ROMA – La spesa sanitaria totale in Italia incide per l’8,9% del prodotto interno lordo, di poco al di sotto della media europea (9%), ma distante dai valori che si registrano in Germania (11,3%), Francia (11%) e Belgio (10,4%). In merito al rapporto tra spesa sanitaria pubblica e Pil, il dato italiano è pari al 6,7%, in linea con il resto d’Europa. Negli ultimi anni nel nostro Paese l’inesorabile arretramento del finanziamento pubblico alla sanità ha costretto i cittadini ad attingere sempre di più alle proprie tasche per accedere alle cure. E infatti, a fronte della progressiva riduzione del peso della spesa sanitaria pubblica sul prodotto interno lordo, c’è stato un aumento della spesa privata che è pari al 2,2% del Pil. Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dal rapporto su innovazione in campo farmaceutico e salute curato dall’Istituto per la Competitività (I-Com).
Lo studio – dal titolo ‘Inside out. L’impatto dell’innovazione farmaceutica su spesa sanitaria e costi sociali e previdenziali’ – è stato coordinato dal presidente I-Com Stefano da Empoli e dal direttore dell’area Innovazione Davide Integlia, nell’ambito di un’iniziativarealizzata con il contributo non condizionante di Abbvie, Astellas, Biogen, Bristol-Myers Squibb, Daiichi-Sankyo, Fondazione MSD, Janssen, Lilly, Merck, Novartis, Roche, Sanofi e Servier. Dal rapporto emerge inoltre come il 62% della spesa farmaceutica sia stata
Dall’analisi della spesa farmaceutica appare evidente come la componente ospedaliera sia quella che ha più inciso sull’andamento della spesa farmaceutica pubblica, crescendo del 67% dal 2008 al 2016. Al contrario la spesa territoriale è la voce di spesa che ha registrato la dinamica più contenuta, in aumento del 6% nell’intero periodo. Quanto alla spesa per prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione per i tre settori di intervento della protezione sociale (sanità, assistenza e previdenza), il rapporto I-Com evidenzia come nel 2017 ammontasse a 458 miliardi di euro, il 27% del pil ai prezzi di mercato. Una quota aumentata del 4% dal 2005 al 2017. Le prestazioni erogate in regime di assistenza hanno subito la crescita più significativa. Le prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione sono composte prevalentemente da previdenza (409 miliardi di euro) e sanità (106 miliardi di euro) mentre l’assistenza vale 49 miliardi di euro. Anche se dal 2005 al 2017 le prestazioni erogate in regime di assistenza hanno registrato un aumento dell’86%, il più significativo delle tre voci di spesa. Le prestazioni erogate in regime di assistenza sono composte prevalentemente dalla copertura del rischio di invalidità che assorbe il 42% degli esborsi nel 2017.
La spesa sanitaria corrente e il finanziamento ordinario del Servizio Sanitario Nazionale hanno seguito fino al 2012, l’aumento delle prestazioni erogate dalla PA nel complesso per la copertura dei rischi relativi allo stato di salute per poi distinguersi dal 2012 in poi. Il contrario vale invece per la spesa farmaceutica a carico del SSN che a fronte di un aumento del 33% della spesa per prestazioni previdenziali e assistenziali per malattia e invalidità nel periodo 2005-2016, si è ridotta del 71%. In termini assoluti questo significa una riduzione complessiva di 3,4 miliardi di euro per la spesa farmaceutica a fronte di un aumento di circa 8 miliardi della spesa per prestazioni erogate in regime di previdenza e assistenza per la copertura del rischio di malattia e invalidità. Tra le cause di invalidità previdenziale le neoplasie, le malattie del sistema cardio-vascolare e le patologie neuro-psichiatriche stanno assumendo un peso crescente. Nel 2015 sono stati erogati 16.200 assegni di invalidità per il gruppo nosologico delle neoplasie, e 11.110 per il gruppo nosologico delle malattie del sistema circolatorio. In entrambe i casi
“Va sempre tenuta a mente l’interazione tra innovazione, qualità delle cure e impatto complessivo sulla spesa”, ha commentato il presidente di I-Com Stefano da Empoli. Che poi ha aggiunto: “Minori investimenti sui farmaci innovativi da parte del Servizio Sanitario Nazionale possono produrre l’effetto paradossale di aumentare non solo le altre voci di spesa sanitaria, ma anche i costi di quella assistenziale e previdenziale. Ad esempio, una cura efficace può determinare da un lato un minor costo in termini di degenza ospedaliera e dall’altro risparmi su assegni e pensioni di inabilità. Per questa ragione occorre pensare ‘inside the box’ – quindi alla spesa sanitaria nel suo complesso – e ‘outside the box’, e cioè i costi non sanitari correlati come appunto quelli sociali e previdenziali. Se si continua a ragionare secondo una logica a compartimenti stagni, si va poco lontano e non si riesce a ottenere il necessario mix tra innovazione e sostenibilità. Tradendo le aspettative di cittadini e pazienti”. Secondo il direttore dell’area Innovazione I-Com, Davide Integlia, “per coniugare innovazione e sostenibilità bisogna comprendere l’impatto a 360 gradi di una nuova ‘opzione terapeutica’ immessa sul mercato. Per fare ciò è necessario che l’Health Technology Assessment – HTA – diventi uno strumento condiviso e vincolante da parte di chi valuta e recepisce il farmaco (dall’Aifa alle Regioni, sia per definire prezzo di rimborso come pure per negoziare l’accesso e le relative condizioni). Uno schema di valutazione comune a tutti i livelli di governo, dunque, che leggendo in maniera chiara l’impatto dei nuovi farmaci sulle varie voci di spesa – quelle dirette, ma anche indirette e sociali – arrivi a guidare i policy makers in una gestione delle risorse più appropriata, premiando l’innovazione e salvaguardando la sostenibilità di sistema”.
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