Va ripensato il sistema dei tetti che da anni governa la spesa farmaceutica del Ssn. E il primo passo potrebbe essere quello di non quantificare più il budget per la farmaceutica come una proporzione fissa della spesa sanitaria complessiva. E’ una delle considerazioni che arrivano dal Rapporto Oasi 2015, la pubblicazione con cui ogni anno il centro di ricerche Cergas della Bocconi scatta una fotografia dei cambiamenti in corso nella Sanità italiana.
Lo scenario che emerge non è dei più brillanti: tra il 2009 e il 2014 la spesa sanitaria pubblica è aumentata mediamente dello 0,7% all’anno, quando nel quinquennio 2003-2008 cresceva all’incirca del 6%. «Questo duro scenario economico-finanziario» osservano gli esperti del Cergas «non ha impedito al Ssn di consolidare il proprio equilibrio di bilancio, oramai arrivato al suo terzo esercizio». In altri termini, il Ssn è stato capace in questi anni di scoraggiare ogni possibile incremento di spesa attraverso l’uso di budget pianificati centralmente e poi tradotti sotto il rigoroso controllo delle singole regioni, incentivate dagli aumenti automatici delle aliquote fiscali in caso di deficit.
In questa severa politica di contenimento, osserva ancora il Cergas, gli interventi si sono così concentrati non tanto sulla lotta agli sprechi, come in apparenza si è soliti ripetere; si è invece tagliato principalmente su quella parte di spesa sanitaria pubblica – il 35% circa – che serve «all’acquisto di prestazioni presso soggetti accreditati o convenzionati». Tra queste la spesa farmaceutica convenzionata, che rispetto al 2013 è calata del 2,9% quando la spesa per il personale resta sostanzialmente invariata (- 0,8%), quella per beni e servizi cresce del 3,4% e quella per «altra assistenza convenzionata» sale dell’1,7%.
E’ evidente, dunque, che per il Ssn si pone sempre più forte un problema di “sostenibilità”, per sciogliere il quale il Cergas propone a politici e amministratori un manifesto in dieci punti. Ci sono tra gli altri «la riprogettazione dei servizi per ridefinire i processi produttivi ospedalieri e territoriali, in coerenza con una domanda di salute più diversificata e complessa», l’integrazione dei consumi sanitari privati nel Ssn, nuovi indirizzi nella gestione del personale. E soprattutto, come anticipato, c’è la proposta di «ripensare il sistema dei tetti sulla spesa farmaceutica», magari superando «l’agganciamento alle risorse complessive del Ssn. Per quanto rassicurante rispetto all’esigenza di governare la spesa, infatti, l’attuale sistema «non consente di incorporare nella negoziazione di prezzi e rimborsi il valore terapeutico e gli effetti che un farmaco ha su altre prestazioni sanitarie», ossia «i costi evitati». Che tradotto significa: con il meccanismo dei tetti di spesa, il Ssn rischia di non poter rimborsare nuovi farmaci che nel tempo ridurranno la spesa per ricoveri, ospedalizzazioni o complicanze.