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Ricettopoli, venti rinviati a giudizio tra medici e farmacisti

ROMAGNA – Dopo aver spillato soldi per anni al Servizio sanitario nazionale, ora Italfarmaco, la casa farmaceutica finita al centro dell’inchiesta chiamata “Ricettopoli” restituisce il maltolto. La societa` e` uscita dal procedimento patteggiano 20mila euro di multa e versando 301mila euro a titolo di risarcimento alle parti civili che si sono costituite e cioe` la Regione Emilia Romagna e le tre Ausl di Bologna, Ravenna e Rimini.

La somma, gia` confiscata, e` gia` a disposizione delle parti civili che potranno cosi`, almeno in parte, ritornare in possesso delle somme che sono state illecitamente sborsate. “Un evento piu` unico che raro – sottolinea Moreno Maresi, avvocato di parte civile in rappresentanza dell’Ausl di Rimini – che consente al Servizio sanitario pubblico, colpito dalla vicenda, di riuscire a introitare una cospicua somma gia` al termine dell’udienza preliminare”. L’inchiesta, denominata “Ricettopoli” ha messo in luce un raggiro di centinaia di migliaia di euro ai danni del Servizio sanitario nazionale messo in piedi da un informatore scientifico della casa farmaceutica Italfarmaco, con la complicita` di farmacisti e medici degli ospedali bolognesi e romagnoli. La truffa consisteva nel prescrivere a persone inesistenti, gia` decedute o del tutto ignare, costosi farmaci antitumorali. Le Ausl pagavano il costo del superfarmaco e i medici compiacenti ricevevano in cambio viaggi, Rolex, oggetti di alta tecnologia e altre regalie.

Il prossimo 21 novembre saranno processati in 20 tra medici e farmacisti. Compariranno tutti davanti ai giudici in composizione collegiale per rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere e laddove il reato non e` caduto in prescrizione, di truffa e falso. Le parti civili saranno rappresentate in aula dall’avvocato Mariano Rossetti per la regione Emilia Romagna e l’Ausl di Ravenna, l’avvocato Sabrina di Giampietro per l’Ausl di Bologna, l’avvocato Moreno Maresi per l’Ausl di Rimini. L’Italfarmaco Spa e` rappresentata dall’avvocato Alberto Alessandri del foro di Milano.

Romagna Noi – 14 maggio 2014
Ricettopoli, venti rinviati a giudizio tra medici e farmacisti

Falsificazione di ricette intestate a pazienti veri, inesistenti o già defunti – in cambio di regalie o finanziamenti – con farmaci costosissimi – antitumorali o antimicotici -, una truffa al Ssn, per l’accusa, di oltre un milione di euro. I fatti, avvenuti a Bologna, Ravenna e Rimini, risalgono al 2008 e adesso hanno visto il rinvio a giudizio di venti tra medici e farmacisti. Coinvolte tre farmacie e medici «di altissimo livello scientifico», nonché l’azienda Italfarmaco, che ha patteggiato: 20mila euro di multa e il risarcimento pari a 300 mila euro alle tre Ausl e alla Regione, parti civili in aula. Il giro prevedeva l’emissione della ricetta falsa da parte dei medici, l’acquisto nelle farmacie dei medicinali a opera dell’informatore farmaceutico. Il tutto a fronte di regali. In una delle farmacie coinvolte, costata secondo i Nas nel 2008 quasi mezzo milione di euro, erano state trovate 3.500 scatole di farmaci “sospetti”. L’inchiesta era partita con quasi cinquanta indagati ma il numero è sceso per prescrizioni e archiviazioni.

