Siamo dispiaciuti di leggere comunicati stampa che vantano ipotetici risparmi per miliardi di euro che discenderebbero da un utilizzo più diffuso dei farmaci equivalenti e che omettono, invece, ogni riferimento ai disagi e ai costi che lo Stato e i cittadini devono sopportare proprio a causa del diffuso zapping sui farmaci generici”. Lo dichiara Roberto Messina, Presidente di FederAnziani Senior Italia.
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Il risparmio pubblico “ottenibile semplicemente grazie al processo di genericazione – ribadisce Federico Fontolan presentando a Roma lo studio di Nomisma sui farmaci generici – sarà di oltre 1,1 miliardi di euro tra il 2015 e il 2020”, arco di tempo in cui “andranno in scadenza brevettuale prodotti che valgono, a livello nazionale, oltre 2,1 miliardi”. Un potenziale mercato “aggredibile” dalle imprese di generici con esiti industriali che potranno essere molto differenti a seconda degli orientamenti di policy adottati. Una politica che rimuovesse gli ostacoli che ancora frenano il settore, avverte Fontolan, “potrebbe determinare un aumento del turnover industriale nazionale fino a 540 milioni di euro circa, con un aumento dell’occupazione fino a quasi 20mila addetti aggiuntivi tra settore produttivo e indotto”. Un sistema “virtuoso da attivare a vantaggio del Paese”, insomma. Secondo l’analista è necessario programmare lo sviluppo del comparto nei prossimi anni attraverso “un’ottica di politica industriale ancor prima che di spesa pubblica”. La crescita della produzione “attiverebbe investimenti e occupazione, migliorerebbe la percezione dei generici e incrementerebbe la competitività delle nostre imprese”. (AgenSIR)
De Biasi (Pd): “Il generico non è un farmaco di serie B”
È quanto ha affermato la senatrice del Pd, Emilia Grazie De Biasi intervenuta alla presentazione del Rapportto Nomisma e per la quale sono molti i quesiti che su questo tema devono trovare risposta. “Il mercato del farmaco in relazione agli interventi pubblici è molto disordinato – ha detto – abbiamo due tetti: quello ospedaliero e quello territoriale. Continuiamo a tenerli separati o dobbiamo uniformarli?” C’è poi la difformità tra le regioni: “E’ uno dei grandi problemi, non c’è la certezza delle regole, una norma può essere intrepretatati in 21 modi differenti. Questo non sta in piedi neanche per il bilancio pubblico”. Altro punto da chiarire è perché le regioni non mettono a gara i farmaci generici. Così come il patent linkage è uno strumento ingiusto.
La senatrice ha poi toccato il tema dei biosimilari “è un tema clamoroso sul quale c’è una barriera che non è solo di diffidenza. Su questo le Regioni dovrebbero ragionare”.
“Se vogliamo aprire al generico – ha poi aggiunto – abbiamo una grande occasione alla luce della scadenza di molti brevetti. Una fascia di produzione che non interesserà più la grande industria. Si aprono viceversa con la farmaceutica territoriale delle grandi possibilità. Dal punto di vista industriale il pianeta del generico si può rinforzare solo a condizione che si apra al mondo esterno e anche alla ricerca. Soprattutto usciamo dal luogo comune che il generico sia un farmaco di seri B – ha aggiunto – il tema dell’industria farmaceutica nel nostro paese non può essere accessorio, non possiamo più pensare che il generico venga utilizzato perché c’è la crisi e costa meno. Bisogna elevarlo e dargli dignità”.
05 maggio 2015 – quotidianosanità
Messina (Federanziani): “Sì a generici ma con attenzione. Sono farmaci non caramelle”
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“Questi disagi e questi costi – prosegue Messina – emergono oramai chiaramente da tante ricerche, come quelle condotte da FederAnziani e recentemente dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna che, in uno studio finanziato proprio da un’azienda produttrice di farmaci equivalenti, ha dimostrato che passare a un medicinale generico diverso da quello assunto abitualmente comporta problemi dovuti soprattutto alle diversità della confezione e del farmaco in sé. La sostituzione del farmaco generico con un altro generico, ci informano i ricercatori di Onda, determina il diffondersi di comportamenti scorretti tra i pazienti, che possono impattare seriamente sull’aderenza alla terapia e quindi sull’esito della stessa, con conseguenti peggioramenti nello stato di salute dei malati cronici”.
Se esiste, come la stessa associazione dei produttori di farmaci equivalenti ammette, un ‘vuoto informativo’ tra medico e produttori di farmaci generici, il modo migliore per colmare questo gap è fare informazione scientifica presso i medici stessi, e non adottare formule di marketing o lanciare campagne pubblicitarie per vendere più farmaci come fossero caramelle. Il farmaco – conclude Messina – è una sostanza chimica e si assume quando lo prescrive il medico, senza dover essere costretti a cambiare confezione ogni giorno (zapping) a causa di condizionamenti esterni che nulla hanno a che vedere con le scelte terapeutiche”.
05 maggio 2015 – quotidianosanità