Nuove assunzioni in Italia: 710 mila opportunità di lavoro con il Recovery plan
Il Recovery plan sarà in grado di generare 710 mila posti di lavoro, ma quanti di questi sono destinati a donne e giovani? Nel documento è stata aggiunta all’ultimo una nota contro le disuguaglianze e i divari regionali.
710 mila nuove assunzioni: questa è la proposta del Recovery plan. Numeri che fanno pensare a un vero e proprio cambio di rotta per la situazione dell’occupazione in Italia, ai minimi storici causa Covid.
Il Recovery plan sarà però d’aiuto per colmare il divario con il picco di occupatiche era stato segnato dal nostro Paese nel giugno del 2019 (esattamente 23 milioni e 850 mila). Ma solo tra quattro anni e dopo una “spinta” da 191 miliardi di euro.
Un dato che, secondo le proposte del Recovery plan, può essere completamente recuperato entro il 2026. Sono solo stime, ma per una volta sono positive.
Recovery plan: 710 mila posti di lavoro, più attenzione a giovani e donne
Quando il Premier Mario Draghi si insediò al Governo, il suo discorso si concentrò principalmente su giovani e parità di genere. Ora ci si domanda quanti dei 710 mila posti di lavoro saranno dedicati veramente a queste due categorie.
Un passo nella giusta direzione è stato fatto proprio all’ultimo, con l’inserimento nel documento di una “spinta”:
Il governo monitorerà attentamente gli impatti delle misure per l’occupazione femminile, giovanile e nel Mezzogiorno.
Un’aggiunta sollecitata dal neosegretario del Partito Democratico, Enrico Letta, dopo averla annunciata nei giorni scorsi.
Si tratta di una clausola di condizionalità trasversale, come scrive anche Simona Malpezzi (PD), che nei prossimi anni potrebbe trasformare il mercato del lavoro e ridurre disuguaglianze e divari regionali, di sesso ed età.
L’Italia, quindi, prova ad accelerare lato occupazioni. Ricordiamo, infatti, che il nostro Paese è “fanalino di coda” per quanto riguarda l’occupazione di giovani e donne; siamo poi al top delle classifiche UE per quanto riguarda il numero di Neet, ossia per quei giovani che non studiano, non si formano e non lavorano.
Il Recovery farà avanzare il Pil, da qui all’ultimo anno previsto per il completamento dei progetti (2026), di +3,6 punti.
Nel dettaglio la previsione di crescita degli occupati tra i giovani è di +3,3% e +3,7% per le donne. Numeri più alti al Sud: per i giovani l’aumento di unità sarà del +4,9% e per le donne si parla di +5,5%.
Non stiamo parlando di un “miracolo”: infatti “non ci sarà uno scatto del +3% nel giro di un anno”, avvisa l’economista Fedele De Novellis. L’aumento dei posti di lavoro annunciato va tradotto in un +0,6% annuo che solo alla fine dei sei anni rispecchierà le dichiarazioni attuali.
Recovery plan: un piano per le imprese
Le promesse sull’aumento dei posti di lavoro per donne e giovani, in particolare al Sud, sono legate alle condizioni per le imprese.
Saranno agevolate le imprese che parteciperanno ai progetti finanziati dai fondi UE e che assumeranno tramite contratti di formazione e specializzazione donne e giovani.
Ma non solo, anche nei bandi di gara saranno indicati criteri orientati verso gli obiettivi di parità (genere, regionale e di età).
Sarà abbastanza? Se lo domanda Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio nazionale dei giovani, che plaude alla novità inserita nel Recovery plan, ma mette in dubbio la centralità data ai giovani da questo Governo.
“Torniamo a proporre anche al Governo Draghi di inserire già nel Recovery una quota esplicita del 30% riservata all’occupazione giovanile”, chiede al Premier.
Il 30% equivale a 29 miliardi (su 191 totali) da destinare ai giovani, in un programma creato per le prossime generazioni, da cui prende il nome “Next Generation Eu” e del quale bisogna sottolineare l’obiettivo.
Il Recovery plan rappresenta quindi una grande scommessa per l’Italia; solo se le risorse verranno spese bene e non ci saranno dispersioni, infatti, avremo 710 mila occupati in più entro il 2026. E l’obiettivo potrà dirsi raggiunto solo se, oltre all’incremento del tasso di occupazione, si riuscirà davvero a ridurre le le disparità che penalizzano le donne e i giovani sul mercato del lavoro.
