Arturo Zanni
Quale è la prima industria farmaceutica in Italia? La domanda la pone spesso agli interlocutori che non lo conoscono e quasi mai Arturo Zanni, amministratore delegato e dg di Sanofi, ottiene la risposta giusta. Che, ovviamente, corrisponde al nome del gruppo francese diventato un caso nei mercati internazionali per le dimensioni (33 miliardi di fatturato con 110 mila dipendenti) e per strategie globali con il primo posto in Cina e la scelta indovinata di investire in una acquisizione decisiva come Genzyme, tra i protagonisti delle biotecnologie.
L’impatto di tutto questo sulla quotazione del titolo alla Borsa di Parigi, il migliore da due anni dell’indice Cac 40, giustifica l’ottimismo di Zanni anche per il mercato italiano, dove la Sanofi vanta la più importante struttura industriale del settore con sei stabilimenti e 1.400 addetti alla produzione, esportata per 1’80% in tutto il mondo, dalla Enterogermina prodotta negli impianti di Origgio, in provincia di Varese, al Maalox confezionato dal 2013 nei capannoni di Scoppito (Aquila), fino ai medicinali antimalarici che vengono preparati nel sito storico di Garessio, sulle montagne cuneesi, dove era partita la storia della Lepetit più di un secolo fa, azienda poi confluita nella Sanofi in una catena di acquisizioni che nel tempo hanno compreso la fusione con Aventis.
La multinazionale francese è molto presente nella cura del diabete, in oncologia (con sedi a Cambridge, nel Massachusetts, e a Vitry in Francia), nelle malattie cardiovascolari e del sistema nervoso, oltre a occuparsi di vaccini con Sanofi Pasteur, salute animale con la Merial, integratori alimentari, farmaci da automedicazione e i generici Zentiva (terza azienda del settore), che saranno sempre più sostenuti anche in Italia.
Ebbene, per il ceo della branch italiana, da poco più di un anno al vertice con pieni poteri (è subentrato a Daniel Lapeyre, rimasto presidente) nel quartiere generale di Milano con un esercito di 3.000 dipendenti in tutto, è venuto il momento di far conoscere la forza del gruppo a tutti i livelli dopo qualche polemica con i sindacati sulla riduzione dei ricercatori.