Nella relazione della Commissione Europea, che abbiamo già commentato nella prima parte di questo editoriale, si evidenzia la necessità di armonizzare le politiche del farmaco, tenendo conto delle interrelazioni che, in un mercato unico mondiale, sono inevitabili tra le politiche dei diversi Paesi dell’Unione Europea e non solo. Considerazioni di breve periodo, spesso motivate da esigenze di budget, – sottolinea la Commissione – possono condurre a misure nazionali ad hoc che hanno però ripercussioni economiche negli altri paesi dell’UE e ben oltre. Un esempio riguarda il sistema del prezzo di riferimento esterno (ERP) che è praticato dalla maggior parte delle autorità nazionali e consiste nel determinare il prezzo sulla base di quelli praticati in alcuni paesi di riferimento (o del prezzo più basso). Alla luce della crisi economica, alcuni paesi hanno assunto misure d’emergenza che hanno condotto a una significativa riduzione nei prezzi di rimborso dei farmaci. Se da una parte, quindi, il meccanismo ERP può fornire benchmark utili per le negoziazioni del prezzo tra autorità pubbliche e aziende, alcuni stakeholder – evidenzia la Commissione – lamentano che gli ERP vengono applicati senza prendere in considerazione le caratteristiche socioeconomiche di ciascun paese e, in particolare, che i prezzi di riferimento condizionati da alcune misure di emergenza possano influenzare il livello di prezzi negli altri Stati o in Paesi terzi. Sappiamo ormai che la gestione del prezzo in un contesto nazionale ha implicazioni anche sui mercati extra-UE per la nostra industria farmaceutica, in quanto i paesi non europei, particolarmente le economie emergenti ad alto reddito come Korea e Taiwan, fanno uso estensivo dell’ERP servendosi dei paesi europei come benchmark.
Proprietà intellettuale: dai brevetti alla gestione dei dati degli studi Una rilevanza specifica, secondo la Commissione rivestono le normative sulla proprietà intellettuale (PI), in quanto la natura stessa e lo sviluppo dei prodotti medicinali rende le aziende altamente dipendenti da una loro adeguata protezione brevettuale. Per tale ragione l’Unione Europea ha avvertito la necessità di assicurare un regime di proprietà intellettuale con brevetto unico europeo e altri strumenti di tutela della proprietà intellettuale che affrontano le specificità del prodotto “farmaco”, tra cui i certificati complementari di protezione (SPC), che mirano a compensare, almeno in parte, le perdite commercialmente rilevanti per il tempo trascorso tra il deposito del brevetto e la commercializzazione effettiva di un medicinale.
Molto complessa e dibattuta è la questione della esclusività dei dati clinici e pre-clinici. In questo senso, l’AIFA ha espresso da tempo in modo chiaro e inequivocabile la propria posizione. L’Agenzia Italiana ritiene che la trasparenza dei dati clinici consenta una proficua condivisione di informazioni e di conoscenze, soddisfi le legittime aspettative di trasparenza dei pazienti, che vogliono comprendere fino in fondo rischi e benefici dei trattamenti cui sono o saranno sottoposti, e rappresenti un vantaggio economico per le stesse aziende. Il mondo della sperimentazione clinica è cambiato e chi non comprende l’importanza di mettere in comune informazioni, controlli e dati dei trialavrà certamente più difficoltà a rimanere sul mercato.
Proprio in questi giorni l’Agenzia Europea dei Medicinali, a seguito delle consultazioni svolte con i pazienti, gli operatori sanitari, il mondo accademico, l’industria e altri soggetti europei nel corso degli ultimi 18 mesi, ha annunciato che pubblicherà i report clinici che sono alla base del processo decisionale sui medicinali. La politica entrerà in vigore il 1 gennaio 2015 e si applicherà ai report clinici contenuti in tutte le domande di autorizzazione all’immissione in commercio centralizzate presentate dopo tale data. I report saranno rilasciati dopo l’adozione della decisione dell’Agenzia sulla domanda.
Come evidenziato dalla stessa EMA, la nuova politica servirà come un utile strumento complementare in vista dell’attuazione del nuovo regolamento UE sugli Studi Clinici che entrerà in vigore non prima di maggio 2016. EMA prevede che la nuova politica aumenti la fiducia nelle proprie attività normative in quanto consentirà al pubblico generale di comprendere meglio il processo decisionale dell’Agenzia. Inoltre, accademici e ricercatori saranno in grado di rivalutare set di dati. La pubblicazione dei report clinici consentirà anche di evitare la duplicazione di studi clinici, promuovere l’innovazione e incoraggiare lo sviluppo di nuovi farmaci.