__________________________________
NOTA CGIL CISL UIL SUL PIANO NAZIONALE RILANCIO E RESILIENZA
Cgil, Cisl, Uil valutano l’importanza strategica del Piano di Ripresa e Resilienza quale strumento fondamentale per la ripresa del Paese, per aumentare l’occupazione in particolare giovanile e femminile e per ridurre i divari territoriali (Nord-Sud, aree urbane e aree interne e centro periferie). Infatti attraverso gli investimenti e le riforme inciderà profondamente sui processi economici e sociali e, anche sulla scorta delle indicazioni europee, si misurerà con le trasformazioni della digitalizzazione e della riconversione green.
Per queste ragioni Cgil, Cisl, Uil considerano inadeguato il confronto finora avuto con il Governo in ordine alla definizione delle priorità strategiche, degli obiettivi e delle risorse del Piano stesso.
In primo luogo si segnala che nel PNRR è stato predisposto uno schema di governance inter- istituzionale, a più livelli. In questo modello il ruolo delle Organizzazioni Sindacali non è esplicitato adeguatamente, né sono definiti e garantiti livelli di negoziazione, di confronto preventivo e di monitoraggio né sugli investimenti né sulle riforme.
Cgil, Cisl e Uil chiedono che le sei missioni, le sedici componenti e le tre azioni trasversali, diventino oggetto costante di confronto preventivo e di monitoraggio della “Governance partecipata” con il coinvolgimento sostanziale e non formale del Sindacato Confederale. Coinvolgimento che, con riferimento all’efficacia delle tappe in successione del cronoprogramma, al rispetto degli obiettivi generali e intermedi attesi con riferimento all’impatto economico,occupazionale e sociale, deve avvenire ad ogni livello attraverso approfondimenti strutturati e programmati sulle singole questioni, ben oltre la mera informativa. Ciò sia per una puntuale comprensione degli aspetti di dettaglio, che al fine di valutarne la concretezza e l’impatto economico e occupazionale.
Inoltre molte delle numerose riforme – abilitanti, settoriali e orizzontali – avranno un impatto diretto sul lavoro, sulla sua organizzazione, tutela e creazione e inevitabilmente anche sulla contrattazione. Per questo riteniamo che non si possa prescindere dall’indicazione, chiara ed esplicita, che su tali temi venga garantito preventivamente un confronto rafforzato e, se del caso, una negoziazione con le Organizzazioni Sindacali secondo uno schema che preveda ed istituzionalizzi la partecipazione alle scelte che hanno ricadute dirette ed indirette sul lavoro. Ciò vale soprattutto per le Riforme che riguardano i temi del lavoro e dell’occupazione, della pubblica amministrazione, della semplificazione, della concorrenza, delle politiche industriali e delle infrastrutture, dell’istruzione e formazione, della giustizia, del fisco, delle pensioni, della sanità e delle politiche sociali, anche attraverso la definizione dei LEP.
È importante che nel Piano di Ripresa e Resilienza la riforma fiscale sia complessiva e ispirata al principio della progressività e del contrasto alle disuguaglianze. Inoltre occorre prevedere una più ampia base imponibile della nuova imposta personale e contemplare la diminuzione del carico fiscale anche sulle pensioni. È indispensabile integrare e rafforzare le misure finalizzate al contrasto dell’evasione e dell’elusione, fissando obiettivi di recupero.
Per garantire efficacia e realizzazione delle riforme e dei progetti, riscontriamo la necessità che sia maggiormente qualificato e reso esplicito il legame e l’impegno con le risorse in termini di spesa corrente e di investimenti per aumentare l’occupazione a partire dal lavoro pubblico, rafforzando inoltre il governo pubblico sulle filiere e sulla specializzazione produttiva del Paese. Riteniamo utile garantire una forte sinergia con le risorse della coesione nazionale ed europea 2021-2027.
In questo senso sottolineano come il medesimo approccio di confronto, di partecipazione e di coerenza con i pilastri della strategia europea (coesione sociale, green e digitale), debba essere seguito anche per i progetti contenuti nel Fondo Nazionale complementare e per i fondi compresi nel programma Next generation EU.
Cgil, Cisl e Uil ritengono di prioritaria importanza, la regia e la cadenza temporale degli interventi. Si tratta di aspetti di particolare delicatezza dal momento che si è in presenza di un piano a scavalco di almeno due legislature con rilevanza intergenerazionale per dimensioni quantitative, straordinarietà d’impatto, dispiegamento temporale e che crea un ulteriore consistente stock di debito che erediteranno le generazioni future. Questa caratteristica lo eleva al di sopra delle parti e impone, anche per ragioni etiche, la scelta del metodo partecipativo, che sostanzi la più ampia assunzione di responsabilità e la più rigorosa continuità e finalizzazione.