Francesca Giani

Mercoledì, 14 Maggio 2014 – Farmacista33
Notizia correlata: https://www.fedaiisf.it/Start/HDefault.aspx?Newsid=4055
13/Maggio/2014 RomagnaNoi

ROMAGNA – Le ricette sono come un assegno circolare: soldi in cambio di merce. Non a caso a stamparle e distribuirle ci pensa la Zecca di Stato. E nella ricettopoli in salsa romagnola che all’inizio dell’inchiesta ha visto finire sotto la lente d’ingrandimento dei Nas ben 43 persone, di cui 38 medici, di prescrizioni risultate non veritiere gli investigatori ne avevano contate 3126. Ieri a Bologna il gup di Bologna Maurizio Panza al termine di un’inchiesta durata un decennio ha rinviato a giudizio 20 persone (di cui una giuridica) rimaste coinvolte nell’inchiesta Farmamarket coordinata dal pm Enrico Cieri che aveva chiesto il processo per 22 tra farmacisti, medici e collaboratori di un’impresa farmaceutica accusati di aver truffato il servizio sanitario nazionale attraverso la prescrizione fittizia di costosissimi farmaci salvavita a pazienti ignari e addirittura a persone il cui nome spuntava fuori dalla lista dei deceduti. Secondo quanto avevano accertato le indagini i medici emettevano le ricette senza effettiva necessità terapeutica, i farmaci venivano acquistati dall’informatore scientifico della ditta coinvolta (Italfarmaco) e poi smaltiti in vari modi grazie ad una sua collaboratrice mentre ai medici compiacenti arrivavano le regalie.

Tre i medici riminesi rinviati a giudizio per falso e truffa in concorso: Michele Benedetti, Alessandro Venturi e Francesco Perini. Dovranno rispondere delle accuse i medici Carlo Calabrese, gastroenterologo del San’Orsola difeso da Daniele Coliva, Francesco Lancewitz (dell’oncologia del Sant’Orsola, in pensione), Achilele Panetta (ex Bentivoglio), Pier Paolo Piccaluga (Ematologia Sant’Orsola), Domenico Romano dell’Ausl di Bologna. Tra i rinviati a giudizio figurano anche il farmacista bolognese Roberto Dall’Osso e la sua assistente Milena Disteso. Alle farmacie le ricette false venivano procurate da un informatore scientifico dell’Italfarmaco che predisponeva anche i regali: viaggi, home theatre, articoli di elettronica, Rolex. L’Italfarmaco, l’azienda che si era arricchita con la vendita fasulla dei suoi antitumorali ha già patteggiato 20mila euro di multa e risarcito le parti civile con 300mila euro. Secondo le accuse il medico riminese Benedetti, avrebbe ricevuto in cambio dei suoi favori il pagamento delle spese necessarie per partecipare ad un corso triennale di agopuntura. Il radioterapista avrebbe truffato per una somma che si aggira sui 15mila euro. Invece Pier Paolo Piccaluga e Carlo Calabrese del Sant’Orsola di Bologna, erano stati compensati con un impianto hi-fi mentre a Piccaluga sarebbero andati un computer portatile e rimborsi spese per viaggi e partecipazioni a congressi. Il vero motore della truffa secondo gli inquirenti erano l’informatore scientifico Daniele Naldi e i farmacisti. Quel che è certo, per quanto riguarda Rimini, è che le ricette non venivano utilizzate nelle farmacie locali ma finivano a Bologna o Ravenna. Gli inquirenti ritengono di aver raggiunto invece la prova di contatti diretti intercorsi tra Naldi e i medici e tra lui e i farmacisti. Elementi acquisiti grazie all’ascolto di intercettazioni e di dialoghi talvolta molto criptici. C’è un altro aspetto sul quale si è poi appuntata l’attenzione del pm bolognese Enrico Cieri: l’utilizzo allegro che sarebbe stato fatto delle liste degli ignari pazienti, violando dati sensibili e il diritto alla privacy di ogni ammalato. Nel calderone degli indagati, in prima battuta era finito anche l’ex sindaco riminese Alberto Ravaioli. Il medico si era giustificato affermando che qualcuno gli aveva sottratto il ricettario a sua insaputa. La sua posizione è stata infine chiarita. Sulla vicenda si erano costituiti parte civile anche l’Ausl, a Rimini con l’avvocato Moreno Maresi mentre Mariano Rossetti si era costituito per la regione Emilia Romagna e per l’Ausl di Ravenna e l’avvocato Sabrina Di Giampietro per l’Ausl di Bologna.

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