Nella provincia di Reggio Emilia, c’è chi è perfino costretto a spendere una corsa di taxi per andare alla farmacia dell’ospedale e ritirare i medicinali della distribuzione diretta. E’ quanto denuncia Federfarma in una comunicazione inviata ieri ai sindaci della provincia, a Fcr, l’azienda delle farmacie comunali di Reggio Emilia, e all’Asl. «Il nostro compito istituzionale» scrivono il presidente dell’associazione titolari, Dante Baldini, e il segretario Giuseppe Delfini «ci obbliga a segnalare il disagio che devono subire i cittadini di questi territori». Il riferimento è alle comunità dell’appennino reggiano: in questa parte della provincia, la distribuzione diretta è assicurata dall’ospedale di Castelnovo ne’ Monti, cittadina di 10mila abitanti distante una quarantina di chilometri dal capoluogo.
«Alla farmacia ospedaliera» spiega Baldini a Filodiretto «vengono inviati gli assistiti di tutti i comuni circostanti, che in diversi casi devono percorrere più di una ventina di chilometri ad andare e altrettanti a tornare. Si tratta in gran parte di anziani, che non sempre hanno figli o parenti a disposizione. E così, nei giorni scorsi mi è capitato di raccogliere le lamentele di alcuni pazienti che hanno dovuto ricorrere al taxi per andare a prendere i farmaci di cui hanno bisogno. Stiamo parlando di casi-limite, non c’è dubbio, ma esemplificano quello che i titolari di farmacia ripetono da tempo: la diretta comporta costi sociali occulti sempre meno sostenibili per le categorie più disagiate».
Poi ci sono le ricadute sulle farmacie: «Un paio di anni fa» ricorda Baldini «Fcr aveva commissionato un’indagine sui costi della diretta e aveva espresso preoccupazione per gli effetti del doppio canale sui bilanci della municipalizzata. Ma la Regione ha tirato dritto. Ne risentono anche le piccole farmacie delle aree montane, tanto che noi insistiamo spesso con le comunità locali perché privilegino questi esercizi e li sostengano. Ma sono palliativi, l’unica soluzione può arrivare dal riequilibrio della diretta regionale, che oggi continua a gravare principalmente su due-tre province».
(AS – 24/06/2017 – Federfarma)
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