Cgil, Cisl e Uil sostengono, altresì, la necessità che tutti gli interventi, anche di sostegno alle imprese, debbano prevedere alcune condizionalità per noi prioritarie, e segnatamente:
- la realizzazione di incrementi occupazionali, in particolare per giovani e donne;
- il riequilibrio delle diseguaglianze sociali e territoriali a partire dal Mezzogiorno;
- l’applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle OO.SS. maggiormente rappresentative a livello nazionale;
- le garanzie di trasparenza e legalità e di contrasto al lavoro nero e alla logica del massimo ribasso negli appalti;
- la realizzazione di investimenti sui temi della salute e sicurezza;
- la qualità della spesa.
Infine riteniamo importante richiamare i principi di fondo della UE, soprattutto in merito al fatto che la trasmissione dei Piani deve avvenire a seguito dell’esame degli stessi con le Parti Sociali, aspetto che motiva le ragioni del Sindacato Confederale a dare la piena disponibilità ad essere interlocutore attivo e propositivo del Governo nell’attuazione di strategie di eccezionale importanza per la ripresa, la crescita e lo sviluppo del nostro Paese.
Per questo, considerata la delicatezza del momento, Cgil, Cisl e Uil ritengono che non può realizzarsi un cambiamento della portata del PNRR, prescindendo dalla concertazione, confronto e negoziazione assunti come metodo stabile e formalizzato con le Parti Sociali in tutte le sue fasi, comprensive della progettazione, della realizzazione e del monitoraggio degli esiti del Piano tempo per tempo.
Roma, 26 aprile 2021
CGIL Nazionale
00198 ROMA Corso d’Italia, 25 Telefono +39 0684761
CISL Nazionale
00198 ROMA Via Po, 21 Telefono +39 0684731
UIL Nazionale
00187 ROMA
Via Lucullo, 6 Telefono +39 0647531
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
Nota Medicina di Famiglia
La riforma della medicina di famiglia è al centro della missione Salute, una delle sei del Recovery Plan o Pnrr, che originariamente era finanziata per 20 miliardi e ora lo è per soli 15. Di quelle risorse, poco meno di metà andrebbe alle case di comunità, dove sarà destinata gran parte dei medici di famiglia secondo alcune controverse letture, nonché all’assistenza domiciliare ed allo sviluppo di luoghi di cura intermedi come gli ospedali di comunità; la parte restante andrebbe a ristrutturare gli ospedali, acquisire nuovi strumenti, digitalizzare il fascicolo sanitario e i flussi di dati sanitari, valorizzare la ricerca biomedica e creare un “ecosistema innovativo della salute”. Il Piano prevede un regolamento preliminare e un action plan entro il 2022, quindi entro il 2026 una Casa della comunitaÌ ogni 24.500 abitanti, 2.564 nuove Case in tutto per prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi- patologici in modo omogeneo sul territorio nazionale grazie ad équipe multiprofessionali e interdisciplinari che seguono percorsi integrati. C’è dubbio se scomparirà il medico di famiglia “single” in autonoma organizzazione a vantaggio di un “Ufficio del medico di medicina generale”, come si va dicendo, o di figure dipendenti di tipo ospedaliero che ruotano tra loro H24 nella casa di comunità
Il Piano, a ogni modo, si organizza lungo sei missioni:
– “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura“, che stanzia complessivamente 49,2 miliardi – di cui 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,5 miliardi dal Fondo;
– “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica“: 68,6 miliardi – di cui 59,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo;
– “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile“: 31,4 miliardi – di cui 25,1 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 6,3 miliardi dal Fondo;
– “Istruzione e Ricerca“: 31,9 miliardi di euro – di cui 30,9 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 1 miliardo dal Fondo;
– “Inclusione e Coesione“: 22,4 miliardi – di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,6 miliardi dal Fondo;
– “Salute“: 18,5 miliardi, di cui 15,6 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 miliardi dal Fondo. A questo, va aggiunto poi 1,7 miliardi di fondi React-EU, per un totale degli investimenti per la sanità di 20,22 miliardi.
Il suo obiettivo è rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.
Il Piano investe nell’assistenza di prossimità diffusa sul territorio e attiva 1.288 Case di comunità e 381 Ospedali di comunità.
Si potenzia l’assistenza domiciliare per raggiungere il 10 per cento della popolazione con più di 65 anni, la telemedicina e l’assistenza remota, con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali.
Il Governo investe nell’aggiornamento del parco tecnologico e delle attrezzatture per diagnosi e cura, con l’acquisto di 3.133 nuove grandi attrezzature, e nelle infrastrutture ospedaliere, ad esempio con interventi di adeguamento antisismico.
Il Piano rafforza l’infrastruttura tecnologica per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati, inclusa la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico. (Governo)