Partecipare ad una sperimentazione clinica offre notevoli vantaggi. Ciò che manca però è la consapevolezza di questa opportunità. Malati e caregiver sempre più protagonisti
Fondazione Veronesi – 14 dicembre 2021
Se c’è una cosa che abbiamo toccato con mano durante questa pandemia è la poca conoscenza da parte degli italiani nell’ambito della sperimentazione clinica dei farmaci. L’aggettivo “sperimentale” sta assumendo sempre più un’accezione negativa anche se, in realtà, è grazie alla sperimentazione clinica se l’aspettativa di vita si è allungata, se si sono scoperte nuove cure e se, in ultima analisi, la medicina progredisce. Questa reticenza nei confronti della sperimentazione ha a che fare con una scarsa cultura e, aggiungiamoci, anche un po’ di stigma. Da noi chi partecipa a uno studio clinico viene visto come “cavia di Big Pharma” e non si colgono invece i numerosi vantaggi, per sé stessi e per il sistema, della sperimentazione. Perché, in buona sostanza, della sperimentazione clinica si hanno idee confuse. Negli ultimi dieci anni, a livello europeo e italiano, sono nate diverse realtà che promuovono la conoscenza della ricerca scientifica tra i cittadini e le associazioni dei pazienti si stanno mostrando sempre più attive e desiderose di partecipare alla ricerca. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.
E non solo i pazienti, ma anche chi ci governa. Il caso Stamina rimarrà nella storia del nostro paese non solo come una delle più grandi frodi scientifiche degli ultimi tempi, ma anche per come è stata gestita a livello parlamentare, nonostante la contrarietà di tutta la comunità scientifica: «Con il caso Stamina ho capito che questo paese andava aiutato, perché il parlamento e chi ci governa non può non sapere – rammenta Dominique Van Doorne, medico endocrinologa e presidente dell’Accademia del paziente esperto EUPATI (ADPEE)– e la pandemia mi ha convinto ancora di più sul fatto che i cittadini di sperimentazione e ricerca ne sappiano davvero poco. Prendiamo l’esempio dei vaccini antiCOVID: anche se abbiamo alti tassi di vaccinazione non significa che ciò sia dovuto alla piena comprensione della scienza. Molte persone si sono vaccinate anche se indecise o timorose».
E questo nonostante sui vaccini sia stata attivata la più ampia farmacovigilanza della storia: ne sappiamo di più su questo vaccino che su altri già noti da tempo, ma su cui non si è mai attivata una sorveglianza di questa portata. «Ecco perché è importante sapere come funziona la sperimentazione clinica – riprende Van Doorne – perché si saprebbe che la prima cosa che viene testata è la sicurezza del farmaco, prima ancora della sua efficacia. Prima di passare alla fase in vitro si usa il computer e si analizzano le varie interazioni delle molecole a livello computazionale. Dopo si passa all’analisi in vitro, poi su quella animale e infine quella clinica (sull’uomo)». Conoscere come funziona la sperimentazione aiuta a comprendere come funziona la ricerca, la medicina e, in ultima istanza, come si producono i farmaci. Conoscere è il primo passo per eliminare dubbi e paure e per diventare sempre più consapevoli del proprio benessere. Per questo sono nate diverse realtà, come EUPATI ed ECRAN, che puntano all’empowerment del paziente e del caregiver, interlocutori sempre più importanti nell’ambito della sperimentazione clinica.
