Riforma della normativa sulla sperimentazione clinica dei farmaci, revisione dei comitati etici, medicina di genere, ordini professionali e nuove professioni.
25 ottobre 2017 – Eco dai Palazzi
Sono solo alcuni dei punti contenuti nel ddl Lorenzin, approvato dalla Camera e che ora dovrà tornare al Senato per la sua terza lettura parlamentare. Il provvedimento, di origine governativa ma risalente al Governo Letta, è stato molto modificato in questo passaggio parlamentare. Tra le principali novità la riforma dei comitati etici, che dovranno essere massimo quaranta, con almeno un comitato per ciascuna regione tenendo conto però dell’avvenuta riorganizzazione dei comitati etici, come prevista dal dl 158 del 2012, e del numero di sperimentazioni valutate in qualità di centro coordinatore nel corso del 2016. Introdotto, inoltre, un articolo ad hoc per la diffusione della medicina di genere. Per aggirare l’enorme mole di emendamenti che in commissione Affari sociali chiedevano l’istituzione di nuove professioni sanitaria è stato introdotta una nuova procedura per il riconoscimento delle nuove professioni, a cui potranno accedere anche le associazioni professionali. Altra novità la stretta sull’esercizio abusivo della professione, con pene fino a 5 anni di carcere e 75mila euro di multa, non solo per le professioni sanitarie. Eliminato, infine, l’articolo sulle farmacie e le parafarmacie. Ecco, nel dettaglio, le misure previste dal ddl:
RIFORMA SPERIMENTAZIONE FARMACI Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento il Governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle norme in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo uno specifico riferimento alla medicina di genere e all’età pediatrica. Il dlgs di recepimento, tra le altre cose, dovrà individuare i requisiti dei centri autorizzati alla conduzione delle sperimentazioni cliniche dalla fase I alla fase IV, con particolare attenzione, nella fase IV, al coinvolgimento delle associazioni dei rappresentanti dei pazienti nella definizione dei protocolli di ricerca, soprattutto per le malattie rare. Previste procedure di accreditamento ad evidenza pubblica e di monitoraggio annuale dei requisiti posseduti. Inoltre dovranno essere individuate modalità per il sostegno all’attivazione e all’ottimizzazione di centri clinici dedicati agli studi clinici di fase I, sia su pazienti che su volontari sani, da condurre con un approccio metodologico di medicina di genere, prevedendo anche la definizione dei requisiti minimi per i medesimi centri. Dovrà essere garantita l’indipendenza della sperimentazione clinica e l’assenza di conflitti d’interesse. Inoltre dovrà essere prevista la semplificazione delle procedure per l’utilizzo a scopi di ricerca clinica di materiale biologico o clinico residuo da precedenti attività diagnostiche o terapeutiche o a qualunque altro titolo detenuto, “avendo ottenuto previamente il consenso informato del paziente sull’uso del materiale biologico che lo riguarda direttamente“.
Inoltre il Governo dovrà riscrivere le procedure di valutazione e di autorizzazione di una sperimentazione clinica, garantendo il coinvolgimento delle associazioni di pazienti, soprattutto nel caso delle malattie rare, attraverso: individuazione del ruolo del direttore generale o responsabile legale della struttura sanitaria in cui si intende eseguire la sperimentazione clinica; individuazione dei compiti e delle finalità dei comitati etici territoriali; garanzia che gli incaricati alla validazione e valutazione della domanda siano privi di conflitti di interesse; costituzione di un elenco nazionale degli incaricati alla validazione e valutazione; definizione dei contenuti minimi che devono presentare i contratti per le sperimentazioni cliniche; previsione, con riferimento ai contratti per le sperimentazioni, di meccanismi di compensazione o di partecipazione agli eventuali utili derivanti dalla commercializzazione dei risultati delle ricerche o delle sperimentazioni effettuate in centri pubblici di ricerca, attraverso l’individuazione di apposite percentuali e delle modalità di assegnazione delle stesse, da riconoscersi per la parte prevalente ai medesimi centri di ricerca e per la restante parte ai fondi per la ricerca gestiti dal ministero della Salute, laddove non sia prevista, nei predetti contratti, una diversa modalità di remunerazione o di compensazione; definizione delle procedure per la verifica dell’indipendenza dello sperimentatore.
