Il nuovo Galateo medico-paziente nell’era di smartphone e social
Telemedicina, big data, intelligenza artificiale, ricette finalmente dematerializzate, analisi ed esami via e-mail. In questi mesi, complice la pandemia, abbiamo visto tante promesse della sanità digitale diventare realtà. Con camici bianchi e pazienti sempre più abili, giocoforza, nel ricorrere alle nuove tecnologie. Mentre la nostra casa si prepara a diventare ‘luogo di cura’, ci siamo chiesti come fosse cambiato il modo di rapportarsi degli italiani con il medico di famiglia dopo la pandemia di Covid-19.
“La dematerializzazione della ricetta è diventata la dematerializzazione della comunicazione diretta con il proprio medico”, ci racconta Silvestro Scotti, segretario generale nazionale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e vice presidente dell’Ordine dei medici di Napoli. Convinto che ormai sia arrivato il momento di ‘varare’ un nuovo ‘Galateo delle interazioni digitali tra medico e paziente’.
Una sorta di netiquette (dalla fusione del termine net, ovvero la Rete, ed etiquette: etichetta, nel senso di regole, della rete) della salute: nuove regole di comportamento corretto e buone maniere – degne di un moderno monsignor Della Casa – da osservare quando si interagisce con il proprio medico di famiglia. A vantaggio di entrambi. “Ormai riceviamo messaggi un po’ ovunque, via mail, sms ma soprattutto via WhatsApp. Solo che in questo modo, molto spesso, ci troviamo a dover richiamare il paziente per ulteriori informazioni, perché il suo messaggio non ci permette di dargli una risposta netta senza dover fare ulteriori domande. Se, ad esempio, ci vengono mandati i risultati di alcuni esami che risultano leggermente alterati, possiamo dover chiedere che tipo di dieta si sta seguendo o se si pratica attività fisica. L’invio delle informazioni, in assenza di comunicazione diretta fra paziente e medico, molte volte si trasforma in una cascata di messaggi e noi ci ritroviamo ad inseguire il paziente in cerca di dati ulteriori”. (Fimmg 9/07/2021)
Per non parlare del problema della privacy. “I cittadini semplicemente non si pongono il problema della presenza dei loro dati sanitari su piattaforme di cui non si ha il controllo (penso alla cancellazione del dato). Se si mandano referti via WhatsApp o informative su questo social, non si ha il controllo di ciò che si muove su questa piattaforma.
Bisognerebbe partire, in termini di Galateo, dall’idea che questi sistemi ahimè non si possono usare per il dialogo sanitario. Tant’è che noi, come Fimmg, abbiamo anche prodotto una chatbox che permetterebbe di dialogare direttamente con il medico all’interno di un ambiente protetto. Una chatbox sanitaria nel rispetto della legge sulla privacy. Ma portare i cittadini su una piattaforma simile, rispetto ai sistemi che usano tutti i giorni, non è semplice, purtroppo”. In fondo questo approccio via chat indirettamente “lo abbiamo valorizzato anche noi – ammette – ad esempio con l’invio via WhatsApp del numero della ricetta elettronica. Anche se in questo caso non si lede la privacy, perché si invia solo un codice senza informazioni rispetto alla salute del paziente”. Insomma, se il medico utilizza il mezzo avendo presenti alcuni ‘paletti’, il paziente spesso finisce per non porsi il problema.
Non solo, c’è la questione della ‘cascata di messaggi’. “Prima con gli sms se ne inviava uno solo, di senso compiuto, e finiva lì. La chat sui social incita invece al dialogo con il medico e, spesso, si trasforma in una conversazione a blocchi, in cui il paziente ignorato – magari perché il dottore sta visitando – diventa ossessivo e insistente”.
Scotti li chiama ‘i prepotenti della chat’. “Sono quei pazienti che spezzano il loro messaggio: Buongiorno dottore, primo messaggio. Vorrei dirle una cosa, secondo messaggio. Ho un problema, terzo messaggio. La disturbo in questo momento, quarto messaggio. Così il plin plin ossessivo e disturbante crea una serie di problemi al dottore, ma è anche un meccanismo per attirare la sua attenzione”. Per il medico la chat deve essere pensata come una bacheca, il messaggio via sms come un alert e la telefonata è l’ideale in caso di emergenza.
