Ci sono certo problemi più importanti, ma io che sono un medico di base sono stato colpito dalla vicenda dell’Aifa. Non tanto da eventuali illeciti, quanto dal fatto che si scopre ora che i tempi impiegati per l’approvazione dei farmaci sono il doppio di quelli europei. Mi sembra una lentezza scandalosa paragonabile a quella del sistema giudiziario. P.F. Milano Lentezza burocratica e inefficienza, tipici mali italiani, pesano certamente sulla comunità. Forse anche in termini di salute quando si parla di farmaci: l’Aifa di cui parla il nostro lettore, lo ricordiamo, è l’agenzia che li controlla e ne autorizza l’immissione in commercio. L’ente è stato recentemente colpito da una vicenda giudiziaria ed è in via di ristrutturazione. A questo proposito il sottosegretario al Wellfare Ferruccio Fazio ha sottolineato che l’agenzia «ha lavorato bene», ma ha ricordato che «l’Agenzia europea del farmaco, Emea, impiega in media 210 giorni per un’autorizzazione, contro i 540 dell’Aifa». E si punta dunque, nella riorganizzazione, ad accelerare questi tempi che appaiono decisamente lunghi. Eppure non sono convinto che in questo caso la rapidità sia necessariamente una virtù. Quando si pensa all’arrivo di un nuovo farmaco si pensa inconsciamente ai malati del dopoguerra che aspettano l’arrivo della penicillina. Nella stragrande maggioranza dei casi oggi non è così. Noi stessi abbiamo in qualche occasione accolto la protesta di associazioni di malati che sollecitavano l’approvazione di una nuova molecola (o di una sua nuova indicazione) ritenuta significativamente migliore. Ma in generale pensiamo che i farmaci non debbano avere fretta. Anche negli Stati Uniti (dopo alcune vicende legate agli effetti inattesi di alcuni preparati entrati rapidamente in largo uso) si è messa in discussione l’eccessiva rapidità di approvazione da parte dell’ Fda, sulla base evidentemente di documentazioni scientifiche non complete. E sono convinto che anche lei, come medico di famiglia, per patologie comuni e non gravi preferisca rivolgersi al buon vecchio medicinale, di cui conosce bene effetti e controindicazioni, piuttosto che allo sconosciuto ultimo arrivato. Più della rapidità ci sembra importante il controllo, prima e dopo (la farmacovigilanza) l’immissione in commercio. E la cautela. Fermo restando che se mai arrivasse una "nuova penicillina", si potrebbero sempre adottare procedure eccezionali per una rapida approvazione. Corriere della Sera del 06/07/2008 , articolo di Riccardo Renzi ed. Nazionale SALUTE p. 54
522 2 minuti di lettura