Bene il controllo sulla territoriale, ma non va sottovalutata la crescita della spesa privata. Resta poi il problema del tetto dell’ospedaliera e del sistema di payback da riconsiderare basandosi non più solo sull’offerta ma anche sulla domanda
06 MAG – A leggere i consuntivi 2013 della spesa farmaceutica SSN che l’AIFA ha presentato viene in mente Pirandello quando diceva che la fine è la perfezione dell’inizio. I numeri di chiusura per il 2013 sono esattamente quelli che ci si aspettava sin dal principio, a merito dell’eccellente lavoro dell’AIFA nell’interpretare al meglio il mandato ricevuto ma anche degli attori della filiera che, magari obtorto collo, hanno ben svolto la propria parte.
La sanità pubblica nel 2013 ha speso realmente, quindi, al netto di payback vari, sconti ed extrasconti obbligatori da parte della filiera, circa 16,5 miliardi (-0,9% vs 2012), di cui circa 12 di territoriale netta (8,9 di convenzionata + 3,1 di distribuzione diretta e per conto) e 4,5 di ospedaliera, circa 760 milioni oltre il budget previsto, il 14,85% dei 106,4 miliardi del FSN, quasi tutti imputabili all’ospedaliera: 4,22% vs. 3,5% del tetto previsto, pur registrando, ancora, un aumento delle ricette (+2,6%) e dei consumi in DDD.
L’analisi di questi numeri direbbe poco se non venissero aggiunti e confrontati i dati di spesa privata. Dai dati dell’ultimo rapporto AIFA OsMed (annualizzati) si possono aggiungere quindi altri circa 8 miliardi di acquisti a carico diretto dei cittadini: 1,4 per ticket e compartecipazione, 3 di fascia C con ricetta, 2,3 di fascia C bis automedicazione, 1,3 di fascia A acquistati privatamente, arrivando a una spesa totale, SSN + privata, di 24,5 miliardi, di cui 16,5 a carico del SSN, il 67% circa, mentre il restante 33% è, appunto, spesa privata.
Senza entrare nel diversificato specifico delle singole regioni, questi numeri aggregati meritano alcune sintetiche riflessioni.
1) L’AIFA continua a svolgere in modo egregio il proprio compito, come nelle sue altre cruciali funzioni (lotta alla contraffazione, farmacovigilanza, monitoraggio ricerca clinica, ecc.), anche e soprattutto quella di garantire un elevato grado di accesso e qualità dell’assistenza con le risorse disponibili. Si riduce la spesa totale, continua a mantenersi il controllo della spesa territoriale pressoché nel budget programmato, ma non dell’ospedaliera, dato il relativo tetto calcolato “ab initio” dalla legge in modo errato.
2) A tale proposito col payback quest’anno le imprese “restituiranno”(oltre ai 63 milioni per la territoriale) la metà dello sforamento di 765 milioni dell’ospedaliera 2013 (più quello dei singoli prodotti con budget o specifiche clausole assegnate).
Si tratta di azioni di economia pianificata (un tempo di gran voga, oggi molto demodé tra gli economisti catodici più “à la page”) del tutto coerenti con il sistema di assistenza pubblica. Tuttavia questa misura del tetto/payback è stata costruita “monca” di un braccio cruciale al suo corretto funzionamento. La legge, infatti, prevede sia programmata solo l’offerta (spesa) e non la domanda (consumi), con il paradosso di lasciare liberi i consumi scaricando sulle imprese la quota di spesa oltre la soglia di offerta programmata (tetto).
Un payback dell’ospedaliera di 382 milioni, il 50% dell’eccedenza di 765 milioni sul totale di 4500 del 2013, significa che mediamente (applicando il noto teorema statistico del pollo di Trilussa) il 9% dei pazienti è trattato a carico delle imprese e non del SSN. Una misura quindi da rivedere.
3) La spesa complessiva e quella SSN sono, in pro-capite, tra le più basse d’Europa, oltre un terzo inferiore a quelle di Germania e Francia. Spendiamo meno e ci curiamo bene allo stesso modo, forse persino meglio. Il suddetto rapporto 67% vs 33%, due terzi/un terzo, tra pubblica e privata è analogo a quello dei principali Paesi EU, benché distribuito diversamente tra territoriale, ospedaliera, prontuari con liste positive e negative e articolata compartecipazione alla spesa, spesso proporzionale o comunque variabile.
4) Tuttavia, il dato maggiormente interessante e piuttosto anomalorispetto ai ns. vicini continentali, è il rapporto tra spesa pubblica e privata nella territoriale, cioè scorporando la spesa per i farmaci somministrati in ospedale. Di 100 euro complessivi spesi per farmaci sul territorio solo 59 sono a carico del SSN, mentre i restanti 41 escono direttamente dai portafogli dei pazienti (se poi ci limitiamo alle farmacie, il rapporto scende a 45 SSN vs. 65 pagati privatamente, però senza contare la non elevata quota di distribuzione per conto). Si tratta di uno scivolamento della spesa territoriale da pubblica a privata che prosegue da alcuni anni (nel 2009 il rapporto era 65,5% SSN vs 35,5% privata).
Va ricordato che l’analogo rapporto tra spesa pubblica e privata nell’intera spesa sanitaria è oggi di circa 80 pubblica/20 privata, 110 miliardi SSN e 30 miliardi privati, con quindi solo un quinto, il 20% dei 140 totali, pagati privatamente. Singolare che per la prestazione sanitaria più diffusa, il farmaco sul territorio, quel rapporto 80/20 dell’intera spesa sanitaria si riduca, ceteris paribus, a 59/41.
Le ragioni di tali dinamiche sono complesse e vanno ricercate nel come si articola il bilanciamento tra compartecipazione alla spesa ed esclusione della rimborsabilità d’intere classi di farmaci (es.: benzodiazepine o anticoncezionali), nel prezzo medio elevato dei farmaci a pagamento e nel prezzo molto basso di molti farmaci di fascia A, spesso acquistati direttamente, come visto, magari per evitare lunghe code dal proprio medico.
Tuttavia pesa il progressivo impoverimento qualitativo dei farmaci nella stessa fascia A, a beneficio dell’ospedaliera (i farmaci più nuovi sono soprattutto per patologie e utilizzo nosocomiali), con analogo ridimensionamento da un lato del ruolo del medico di medicina generale (immeritato e da rivalorizzare) dall’altro della farmacia sul territorio, i cui ricavi, mediamente in declino dato il vetusto metodo di remunerazione proporzionale al prezzo, derivano sempre meno dal farmaco SSN, con in aggiunta i costi crescenti dati da un numero sempre maggiore di ricette da gestire.
Medici di base e farmacie, quindi, come personaggi in cerca di un nuovo autore, per tornare al nobel agrigentino, protagonisti di quella sanità sul territorio alla quale tutti dicono di tendere ma, almeno a guardare i numeri della sua spesa, non per la farmaceutica.
Fabrizio Gianfrate
Economista sanitario