Il copione si ripete ogni febbraio: le sezioni regionali della Corte dei conti inaugurano il nuovo anno giudiziario con una rassegna degli interventi condotti nei dodici mesi precedenti e la Sanità pubblica finisce sempre nell’elenco dei cattivi. Meglio, ci finiscono le Aziende sanitarie locali, che in quanto tali (cioè aziende) rispondono in prima persona dei propri bilanci. E l’accusa che più spesso la magistratura contabile rivolge loro è quella di non avere alcun governo del denaro pubblico che passa dalle loro casse.
Questi interventi, in ogni caso, sono stati pagati «prima in via amministrativa, poi in via giudiziaria dopo un decreto ingiuntivo e infine una terza volta se c’era la cessione del credito da parte». Uno spreco di denaro pubblico, ha osservato Oricchio, causato dalla totale assenza di controlli da parte dell’amministrazione sanitaria. «Non è possibile che si debba attendere l’attività di magistratura e forze dell’ordine per scoprire questi fenomeni» si è sfogato il magistrato «perché vuol dire che il sistema non riesce a stanarli».
La Campania purtroppo non è un’infelice eccezione. Casi dello stesso genere vengono denunciati nella relazione sul nuovo anno giudiziario della Corte dei conti calabrese, e in un corsivo pubblicato su Sanità24 Ettore Jorio, docente in diritto amministrativo sanitario all’università della Calabria, se la prende con «contabilità aziendali anomale e tesorieri (di Asl, ndr) non propriamente efficienti, tanto da non essere neppure in grado di indicare alle aziende «tesorizzate» i titoli di credito cui si riferiscono le somme prelevate coattivamente».
Come detto non si tratta di casi isolati: nella sua relazione d’inizio anno, il presidente della la Corte dei conti di Roma, Arturo Martucci di Scarfizzi, parla di «criticità diffuse» come «l’adozione in ritardo dei bilanci di esercizio, che disattende la tempistica prevista a livello nazionale e regionale» e la «scarsa attenzione al bilancio preventivo, che avendo natura di budget previsionale, si pone quale strumento fondamentale per la programmazione e il controllo dei costi».
Lo annota di nuovo il procuratore campano Oricchio, che si lascia andare a qualche considerazione sul fenomeno furti: «Sono rimasto particolarmente colpito» ha detto alla stampa «che in passato ci siano state razzie di farmaci per importi elevati, anche 25mila euro, tra i quali specialità ad alto costo per il trattamento dell’epatite C». Farmaci, ha osservato il procuratore, «che venivano custoditi come fossero pacchetti di aspirina», cioè senza neanche quelle minime cautele che ci si attende dalle persone assennate.
(AS – 18/02/2017 – Federfarma)
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