Tra le altre cose viene prevista l’applicazione dei sistemi informativi di supporto alle sperimentazioni cliniche e la riformulazione dell’apparato sanzionatorio. In questo quadro saranno confermate le sanzioni già previste e sarà prevista la destinazione degli introiti a progetti di ricerca sanitaria presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni. Ok anche anche alla sospensione dell’attività dei comitati etici che non rispettano la normativa, compresa quella sulla trasparenza e l’assenza di conflitti d’interesse. Prevista anche la revisione della normativa relativa agli studi clinici senza scopo di lucro e agli studi osservazionali con lo scopo di “migliorare la pratica clinica e di acquisire informazioni rilevanti a seguito dell’immissione in commercio dei medicinali“. Infine una norma del futuro dlgs dovrà fare in modo che le aziende farmaceutiche debbano rimborsare le spese dirette e indirette per le sperimentazioni effettuate dalle associazioni di ricerca no profit come, per esempio, Telethon.
ARRIVA RIFORMA COMITATI ETICI Via libera alla riforma dei comitati etici: massimo quaranta, con almeno un comitato per ciascuna regione tenendo conto però dellavvenuta riorganizzazione dei comitati etici, come prevista dal dl 158 del 2012, e del numero di sperimentazioni valutate in qualità di centro coordinatore nel corso del 2016. Inoltre dovranno essere individuati “i comitati etici a valenza nazionale nel numero massimo di tre, di cui uno dedicato alla sperimentazione in ambito pediatrico”. Il centro di coordinamento nazionale, presso l’Aifa, avrà funzioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio ma potrà anche proporre la soppressione dei comitati etici territoriali per una inerzia o per mancato rispetto del regolamento Ue sulle sperimentazioni. Il Centro di coordinamento interverrà, su richiesta dei singoli comitati etici territoriali, con funzioni di supporto e di consulenza, anche in materia di valutazione delle sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano per gli aspetti elencato nel paragrafo 1 dell’articolo 7 del regolamento Ue 536/2014 sulla sperimentazione clinica dei farmaci.
Il Centro di coordinamento individuerà anche il contenuto minimo del contratto stipulato con il centro clinico coinvolto nella sperimentazione. Sarà composto da un minimo di quindici componenti, di cui due rappresentanti indicati dalla Conferenza delle regioni e almeno due rappresentanti indicati dalle associazioni di pazienti più rappresentative a livello nazionale. “I componenti del Centro di coordinamento non devono trovarsi in situazioni di conflitto di interesse – si legge – devono essere indipendenti dal promotore, dal sito di sperimentazione clinica e dagli sperimentatori coinvolti, nonché dai finanziatori della sperimentazione clinica. Con autocertificazione periodica annuale, sono tenuti a confermare di essere esenti da qualsiasi indebito condizionamento e non devono avere interessi finanziari o personali potenzialmente in grado di inficiare l’imparzialità della sperimentazione“.
Un decreto del ministro della Salute individuerà “una tariffa unica a carico del promotore della sperimentazione, da applicare in modo uniforme sull’intero territorio nazionale alla presentazione della domanda di autorizzazione alla sperimentazione o di modifica sostanziale di una sperimentazione clinica“. I comitati etici territorialisaranno invece competenti per la valutazione delle sperimentazioni cliniche sui dispositivi medici e sui medicinali per uso umano di fase I, II, III e IV, per gli aspetti compresi nella parte II elencati all’articolo 7 del regolamento Ue del 2014 sulle sperimentazioni.
