Il definanziamento del nostro SSN ammonta a circa € 37 miliardi che mancano all’appello nel 2019 rispetto ad un necessario incremento che doveva seguire all’inflazione, al progresso tecnologico e all’invecchiamento della popolazione con un ineluttabile aumento delle patologie croniche.
Nel rapporto GIMBE viene segnalato anche il problema della mancata erogazione di molti LEA ma soprattutto vengono segnalate le diseguaglianze tra le regioni. Un dato che pesa molto sulla pelle dei Siciliani. Un esempio: i farmaci innovativi vengono resi disponibili subito dalla regione Lombardia mentre la nostra regione li rende disponibili con estremo ritardo e praticamente mettendo sempre in dubbio ciò che l’AIFA (l’ente nazionale) ha valutato come appropriato e necessario per rispondere a specifici problemi di salute.
In questo scenario desolante possiamo citare anche l’ultimo decreto assessoriale che riguarda il riparto delle risorse sanitarie della regione Sicilia che vede ben il 2,7% di tutto il fondo sanitario destinato alle prestazioni al di fuori della regione.
Quasi € 244 milioni che volano dalle tasche della nostra verso le altre regioni. I cittadini siciliani evidentemente non trovano, o peggio non credono di trovare, adeguata risposta nelle aziende sanitarie della propria terra. A questo si aggiunge una quota limitata ai farmaci innovativi e a previsioni di tetti di spesa per alcune categorie di farmaci che renderanno l’ospedalizzazione dei pazienti cronici inesorabilmente più frequente.
Pensare che la logica dei tagli sia una logica produttiva sembra da dilettanti ma chi pensa a questi tagli è veramente un dilettante o c’è altro? Certamente non promuovere l’innovazione terapeutica nel trattamento delle patologie croniche è perdente. Ormai disponiamo di farmaci molto efficaci che se saputi utilizzare riducono la spesa sanitaria nel suo complesso riducendo mortalità e ospedalizzazione in modo consistente. Parlare di contenimento della spesa farmaceutica senza pensare all’appropriatezza è un autogol.
L’inappropriatezza e i trattamenti non efficaci ammontano secondo il rapporto GIMBE a circa € 6,5 miliardi. Per tutti questi motivi la prognosi, come ci ricorda il rapporto, sembra infausta e senza una forte azione di razionalizzazione e di revisione organizzativa del sistema sanitario regionale, la nostra regione rischia di anticiparla continuando ovviamente a regalare risorse ad altre regioni visto che il grado di insoddisfazione della popolazione è destinato a crescere.
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Il definanziamento pubblico del SSN emerge in tutta la sua gravità guardando alla spesa sanitaria pubblica pro-capite: siamo sotto la media OCSE ($ 2.622 vs $ 2.868) e in Europa ben 14 Paesi investono più di noi con un gap minimo che va dai $ 456 della Finlandia ad un gap massimo di $ 2.777 della Norvegia.
L’impatto del definanziamento degli ultimi anni emerge in maniera clamorosa confrontando la crescita percentuale della spesa sanitaria pubblica del 2000-2008 rispetto al 2009-2017 (figura 3.10). Nel primo periodo l’aumento è stato del 58%, rispetto a una media OCSE del 73%. Nel periodo 2009-2017 l’incremento percentuale è stato solo del 8%, rispetto a una media OCSE del 26%: peggio dell’Italia solo Portogallo (+5%), Lussemburgo (-4%) e Grecia (-28%).
Con il progressivo definanziamento l’Italia tra i paesi del G7 si colloca fanalino di coda per spesa sanitaria totale e per spesa sanitaria pubblica, seconda per spesa out-of-pocket ed ultima per spesa intermediata, testimonianza inequivocabile che la politica si è progressivamente sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica, ha espanso (invece di ridurlo) il “paniere” dei LEA, ma non è stata in grado di attuare una seria riforma della sanità integrativa per consentire alla spesa intermediata di integrare realmente le prestazioni non offerte dal SSN
Dal Report GIMBE 2019