Dopo gli iperprescrittori che firmavano ricette a valanga, tanto da finire (in pochissimi) sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti, dopo quelli che hanno patteggiato per aver preso le «mazzette» dai laboratori di analisi, ora spuntano i medici che davano i farmaci ai morti, e non perché erano miracolosi. Sono 32 e sono nei guai con la giustizia che, al termine di un’ inchiesta della Procura, li accusa di falso in atto pubblico. Stavolta, però, si tratta davvero di pochissime ricette: in 22 dei 32 casi gli investigatori hanno trovato una sola prescrizione falsa, in quello più corposo si arriva a sei. Il punto è che la legge, oltre ad essere inflessibile, è molto severa a riguardo degli atti pubblici: la ricetta, infatti, è un atto pubblico firmato da un pubblico ufficiale, qual è il medico. Chiudendo l’inchiesta, il pm Tiziana Siciliano ha invitato i dottori a farsi interrogare. Hanno 20 giorni per farlo e per dare, se ne hanno, le loro spiegazioni. Come ha già fatto uno di loro che si è visto archiviare. I medici dovranno chiarire perché intestavano le ricette a pazienti morti da tempo, come hanno accertato l’inchiesta degli ispettori della Asl e le indagini dei militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, e se si tratti solo di banali errori. Che è quello che sostengono i rappresentanti della categoria, preoccupati che questa nuova vicenda finisca per danneggiare l’immagine dei medici di famiglia. Roberto Carlo Rossi, presidente regionale dello Snai, parla di «banali errori materiali» ed esclude che «possa esserci una volontà di delinquere perché un medico disonesto, magari d’accordo con i familiari del defunto o con qualche farmacista che vuole vendere, firmerebbe una marea di prescrizioni e non così poche». Rossi parla senza mezzi termini di «medici sbattuti in prima pagina per delle sciocchezze». Preoccupato il segretario regionale della Fimmg, Fiorenzo Corti, il quale teme che «l’immagine della professione subisca dei danni, soprattutto a Milano dove ci stiamo impegnando per migliorare la qualità del servizio». Corriere della Sera del 16/05/2008, articolo di GIUSEPPE GUASTELLA ed. Milano p. 1
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