PIANO DIFFUSIONE MEDICINA GENERE Via libera al piano per la diffusione della medicina di genere attraverso “divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie inerenti la ricerca, la prevenzione, la diagnosi e la cura basate sulle differenze derivanti dal sesso e dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) in modo omogeneo sul territorio nazionale“. Prevista una delega al ministero della Salute che dovrà prevedere: orientamento, a livello nazionale, attento alle differenze di sesso e di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura, prevedendo un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane, al fine di garantire l’appropriatezza delle cure; promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di sesso e di genere; promozione e sostegno dell’insegnamento della medicina di genere garantendo adeguati livelli di formazione e di aggiornamento del personale medico e sanitario; promozione e sostegno dell’informazione pubblica sulla salute e sulla gestione delle malattie in un’ottica di differenza di sesso e di genere. Previsto anche un Piano formativo nazionale per la medicina di genere per “garantire la conoscenza e l’applicazione dell’orientamento alle differenze sessuali e di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura. Tali corsi – si legge – sono attivati in tutte le classi dei corsi di laurea delle professioni sanitarie e sono recepiti nei piani formativi delle aziende sanitarie con requisiti per l’accreditamento nell’educazione continua in medicina“;
RIFORMA ORDINI PROFESSIONALI Prevista la revisione degli ordini delle professioni sanitarie, degli albi nazionali e delle federazioni nazionali. In particolare, la nuova disciplina prevede l’adeguando della normativa di riferimento agli ordini vigilati dal ministero della Salute con riferimento al loro funzionamento interno e mutando la denominazione di collegio in ordine. Quindi sono state riviste funzioni e modalità di elezione degli organi che, tra le altre cose, dovranno favorire l’equilibrio di genere e il ricambio generazionale;
ARRIVA PROCEDURA STANDARD PER NUOVE PROFESSIONI Arriva una procedura standard per l’individuazione di nuovi profili professionali. I nuovi profili professionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute e il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, dovranno essere riconosciuti in sede di recepimento di direttive comunitarie o per iniziativa dello Stato o delle Regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali. L’individuazione potrà avvenire anche su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento che, a tal fine, dovranno inviare istanza motivata al ministero della Salute, il quale, entro i successivi sei mesi, dovrà pronunciarsi. L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legge 43/2006 e previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni. L’ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie sarà definito con decreto del ministro dell’Istruzione, di concerto con il ministro della Salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità;
AREA PROFESSIONI SOCIOSANITARIE Viene istituita l’area delle professioni sociosanitarie, nel quale sono ricompresi i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario e le professioni di assistente sociale, di sociologo e di educatore professionale;
ARRIVANO PROFESSIONI OSTEOPATA E CHIROPRATICO Vengono ricomprese nell’ambito delle professioni sanitarie le professioni dell’osteopata e del chiropratico, che dovranno seguire la nuova procedura introdotta dal ddl. Dentro anche le professioni di biologo e di psicologo. Inoltre viene istituito, presso l’ordine degli ingegneri, l’elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici. Il Consiglio nazionale dei chimici viene trasformato nella Federazione nazionale degli ordini dei chimici e dei fisici;
STRETTA SU ESERCIZIO ABUSIVO: FINO A 5 ANNI CARCERE Arriva la stretta sull’esercizio abusivo della professione, con un inasprimento delle pene che possono arrivare anche a 5 anni di carcere e 75mila euro di multa. L’intero articolo 348 del codice penale sull’esercizio abusivo della professione viene sostituito. L’inasprimento dunque riguarda tutte le professioni, non solo quelle sanitarie. La nuova norma porta la pena detentiva a 6 mesi-3 anni (oggi è fino a 6 mesi) e la multa a 10mila-50mila euro (anziché da 103 a 516 euro). Previsto anche un aumento di pena, minimo 1 anno massimo 5 anni, e una multa da 15mila a 75mila euro, se un professionista induce un’altra persona a commettere il reato. Prevista, in caso di condanna, la pubblicazione della sentenza la confisca dei beni che sono stati destinati a commettere il reato. Il condannato che eserciterà un’altra professione (oltre a quella esercitata abusivamente) sarà infine interdetto da 1 a 3 anni.
Contro il ddl Lorenzin si era espressa, in modo critico, la FNOMCeO.
Superate, almeno per il momento, le polemiche sull’articolo 4 del testo della Legge Lorenzin, quello riguardante la riforma degli ordini professionali. Nel dettaglio ai già esistenti ordini di medici e chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti, sono stati introdotti quelli per:
- biologi;
- professioni infermieristiche;
- ostetrica;
- tecnici sanitari di radiologia medica;
- professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
Per mettere fine alle polemiche mosse da medici e infermieri in merito alla nascita di nuovi ordini, nella giornata di ieri è stato approvato un nuovo emendamento – presentato dall’Onorevole Carnevali del Partito Democratico – il quale stabilisce che qualora gli iscritti ad un albo siano superiori a 50mila unità, è possibile chiedere al Ministero della Salute il riconoscimento di un nuovo ordine professionale che assumerà il nome della professione svolta.
