Per la prima volta, lo scorso anno gli investimenti complessivi in ricerca e sviluppo effettuati dalle aziende farmaceutiche sono risultati in calo: a livello mondiale sono scesi di circa il 3%, assestandosi a 68 miliardi di dollari. Pur sempre una bella somma ma in calo rispetto ai 70 dell’anno precedente.
Lo rivela il report Pharmaceutical R&D Factbook realizzato dalla società specializzata Thomson Reuters, leader mondiale nella fornitura di informazioni per il mondo del business. Le informazioni provengono principalmente dai report delle aziende farmaceutiche, quasi tutte aziende quotate e quindi tenute ad aggiornare gli azionisti sull’andamento della propria ricerca. La ricerca delle aziende farmaceutiche copre circa l’80% di tutta la ricerca e sviluppo del settore, il resto è a carico di Università, enti no profit e piccole biotech non quotate.
Ecco alcuni dei messaggi chiave del report:
• sul mercato globale lo scorso anno sono state lanciate sono 21 “new molecular entities” (NMEs), cioè principi attivi realmente nuovi e non variazioni di prodotti già esistenti, in calo rispetto ai 26 dell’anno precedente
• il 2010 è da 10 anni a questa parte l’anno in cui sono state messe in commercio il minor numero di NME
• il numero di farmaci entrati in fase I e II è diminuito del 47% e del 53%, rispettivamente
• per un’azienda, una volta entrati in fase III i farmaci frutto della propria ricerca hanno il 205 di probabilità in più di raggiungere il mercato.
Il report sottolinea una progressivo declino nel completamento dello sviluppo clinico: tra il 2008 e il 2010 sono stati interrotti lo sviluppo di 55 farmaci già in fase II, oltre il doppio di quanto era accaduto nel 2005-2007; inoltre, il numero di farmaci entrati in fase III nel 2010 è diminuito del 55%. Una vera debacle per la ricerca farmaceutica mondiale.
Nei prossimi tre anni le aziende farmaceutiche dovranno fronteggiare la scadenza dei brevetti di 110 farmaci, tra cui quelli di 14 cosiddetti "blockbusters" tra cui Lipitor, il farmaco più venduto al mondo.
Anche le strategie di in-licensing o di acquisto di farmaci da società biotech non sembrano dare I frutti promessi, tanto è vero che i farmaci sviluppati “in casa” hanno il 20% di probabilità in più di arrivare sul mercato.
«Per la prima volta, le aziende farmaceutiche stanno riducendo gli investimenti in R&S e ritengo che questo trend possa proseguire» afferma Hans Poulsen, a capo della divisione life sciences consulting di Thomson Reuters che ha realizzato il report.
Il report rivela anche che lo scorso anno le vendite di farmaci hanno totalizzato la cifra record di 856 miliardi di dollari. Però solo il 5% di questo enorme fatturato proveniva da farmaci lanciati negli ultimi 5 anni. Solo 7 farmaci immessi in commercio lo scorso anno provenivano da grandi aziende, con budget di ricerca superiori ai 2 miliardi di dollari l’anno
Il rapporto di Thomson Reuters rivela anche come la conduzione degli studi clinici si stia spostando da Europa e Nord america verso i mercati emergenti, come Cina, India, Russia e Brasile. Il trend trae la sua spiegazione nei costi più bassi che le aziende devono affrontare in quei paesi, tempi di reclutamento più rapidi e con la crescenti richieste delle agenzie regolatorie di quelle aree di avere studi condotti in loco. Se a ciò si