Un medico di medicina generale che, laddove ha la possibilità di scegliere se applicare o meno la clausola di non sostituibilità, ricerca un rapporto equilibrato tra bisogni del paziente e terapia, garantendo la stabilità della cura al paziente soprattutto nei casi più critici e in cui la compliance potrebbe altrimenti risentirne. È questa la fotografia che emerge dalla Survey sulle abitudini prescrittive del medico di medicina generale avviata dalla Simg a fine febbraio, attraverso un questionario diffuso via mail e reso disponibile online, secondo le parole di Claudio Cricelli, presidente della società. L’indagine, che ha ricevuto il grant incondizionato di Zentiva, ha contato un totale di 407 utenti che hanno risposto. A emergere è «un medico di medicina generale» continua Cricelli «che utilizza sempre di più il principio attivo nelle prescrizioni e che si relaziona, nella scelta della non sostituibilità, alle circostanze». Una delle considerazioni è che «la stabilità di terapia del paziente è cura solo del medico di medicina generale mentre spesso il farmacista eroga il farmaco che ha a disposizione nel presidio senza effettuare un controllo che il paziente assuma sempre lo stesso medicinale. E spesso è il paziente stesso che richiede in farmacia la sostituzione della prescrizione, preferendo per lo più il brand». Dal sondaggio emerge quindi che «il medico tende a utilizzare la clausola di non sostituibilità quando è importante mantenere stabilità nella cura, garantendo l’erogazione dello stesso farmaco, qualsiasi sia, e di fronte a un paziente critico, in cui la compliance potrebbe risultare alterata in caso di una sostituzione – per esempio di fronte a pazienti anziani che hanno a che fare con patologie croniche. Nei casi in cui la sostituzione in farmacia non è ritenuta rilevante o pericolosa il medico tende a non intervenire più di tanto». Infatti, dal sondaggio emerge che a verificare sempre se il «paziente assume sempre lo stesso farmaco equivalente (stessa azienda farmaceutica che tu hai indicato in ricetta) o se il farmacista dispensa ogni volta un farmaco equivalente diverso in base alla sua disponibilità» è il 26% dei medici, mentre il 66% ha risposto alcune volte. Alla domanda «In che percentuale il paziente si fa cambiare la tua prescrizione di un brand con un farmaco equivalente» ad avere risposto «più del 40% delle volte» è il 30% dei medici, mentre il 40% ritiene di farlo «tra il 10 e il 40% delle volte». Inoltre di fronte alla domanda «Hai un paziente di 50 anni in terapia per ipertensione arteriosa con beta bloccanti di marca. Cosa ti fa mettere la dizione: Non sostituibile» il 15% dice di «non fidarsi della sostituzione effettuata dal farmacista», il 44% dice di «non fidarsi della variabilità con la quale il farmacista cambia il prodotto di marca ad ogni richiesta», per l’8% «I beta bloccanti sono farmaci pericolosi da cambiare» e per il 33% «tutte le precedenti». Infine, il 69% dei medici ritiene di prescrivere più del 40% delle volte «il principio attivo + il nome commerciale del farmaco sul totale delle prescrizioni», mentre il 18% dice che questo valore è compreso «tra il 10 e il 40% delle volte». Inoltre, «La clausola di non sostituibilità associata a una prescrizione di farmaco equivalente (es. Ramipril non sostituibile) (sul totale delle prescrizioni di principi
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