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Scotti, una cosa certa nel dibattito sulla riforma della medicina di famiglia: non siamo degli impiegati
«Penso che alla base di tutto vi sia, da parte di alcune Regioni, una tensione legata alla necessità di realizzare gli obiettivi del Pnrr ovvero la gestione delle Case di comunità, progetto che questo governo ha ereditato da scelte precedenti ma rispetto al quale siamo ormai impegnati con l”Europa.
La mia impressione è che il governo, con questa riforma, stia cercando di capire come dare una soluzione alle Regioni. Ma così facendo riduce ulteriormente l’attrattività verso questa professione». Lo dice Silvestro Scotti in un”intervista a Quotidiano nazionale.
Pensa che questa riforma, alla fine, si farà? «Si sta scrivendo tutto e il contrario di tutto, addirittura che ci sia un documento firmato dal ministro della Salute. Io ho avuto modo di parlare con il ministro, il quale sentendo parlare di ”riforma Schillaci” mi è sembrato anche abbastanza irritato.
Come Fimmg non possiamo accettare una soluzione disruptive, come quella che viene oggi portata alla discussione pubblica, senza affrontare prima tutta una serie di temi pratici. Una soluzione proposta senza aver coinvolto i professionisti».
Dopo la firma dell”accordo, un anno fa, perché le Case di comunità non stanno partendo? «Perché l”accordo è fermo alla programmazione delle Regioni che devono fare la mappatura degli ambiti territoriali carenti: non l’hanno fatta per dieci mesi e non la stanno facendo.
E mentre noi aspettiamo questa programmazione, mentre aspettiamo questa riforma, i medici che vanno in pensione come saranno sostituiti?». Quali effetti avrebbe il passaggio dei medici di famiglia a un rapporto di dipendenza? «Il primo è la fine del rapporto fiduciario con il paziente.
La gente pensa che i medici di famiglia lavorino tre ore, sfido a venire nel mio studio per capire quando inizia e quando finisce una giornata. Come dipendente come organizzo l”assistenza domiciliare? Come faccio a garantire una reperibilità telefonica? Io rispondo sempre al telefono, anni fa una mia paziente mi ha inviato un referto di un esame mentre ero in vacanza ad agosto: l”ho aperto e ho visto che aveva 7 di emoglobina e sono subito intervenuto. Il vero investimento che oggi serve è quello sulla prevenzione primaria e secondaria e sugli stili di vita.
Su questo riesce ad agire un medico che è inserito nella comunità, conosciuto dal paziente». Un medico impiegato avrebbe un rapporto impersonale con i pazienti? «Sì, perché sostanzialmente la dipendenza creerà turni orari con un medico a richiesta che amplificherà ulteriormente il meccanismo consumistico che già oggi, purtroppo, sta mandando in burnout la medicina generale. Il tema è poter avere la ricetta a qualunque ora, poter avere una risposta, rispetto a un soggetto che non è acuto e in emergenza, a qualunque ora».
L”attività dei medici di medicina generale verrà ridotta a una sorta di call center? «Vogliono un ”medico squillo” e andando in questa direzione lo avranno. Sarò l”ultimo dei romantici, ma io come medico voglio continuare ad avere una capacità di decisione che mi consente di agire in maniera corretta sul piano dell”appropriatezza clinica grazie alla mia conoscenza del paziente».
Fonte QN
Il punto di vista dello SNAMI
Rilanciare la medicina generale: se non ora quando?
Roma, 14 febbraio 2025 – Lo SNAMI propone una riforma per rafforzare la medicina generale e garantire un’assistenza capillare, senza penalizzare i territori più fragili.
“La figura del medico di famiglia deve restare un riferimento stabile per i cittadini, con un ruolo chiaro e riconosciuto,” dichiara il presidente Angelo Testa. “Non possiamo permettere che la riorganizzazione del sistema sanitario determini una dispersione delle risorse e un indebolimento dell’assistenza di prossimità.”
Lo SNAMI suggerisce l’introduzione di un nuovo contratto orario all’interno delle Case di Comunità, riprendendo alcune caratteristiche della specialistica ambulatoriale, per assicurare una presenza regolamentata e sostenibile.
Da anni, il sindacato propone inoltre l’istituzione della specializzazione universitaria in Medicina Generale, superando l’attuale corso di formazione specifica. Questo percorso dovrà prevedere una formazione professionalizzante che integri l’esperienza ospedaliera e territoriale, con una retribuzione adeguata e chiari sbocchi di carriera. Una misura indispensabile per garantire un ricambio generazionale efficace e rendere più attrattiva la professione.
“La nostra proposta è concreta, sostenibile e orientata alla qualità dell’assistenza,” conclude Testa. “Serve una riforma che rafforzi il ruolo del medico di famiglia e assicuri ai cittadini un servizio efficiente e accessibile, senza soluzioni che penalizzino il territorio. Il futuro della medicina generale dipende da scelte coraggiose e lungimiranti, che auspichiamo vengano accolte dalle istituzioni.”
