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SCOPERTA A BOSTON: CELLULE STAMINALI DALLA PELLE DI ADULTI

 

MILANO — Staminali «personalizzate» ricavate dalla pelle di persone adulte: l’ultimo traguardo della ricerca per il ringiovanimento delle cellule porta la firma di un’équipe del Children Hospital di Boston, guidata da George Daley, e sarà pubblicato su Nature. «Il nostro è il primo lavoro — ha dichiarato Daley a un’agenzia di stampa — ad avere prodotto cellule staminali a partire da una biopsia di pelle di individui adulti sani che si sono offerti come volontari per l’esperimento ». Non solo, dunque, la nuova ricerca è la prima dimostrazione pratica che davvero ogni persona potrà farsi, con le cellule della propria pelle, una riserva di staminali su misura da usare per terapie di riparazione di organi malati, ma è anche la conferma di un altro esperimento, pubblicato su Science e Cell e condotto dal giapponese Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto e dall’americano James Thomson dell’Università del Wisconsin a Madison. Anche loro — la notizia è di poche settimane fa — hanno ottenuto staminali pluripotenti, in grado cioè di trasformarsi in tutte le cellule dell’organismo umano, a partire da fibroblasti della pelle.

Tutti e due i gruppi di ricerca hanno utilizzato, per «riprogrammare» le cellule, i cosiddetti geni della staminalità, geni cioè che sono attivi soltanto nelle cellule staminali, mentre si spengono quando queste ultime cominciano a differenziarsi in cellule adulte. I geni sono più di uno e le due équipe ne hanno scelti quattro, chiamati Oct4, Sox2, Klf4 e Myc. «Entrambi i lavori—commenta Carlo Alberto Redi, esperto di staminali e direttore scientifico dell’Ospedale San Matteo di Pavia—dimostrano che è possibile ottenere staminali senza l’uso di embrioni. Staminali "etiche" le ha chiamate qualcuno». E spiega: «Per introdurre i geni nel Dna delle cellule adulte, i ricercatori si sono serviti, come trasportatori, di retrovirus. Il loro problema sarà quello di ripulire le cellule da questi ultimi». I retrovirus, infatti, si inseriscono nel Dna dove capita e questo potrebbe comportare dei danni alla cellula. Non solo: due dei geni della staminalità sono proto-oncogeni, rischiano cioè di trasformare la cellula in un tumore. Ecco perché altri ricercatori, come Redi, stanno percorrendo, nel tentativo di ottenere staminali da cellule adulte, un’altra strada: quella del citoplasto. «Il citoplasto— dice Redi—è una cellula priva di nucleo, quindi senza Dna. Noi abbiamo appena dimostrato che cellule adulte, messe a contatto con una pappetta di citoplasmi, si trasformano in embrionali, anche se in piccola percentuale ».

 La via italiana alla produzione di staminali non usa dunque geni della staminalità ma «fattori della staminalita », ancora tutti da identificare, ma che si trovano all’interno del citoplasma della cellula. «Se il problema di Daley sarà quello di ripulire la cellula dai retrovirus, il nostro problema sarà quello di isolare le staminali dalla pappetta di fibroblasti». Il lavoro italiano, appena pubblicato sulla rivista Cloning and stem cells, diretta da Ian Wilmut, il papà di Dolly, sarà presentato con una conferenza stampa il prossimo mese di gennaio. Se davvero si potranno ottenere staminali su misura per ogni individuo, si potrà pensare di utilizzarle per curare malattie da danni dei tessuti come l’infarto, il Parkinson o l’Alzheimer oppure di manipolarle geneticamente, per correggere difetti genetici che

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