Puntuale come un orologio svizzero, il “metodo" delle aziende del farmaco arriva e cerca di colpire il bersaglio, strumentalizzando la crisi di altri settori industriali e denunciando presunti problemi attribuiti al contenimento dei costi con la minaccia di ulteriori perdite di posti di lavoro.
Infatti, alla mai esistita crisi sulla farmaceutica territoriale che è costata ben 15.000 licenziamenti, oggi le aziende ritornano all’attacco e, giustificandolo con presunti problemi sulla farmaceutica ospedaliera, dichiarano che altre migliaia di persone con le loro famiglie si troveranno ben presto senza lavoro.
Evidente tentativo ritorsivo nei confronti del governo di turno finalizzato solo ad incamerare profitti da aggiungersi a quelli, già sostanziosi, messi nel paniere.
La riduzione dello share of voice o per meglio dire dell’assalto alla postazione del medico di famiglia mediante la riduzione del numero di isf circolanti dedicati a questa figura, non ha comportato riduzioni delle prescrizioni, il che vorrebbe dire che forse saranno state trovate altre metodiche per incrementare le prescrizioni stesse. Tuttavia l’aumento delle prescrizioni non ha frenato i licenziamenti di massa, anzi ha spinto chi non lo aveva fatto a sbrigarsi a farlo perché il vento avrebbe potuto cambiare.
Come interpretare l’uscita recente del presidente di farmindustria? In un solo modo: altri isf saranno sacrificati, procedendo a licenziamenti collettivi già iniziati da tempo (a proposito, mi era sembrato di sentire l’eco di parole pronunciate da diversi Rsu che promettevano di non permettere mai licenziamenti ingiustificati o di sindacalisti territoriali particolarmente determinati nelle assemblee dei lavoratori ma ben "proni" e acquiescenti in modo alquanto sospetto nelle trattative con le aziende.
Faremo……., vedrete .. …., non permetteremo…….., l’azienda ha i soldi e glieli faremo tirare fuori…….
Quante promesse da marinai, tutte finalizzate all’effetto soporifero assembleare per far approvare con votazioni frettolose accordi apparsi già ampiamente concordati con le aziende.
Non è una lamentela, ma ascoltare con un copione ripetitivo riproposto in tutte le assemblee di tutte le aziende che hanno aperto procedure di mobilita, di CIGS o che hanno effettuato cessioni di ramo d’azienda che bisogna votare subito, senza adeguato approfondimento, adducendo l’imminente partenza del treno e infischiarsene di chi invece del treno stava perdendo il posto di lavoro, rende palese come vengono consumate le macellerie sociali avallando solo progetti industriali di licenziamenti di massa.
Che poi le Rsu che consentono ciò, fino al giorno prima sedevano allo stesso tavolo dei colleghi con cui condividevano ideali di