Comunicato SNAMI – 14 febbraio 2025
RIPENSARE LA MEDICINA GENERALE CON NUOVE REGOLE, BASTA DIBATTITI IDEOLOGICI
Roma, 12 febbraio 2025 – “La medicina generale deve ripensare sé stessa. Non è la natura del rapporto di lavoro il vero problema, ma la necessità di un sistema più flessibile, capace di rispondere alle esigenze dei medici e dei cittadini” – dichiara Angelo Testa, Presidente SNAMI.
Il sindacato propone un nuovo modello organizzativo, ispirato a quello degli specialisti ambulatoriali, che garantisca maggiore libertà di scelta e un’organizzazione più efficiente. Chi opera con un rapporto esclusivamente orario deve poter accedere a un contratto di convenzione oraria o di dipendenza, senza imporre schemi rigidi e penalizzanti, che permetta il passaggio dall’una all’altra forma contrattuale senza penalizzazioni.
Il sistema attuale non offre ancora adeguate tutele, soprattutto per la maternità e la conciliazione tra vita lavorativa e familiare. È necessario intervenire con misure concrete per garantire pari opportunità e riconoscere il ruolo delle donne nella professione.
Parallelamente, è indispensabile riformare il percorso formativo: la medicina generale non può continuare ad essere senza una Scuola di Specializzazione, relegata a un corso gestito dagli Ordini senza un curriculum nazionale unificato.
Sul fronte del dibattito politico, SNAMI evidenzia come troppo spesso gli interventi sulla medicina generale siano caratterizzati da un’approssimazione preoccupante. “Si leggono dichiarazioni di chi dimostra una scarsa conoscenza della materia, con affermazioni prive di cognizione di causa che rischiano di compromettere il futuro del sistema” – prosegue Testa.
La politica non può essere autoreferenziale, deve aprirsi a un confronto serio e costruttivo tra i sindacati e la parte pubblica. Non servono posizioni difensiviste o semplificazioni, ma un dibattito che miri realmente a migliorare l’assistenza sanitaria, senza pregiudizi ideologici.
Bisogna altresì sfatare il mito della medicina generale come unico filtro per il Pronto Soccorso. Il vero problema non è l’accesso autonomo dei cittadini ai reparti di emergenza, ma la mancanza di strutture intermedie, le liste d’attesa interminabili e la carenza di personale medico nei Pronto Soccorso. Fino a quando questi problemi strutturali non verranno affrontati, non si potrà risolvere il sovraffollamento ospedaliero scaricandone la responsabilità sui medici di famiglia.
La realtà è che la medicina generale italiana, nonostante le difficoltà, continua a garantire una qualità assistenziale elevata. I dati OCSE lo confermano: i tassi di ricovero evitabile per patologie croniche come diabete, asma, BPCO e insufficienza cardiaca in Italia sono tra i più bassi al mondo, grazie a un’efficace gestione territoriale dei pazienti. Questo dimostra che il modello attuale, se riformato in modo intelligente, rappresenta un valore da preservare e potenziare, non da smantellare.
“La medicina generale deve essere ripensata con regole nuove, una formazione adeguata e un’organizzazione che valorizzi il lavoro dei medici di famiglia. Non possiamo permettere che il futuro della professione venga deciso da chi parla senza conoscere la realtà dei fatti. Serve una riforma strutturale, non slogan o semplificazioni” – conclude Testa.
Comunicato SNAMI – 12 febbraio 2025
Nota:
Il corso di formazione specifica in medicina generale è triennale e prevede la frequenza obbligatoria. Si accede tramite concorso pubblico, e possono partecipare i laureati in medicina e chirurgia già abilitati all’esercizio della professione, cittadini italiani o dell’Unione Europea, iscritti all’Ordine dei medici.
Il corso consente di conseguire il diploma necessario per l’iscrizione nelle graduatorie regionali di medicina generale e di esercitare l’attività di medico chirurgo in medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario regionale.
L’attività didattica teorica si svolgerà presso le sedi di assegnazione dei corsisti e presso le sedi di svolgimento delle attività di autoformazione. Il tirocinio presso il Medico di Medicina Generale previsto all’interno del corso è suddiviso in due semestri formativi.
La frequenza obbligatoria al corso di formazione specifica in medicina generale comporta un impegno a tempo pieno, per un totale nel triennio di almeno 4.800 ore, di cui 1/3 per attività didattica di tipo seminariale e 2/3 per attività formativa di natura pratica, secondo l’articolazione prevista dall’art. 26 del D. Lgs. n.368/99 e successive modifiche e integrazioni.
Il titolo è rilasciato dall’Ordine dei Medici Chirurghi provinciale, dalle Regioni e dal Ministero della Salute. Uniche attività compatibili col corso sono le sostituzioni di guardia medica, ordinaria e turistica, nelle zone carenti e di sostituzione di Medici di Medicina Generale.