“Questa è una norma che favorisce i fisioterapisti”, ha commentato l’onorevole Massimo Baroni del Movimento 5 Stelle, “d’altronde la stessa Carnevali è una rappresentante di quella categoria”.
Polemiche a parte il Ddl Lorenzin è pronto per essere discusso al Senato; sta per avere un buon fine quindi la battaglia degli Operatori Socio Sanitari che con la nascita dell’Area delle professioni socio sanitarie saranno finalmente riconosciuti.
- articolo 4: uno dei punti centrali della legge, perché è qui che si opera la riforma delle professioni sanitarie. Viene introdotta la possibilità di istituire nuovi Ordini professionali – definiti come “enti pubblici non economici” – per gli albi con numero di iscritti superiore a 50mila. Ordini che verranno costituiti a livello territoriale;
- articolo 5: introduce l’area delle professioni socio sanitarie, con il riconoscimento come personale sanitario – e non più tecnico – per OSS, assistenti sociali, sociologi ed educatori;
- articolo 6: stabilisce con chiarezza quali sono le procedure per la nascita di nuove professioni sanitarie. Nel dettaglio ci può essere riconoscimento in seguito al recepimento di una direttiva comunitaria, oppure su proposta delle associazioni professionali che le rappresentano. Sarà il Ministero della Salute, una volta valutata la loro istanza, a decidere se accogliere la richiesta di riconoscimento. Una volta istituita una nuova professione bisognerà stabilire il titolo professionale, il campo d’impiego e i criteri di valutazione dell’esperienza professionale.
- articolo 7: riconoscimento delle professioni dell’osteopata e del chiropratico. Sarà un accordo stipulato nella Conferenza Stato-Regioni – da sottoscrivere entro il termine di tre mesi – a stabilire gli ambiti di attività e le funzioni di queste due professioni. Il Ministero dell’Istruzione, entro sei mesi, dovrà invece definire in maniera chiara il percorso universitario necessario per accedere alle due professioni;
Al comma 9, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
d) nel caso in cui il numero degli iscritti a un albo sia superiore a cinquantamila unità, il rappresentante legale dell’albo può richiedere al Ministero della salute l’istituzione di un nuovo Ordine che assuma la denominazione corrispondente alla professione sanitaria svolta; la costituzione del nuovo Ordine avviene secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro della salute emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
ART. 5.
(Istituzione dell’area delle professioni sociosanitarie).
- Al fine di rafforzare la tutela della salute, intesa come stato di benessere fisico, psichico e sociale, in applicazione dell’articolo 6 dell’intesa sancita il 10 luglio 2014, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, è istituita l’area delle professioni sociosanitarie, secondo quanto previsto dall’articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
- In attuazione delle disposizioni del comma 1, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sono individuati nuovi profili professionali sociosanitari. L’individuazione di tali profili, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Patto per la salute e nei Piani sanitari e sociosanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.
- Gli accordi di cui al comma 2 individuano l’ambito di attività dei profili professionali sociosanitari definendone le funzioni caratterizzanti ed evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.
- Con successivo accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti ai fini dell’esercizio dei profili professionali di cui ai commi precedenti. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, sentite le competenti Commissioni parlamentari e acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l’ordinamento didattico della formazione dei profili professionali sociosanitari.
- Sono compresi nell’area professionale di cui al presente articolo i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Resta fermo che i predetti profili professionali afferiscono ai rispettivi Ordini di appartenenza, ove previsti.
ART. 6.
(Modifica dell’articolo 5 della legge 1o febbraio 2006, n. 43) 1. L’articolo 5 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, è sostituito dal seguente:
«ART. 5. – (Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie). –
- L’individuazione di nuove professioni sanitarie da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. A tal fine, le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura di cui al comma 2
- L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
- Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale, l’ambito di attività di ciascuna professione, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l’ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie individuate ai sensi del presente articolo.
- La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse»
Atti Parlamentari – documenti approvati nella seduta
Nota di chiarimento del 23 ottobre 2017
- Istanza per l’iscrizione all’Elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico – scientifiche delle professioni sanitarie (pdf. 2Mb)
- Iscrizione nell’elenco di società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie
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