Sin dal 2000, le grandi aziende farmaceutiche agitano lo spauracchio della crisi. Crisi della ricerca per cui, sostengono, stanno via via esaurendo i fondi.
Due studiosi, previo un articolo sul British Medical Journal, hanno accusato invece le aziende farmaceutiche, le quali avrebbero creato in realtà il falso mito della crisi della ricerca per ottenere maggiori agevolazioni da parte degli stati di appartenenza.
La scarsità di fondi disponibili per la ricerca non è infatti frutto della crisi, ma di politiche aziendali ben precise, che investono nella ricerca in misura da 1 a 19 rispetto a quanto investono nelle campagne di marketing, la cui promozione può arrivare a rappresentare addirittura l’ 80% della spesa farmaceutica di una nazione.
Gli scienziati infatti spiegano che le aziende, in realtà, investono su progetti minori, ovvero su variazioni di farmaci già esistenti che, con ben sostenute campagne di marketing, recano più profitto alle aziende farmaceutiche ma che, di fatto, non offrono alcun tipo di soluzione clinica che non sia già esistente sul mercato.
Un bluff, questo, che viene abbondantemente finanziato dai diversi, singoli stati che però in cambio di pesanti spese farmaceutiche hanno in realtà ottenuto farmaci che sono, per l’85.90% dei casi, apportatori di pochissimi vantaggi e, per contro, apportatori di notevoli danni alla salute dei cittadini.
Le voci sono differenti e si levano da gruppi diversi ed indipendenti di scienziati, che hanno verificato che il numero di nuovi farmaci prodotti in un anno, dal 2000 ad oggi, va da 15 a 25 nuovi farmaci l’anno, che però di nuovo spesso ben poco.
Secondo gli esperti, la correzione di questo sistema deve essere politica: un freno alla continua approvazione di nuovi farmaci che hanno ben poco valore terapeutico potrebbe essere l’unica strada per far si che le aziende farmaceutiche investano davvero in ricerca e non soprattutto in campagne marketing.
Gli stati europei spendono miliardi in spesa sanitaria, miliardi che anziché essere convertiti in ricerca di nuove soluzioni terapeutiche vengono per l’80% convertiti in campagne di marketing di farmaci che di nuovo non hanno in realtà assolutamente nulla.
Morena Lolli
16 febbraio 2013 – SCIENZE-NATURALI