I nuovi competitori mondiali e la tutela della qualità Questa ultra-globalizzazione non significa solo nuove opportunità di mercato; significa anche aumento della concorrenza, che nel settore farmaceutico non è più confinata ai concorrenti tradizionali come gli Stati Uniti o il Giappone. Diversi paesi emergenti, in particolare in Asia, hanno come obiettivo le scienze della vita come futuri motori della crescita economica e stanno investendo nell’innovazione biomedica. L’obiettivo di questi paesi è duplice: ridurre la dipendenza dai farmaci importati e incoraggiare le imprese internazionali ad espandere la propria presenza locale nella produzione e/o nelle attività di R&S. Paesi come Cina, India, Singapore e Israele sono già emersi come principali produttori e mercati di prodotti farmaceutici ed è probabile che diventino nel prossimo futuro esportatori di prodotti medicinali ad alto valore aggiunto destinati all’Europa e agli Stati Uniti. Può essere indicativa la forza dell’Asia come fornitore di principi farmaceutici attivi (API). Mentre nel 1980 oltre l’80% di API destinati al mercato europeo era di origine europea, la percentuale era scesa al 20% nel 2008. La maggiore dipendenza da fonti non europee ha già suscitato preoccupazioni per la sicurezza e la qualità degli approvvigionamenti in Europa. Dobbiamo mettere i nostri produttori nelle condizioni di competere con questi concorrenti senza mai abdicare al nostro ruolo di tutela della salute e dei controlli della qualità che abbiamo operato, con grande successo, sino ad ora.
L’esigenza di garantire elevati standard qualitativi è particolarmente avvertita nell’Unione Europea in quanto medicinali di bassa qualità e falsificati possono mettere seriamente a rischio la salute e la vita stessa dei cittadini. Le popolazioni dei paesi in via di sviluppo soffrono in modo più accentuato l’assenza di un’adeguata vigilanza sul mercato. L’Unione Europea e gli Stati membri sono attivamente impegnati in organizzazioni multilaterali che promuovono la collaborazione internazionale, ma anche su questo fronte sarebbe necessaria una maggiore cooperazione tra i governi, le organizzazioni internazionali, le aziende farmaceutiche e la società civile, con l’obiettivo principale di migliorare l’accesso ai farmaci di qualità nei paesi in via di sviluppo.
Le iniziative dell’Unione Europea In conclusione, la Commissione ripercorre anche le principali iniziative assunte dall’Europa nel settore. Tra queste il nuovo regolamento sugli studi clinici, la nuova legislazione di farmacovigilanza, la revisione della “Direttiva sulla Trasparenza”. Iniziative di finanziamento specifiche in materia di salute sono inserite nel Programma “Salute per la crescita”, nel Programma europeo di ricerca “Horizon 2020” e nei Fondi strutturali 2014-2020. Tra i prossimi obiettivi, la Commissione individua il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’UE per sfruttare le economie di scala e mettere in comune le risorse nella realizzazione sistematica e nell’armonizzazione dell’Health Technology Assessment(HTA), i cui approcci divergono notevolmente da uno Stato all’altro e addirittura anche all’interno dei singoli Stati (come nel caso italiano).
La minaccia della deregolamentazione Implementare e consolidare il sistema regolatorio europeo e potenziare i rapporti con le autorità pubbliche dei nuovi e dei vecchi competitors extra-europei costituirà anche uno scudo alle continue minacce alla salute che provengono dalle reti illegali di vendita, dalla contraffazione dei farmaci e dei principi attivi, dalle false cure e dalle speculazioni a fini di lucro sulla sofferenze dei malati. Proprio nelle maglie della deregolamentazione, perseguita sotto traccia e in modo subdolo, si annidano i pericoli più insidiosi.
Se lo sforzo delle Agenzie regolatorie deve essere orientato a semplificare, accelerare e supportare lo sviluppo dell’innovazione, d’altra parte le aziende devono accettare di vivere in un ambiente regolamentato e riconoscere in questo assetto un valore e non un motivo di debolezza. Le spinte verso la deregolamentazione del sistema provengono da fronti diversi e spesso percorrono strade insospettabili: a volte si manifestano sotto forma di pressione dell’opinione pubblica alimentata dall’onda emotiva di casi disperati (Stamina), altre cavalcano i sentieri di un’informazione non sempre deontologicamente corretta e troppo spesso superficiale; altre ancora si servono di chi dovrebbe rappresentare la voce e gli interessi dei cittadini e i pazienti per fare lobby (politica o meno) ovvero bilancio di cassa. Tutto ciò allo scopo di minare l’autorevolezza, la credibilità e quindi l’esistenza stessa del sistema regolatorio.
Noi invece, in pieno accordo con le strategie europee crediamo in poche regole certe e ineludibili, che siano etiche e trasparenti, nell’interesse di tutti, in primis dei cittadini a cui siamo chiamati a rispondere di quello che facciamo, ogni giorno.