IL PROGETTO EUPATI ED ECRAN
La European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation (EUPATI) nasce nel 2012 su iniziativa della Innovative Medicines Initiative (IMI) un partenariato pubblico privato tra la Commissione Europea e l’EFPIA (l’associazione delle industrie del farmaco in Europa) che ha l’obbiettivo di sviluppare nuove cure e trattamenti. La mission di EUPATI è far comprendere meglio ai cittadini come funziona lo sviluppo di un farmaco e come possono essere coinvolti attivamente nel processo. Diventando pazienti e caregiver esperti, questi soggetti possono interloquire in modo autorevole con autorità regolatorie, rappresentanti della ricerca e istituzioni. EUPATI arriva in Italia con l’Accademia del Paziente Esperto EUPATI, fondata nel 2014 a Roma che ogni anni dal 2018 organizza un corso annuale, ad accesso gratuito, rivolto a pazienti e caregiver e realizzato con il supporto di AIFA, il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità e con il contributo non condizionante di aziende farmaceutiche. Nel 2014 nasce il progetto ECRAN- European Communication on Research Awareness Needs –finanziato dalla Comunità Europea per migliorare la conoscenza dei cittadini europei sulla ricerca medica e supportare la loro partecipazione a studi clinici indipendenti. ECRAN intende fornire spiegazioni chiare e attendibili su concetti di base e avanzati, informazioni pratiche, contenuti formativi come guide, tutorial, film e persino giochi per fare in modo che il cittadino compia una scelta informata quando decide di partecipare a uno studio clinico. Il coordinatore del progetto è l’istituto Mario Negri di Milano. ECRAN al momento è in pausa, ma il sito rimane comunque accessibile.
Capire come funziona la sperimentazione clinica allontana lo stigma, la paura, la reticenza e permette di comprenderne i vantaggi. Uno su tutti: la possibilità di poter accedere a cure innovative. Per chi soffre di malattie rare, ad esempio, partecipare agli studi clinici può essere un modo per accedere a trattamenti altrimenti inaccessibili. Per le donne colpite dal cancro dell’ovaio, altro esempio, aderire ai trial rappresenta l’unica possibilità di partecipare al miglioramento dei trattamenti. Ma sebbene oltre la metà delle pazienti sia favorevole, solo a una donna su dieci viene proposto di parteciparvi. Lo ha rivelato la Ricerca inActo, uno studio promosso dall’associazione pazienti Alleanza contro il tumore ovaricoACTO-ONLUS e condotta dall’Istituto Mario Negri IRCCS di Milano che ha coinvolto 359 pazienti. Circa sei donne su dieci sanno cosa sia uno studio clinico, ma solo il 34,9% sa come si svolge. Ed è quasi sempre il medico a proporre di partecipare, e lo fa solo nel 12% dei casi. In questo senso, le associazioni dei pazienti stanno assumendo un ruolo sempre più determinante nel dare supporto per facilitare l’adesione alle sperimentazioni. Gli altri vantaggi della sperimentazione riguardano la possibilità di essere esaminati a fondo e questo comporta benefici non solo per i pazienti (che possono ricevere un check up completo che altrimenti avrebbero impiegato mesi ad ottenere) ma anche per il sistema sanitario nazionale, visto che i costi della sperimentazione sono a carico di chi li sponsorizza (nella maggior parte dei casi, aziende farmaceutiche) e una persona controllata a fondo, grazie allo studio clinico, di certo si rivolgerà meno al SSN.
IL RUOLO DELLE SOCIETA’ SCIENTIFICHE
Le associazioni dei pazienti possono fare molto, ma non tutto. In questo percorso di formazione continua di pazienti e caregiver, un ruolo determinante devono averlo anche le società scientifiche. Alcune di queste, come la FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti) hanno collaborato con ADPEE, per produrre un importante documento dal titolo “Dentro la Ricerca: la Persona prima di tutto – Una proposta in 10 punti”, sottoscritto da oltre 200 Associazioni Scientifiche, IRCCS, Comitati Etici, Associazioni di Cittadini e Pazienti e destinato al mondo della ricerca e delle Istituzioni per proporre dieci raccomandazioni
«Il tema è importante e dobbiamo attivarci, come ha fatto EUPATI – ha concluso Gussoni – anche perché il paziente deve essere parte attiva del disegno della sperimentazione: noi ricercatori spesso attiviamo gli studi sulla base di ipotesi accademiche, non guardando ai reali bisogni dei pazienti. Dovremmo considerare invece di più i patient reported outcome, così come le esigenze logistiche dei pazienti: le sperimentazioni di domani saranno sempre più organizzate al domicilio del paziente, attraverso strumenti come la telemedicina». Ma per ottenere una partecipazione attiva della popolazione, occorre prima formarla sull’importanza della sperimentazione clinica.
FONTI
Notizie correlate: AIFA. La sperimentazione clinica dei farmaci
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