“Una delle cose che mi irritano di più – confessa con un sorriso Scotti – è quella del paziente che, trovando occupato, usa WhatsApp per telefonare. In quel caso la telefonata si sovrappone alla tua chiamata sulla linea principale, ma a lui il numero squilla libero. E dunque ha, paradossalmente, l’impressione che tu non gli risponda, mentre tu non puoi farlo.
Così ho scritto al social per chiedere di poter bloccare la telefonata in arrivo”. Insomma, nel nuovo Galateo del rapporto medico-paziente WhatsApp va usato come messaggistica e non come testa d’ariete per imporsi all’attenzione del dottore di famiglia. Altro problema serio: i messaggi vocali. “Possono trasformarsi in un incubo. Il paziente, abituato ad utilizzarli, non si rende conto che tu puoi essere in situazioni in cui non ti puoi mettere ad ascoltare un vocale, e che non sei sempre attrezzato con auricolari o altro. Io passo buona parte della mia giornata nel mio studio, con altri pazienti davanti, ed è difficile utilizzare le cuffiette con lo stetoscopio. Se mi mandi un vocale, devi renderti conto che io non posso ascoltarlo, se non quando sarò in condizioni tali da poter rispettare la tua privacy”.
La questione è, ancora una volta, quella della riservatezza, a cui sembriamo aver rinunciato. “Tu in un messaggio al medico inserisci dati sanitari e io, se sono in presenza di altre persone, non posso ascoltarlo, mettendo a rischio la riservatezza di questi dati. Ergo, io spesso mi trovo costretto ad ascoltare questi vocali a fine giornata. Quindi – raccomanda – mai usare questo meccanismo per consultare il medico rispetto a problemi che possono avere un’urgenza. In caso di urgenze la questione va risolta con la telefonata diretta”.
Ogni regola però, come ben sappiamo, ha le sue eccezioni. E questo capita anche nel caso del divieto di messaggi vocali. “Qui il problema si manifesta con la persona molto anziana che però, contro ogni previsione, ha imparato a mandare i messaggi vocali. Ma ha difficoltà a scrivere per problemi di vista, uso del dialetto o altro. Così nel recente passato ci siamo trovati di fronte a messaggi di difficilissima decrittazione, che nemmeno i servizi segreti avrebbero potuto interpretare correttamente”, ammette Scotti. Nonostante “la nostra abilità sia stata allenata da anni di bigliettini e messaggi scritti a mano – avverte – su WhatsApp il correttore automatico finisce per complicare le cose. Così per l’anziano premere il pulsante e registrare un messaggio semplifica le cose. Io ho chiarito ai miei anziani di non usarlo per problemi di urgenza, ma a loro ho concesso una sorta di permesso speciale”.
C’è poi la questione della prima visita ai nuovi pazienti. “In questo periodo molti medici di famiglia stanno andando in pensione, così ci siamo trovati ad interagire con nuovi pazienti, spesso giovani e abituati alla modalità digitale. Devo dire che molti sono precisi e hanno portato la documentazione sanitaria precedente, magari nella pennetta, alla loro prima visita in studio. Altri però utilizzano il meccanismo di comunicazione digitale senza che ci sia mai stata una visita diretta, e questo non va bene. Devo avere una serie di dati su ogni nuovo paziente al momento della presa in carico (relativi allo stile di vita, all’attività fisica…) che ci permettono di orientare nel tempo anche le azioni di prevenzione. Non avere un minimo di contatto con il medico e considerarlo solo un passacarte è avvilente per il collega, ma anche poco utile per il paziente stesso”.
Quali sono oggi i pazienti più impazienti? “Le mamme con un bimbo che non sta bene. Quando vanno in tensione rischi di trovare sms, WhatsApp e telefonate a raffica”, confida il medico. Che ci saluta con una buona notizia relativa ai vocali su WhatsApp: “Il sistema ora permette di velocizzare fino al doppio della velocità i messaggi. Le mie preghiere sono state accolte: così non solo chi parla ha la voce di Paperino, cosa che almeno ti fa sorridere, ma si dimezzano i tempi di ascolto. Rimane il problema della privacy e la questione di non poter bloccare le telefonate che ti arrivano quando sei occupato sulla linea principale. Ma, si sa, non si può avere tutto”.
Fortune Italia – di Margherita Lopes
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