Ricette negate, il Rapporto Pit punta l’indice contro l’assistenza territoriale
Redazione Fedaiisf
«Paura di prescrivere troppo? Non credo che pesi poi molto tra le rimostranze dei pazienti che si sono rivolti al Tribunale dei Diritti del Malato per lamentare inefficienze dei medici di famiglia. Anzi a dirla tutta non solo questa paura non c’è tra di noi, ma la stragrande maggioranza teme una ricetta impropria più perché ci rimette la reputazione che per via dei controlli Asl».
Vittorio Caimi, presidente del Centro studi e ricerche in medicina generale (Csermeg) analizza i dati del Rapporto Pit Tdm: delle 24 mila segnalazioni pervenute al Tribunale dei Diritti del Malato nel 2013, un 15% punta l’indice contro l’assistenza territoriale e un quarto di questa porzione riguarda il mancato rilascio di una ricetta da parte del medico di famiglia o visite domiciliari negate. Sale invece al 20% (+6,7%) chi lamenta difficoltà d’accesso alla riabilitazione e la mancata attivazione dell’Assistenza domiciliare.
«Pur interessanti, i dati Pit andrebbero elaborati qualitativamente. Nell’assistenza territoriale, a parte il caso – non rarissimo – del paziente che ci chiede la Rmn total body senza particolari indicazioni, da riequilibrare con una corretta comunicazione con il medico, le segnalazioni di inefficienze del mmg a volte si intrecciano con situazioni in cui ci è impossibile prescrivere la prestazione più efficace.
La medicina generale ha bisogno d’infermieri e fisioterapisti a domicilio del paziente, e ciò avviene in poche realtà; peraltro il medico di famiglia può prescrivere una fisioterapia solo a seguito di una dimissione ospedaliera e in tempi di spending review le possibilità di ottenere questi interventi, pur fondamentali, difficilmente crescerà. Manca poi, in molti casi, un servizio infermieristico collegato con il medico di famiglia: per restare alla Lombardia, e a Monza dove opero, è esternalizzato, separato dal contesto clinico se non per le interazioni su base volontaria.
Infine, manca un’integrazione con i servizi sociali e gli assistenti sociali: il paziente che ha più bisogno d’interventi domiciliari soffre di più patologie, e spesso non è in grado di pagare un badante. Serve una gestione integrata delle cure sul territorio, differenti dai percorsi ospedalieri disegnati su pazienti acuti con una sola patologia di riferimento». Mauro Miserendino
Pit salute su accesso farmaci: in aumento segnalazioni carenze in farmacie
Migliora complessivamente l’accesso ai farmaci (4,5% di segnalazioni nel 2013 contro il 6,5% nel 2012) e, al suo interno, anche il dato sui farmaci non disponibili (21,6% del 2013 contro il 23,8%) ma, da un’analisi nel dettaglio, si riscontra un aumento nella casistica dell’assenza del medicinale in farmacia (36,4% contro 34,5%). Mentre risulta in miglioramento tra il 2012 e il 2013 l’aspetto dei ritardi nell’erogazione dei farmaci ospedalieri (13,6% contro 17,2%). Sono questi alcuni degli aspetti che emergono dal rapporto Pit salute 2014 del Tribunale del malato-CIttadinanzattiva su oltre 24mila segnalazioni giunte nel 2013. Il quadro che emerge è quello di un cittadino sempre più in difficoltà ad accedere, anche economicamente, alle cure, tanto che come sottolineato nel comunicato stampa la malpractice (15,5% vs 17,7%), per anni il primo problema, è scesa al terzo posto, superata dal problema dell’accesso alle prestazioni, al primo posto (con il 23,7% delle segnalazioni contro le 18,4% dell’anno prima) e dell’assistenza territoriale (15,6% vs 15,3%). Per numero, le segnalazioni che riguardano i farmaci ricoprono il settimo posto della classifica complessiva e segnano un miglioramento: 4,5% contro il 6,5% dell’anno prima. Sul fronte della disponibilità dei farmaci la situazione, stando alle segnalazioni, sembra migliorare, passando al 21,6% del 2013 dal 23,8% dell’anno prima, ma si riscontra un aumento nella casistica dell’assenza del medicinale in farmacia (36,4% contro 34,5%). Aumentano anche le segnalazioni sulle carenze legate alla non commercializzazione del medicinale in Italia (22,7% contro il 20,7%), mentre migliora l’aspetto dei ritardi nell’erogazione dei farmaci ospedalieri (13,6% contro 17,2%). In crescita anche le segnalazioni sui farmaci con note (11,8% vs 7,4%). Per quanto riguarda la spesa per farmaci (49% nel 2013 contro il 45,9% dell’anno prima), il 57,6% delle segnalazioni riguardano prodotti non passati dal Ssn, il 12,1% l’aumento del ticket e il 30,3% la differenza di prezzo tra brand e generico. E dal punto di vista dell’«insostenibilità dei costi per accedere alle cure e ai servizi sanitari», i farmaci mostrano un miglioramento arrivando al 23,5% dal 25,7% del 2012, mentre risultano in aumento le segnalazioni che riguardano la mancata esenzione farmaceutica e diagnostica per alcune patologie rare (6,6% vs 4,8%). In generale, un aspetto importante messo in luce dal rapporto è che «dopo il restringimento del welfare pubblico, anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento»: nell’ultimo anno, infatti, «il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. Tre miliardi gli euro spesi dagli italiani per ticket sanitari nel 2013, con un incremento del 25% dal 2010 al 2013 (Corte dei Conti)». E interessante l’analisi, per contro, della spesa dei cittadini: «Dalle segnalazioni emergono alcuni costi medi sostenuti in un anno da una famiglia: 650 europer farmaci necessari e non rimborsati dal Ssn; 901euro per parafarmaci (integratori alimentari, lacrime artificiali, pomate, etc.); 7.390 euro per strutture residenziali o semi-residenziali; 9.082 europer l’eventuale badante; 1.070 euro per visite specialistiche e riabilitative; 537 europer protesi e ausili; 737 per dispositivi medici monouso, vale a dire pannoloni, cateteri, materiali per stomie». Un settore di bisogni che non trova risposta al momento.