“I rapporti con i sanitari abilitati alla prescrizione di medicinali non devono essere motivati e condizionati da interessi o vantaggi economici”
Martedì, 02 Dicembre 2014 – Farmacista33
Il chiarimento si inserisce nel dibattito nato a seguito dell’intervento del «Garante della Privacy relativo al passaggio diretto delle ricette dal gabinetto medico alla farmacia, sia che esse vengano portate in farmacia dal medico o da un suo incaricato sia che vengano ritirate presso lo studio medico dal farmacista o da un suo incaricato». Una disquisizione che «distoglie l’attenzione dal problema vero che poco ha a che fare con la privacy».
Se il passaggio diretto della ricetta dallo studio medico alla farmacia, spiega l’avvocato, «è davvero occasionale il problema non si pone o comunque è di assai modesto interesse; se, al contrario, ha il carattere della abitualità, esso investe ben più gravi aspetti di quello della tutela della privatezza ed in particolare un rapporto tra il medico ed il farmacista che è contrario all’art. 14 del codice deontologico del farmacista secondo cui “i rapporti con i sanitari abilitati alla prescrizione di medicinali non devono essere motivati e condizionati da interessi o vantaggi economici”, principio che trova una sua specificazione nel seguente art. 15 secondo cui “il farmacista non deve promuovere, organizzare o aderire a iniziative di accaparramento di prescrizioni mediche ovunque e comunque poste in essere».
Da qui il monito: se il «dover essere» è quello di lasciare alle sole richieste di chiarimento sulla prescrizione i rapporti tra medici e farmacisti, «la realtà, invece, mostra frequenti intrecci di interesse»: dietro alla raccolta delle ricette «vi è ragione di sospettare che si dia corso ad atti deontologicamente illeciti e di concorrenza sleale nei confronti delle altre farmacie che non utilizzino questi metodi.
Si tratta ormai di una abitudine così diffusa che è verosimile ritenere che non possa più essere contrastata» e che non si ritiene «lecita sotto il profilo deontologico». Da qui la conclusione: «ci dovrebbe essere evitata l’ipocrisia di parlare di privacy quando si tratta di tutt’altro».
Francesca Giani