali, «è evidente che in certe Regioni è stato assunto personale addetto ad altre funzioni; mi pare più logica – continua Cassi – la percentuale dell’Emilia Romagna, visto che la sanità rappresenta il 70% del bilancio regionale. È normale che molta parte del personale sia occupata nella sanità e non in altri servizi: percentuali molto basse sono indice di assunzioni clientelari per servizi che non servono».
17 gennaio 2013 – DoctorNews33