Ciechi dinanzi ai presagi: crisi demografica, nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% più danni che benefici dalla globalizzazione, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente.
Ripiegati nel tempo dei desideri minori: non più alla conquista dell’agiatezza, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. L’economia dopo la fine dell’espansione monetaria? Record di occupati, ma crescita in rallentamento. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all’eutanasia il 74% dei cittadini). E nella siderale incomunicabilità generazionale va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani, esuli in fuga (sono più di 36.000 gli expat di 18-34 anni solo nell’ultimo anno).
Nel 2021 gli anziani con gravi limitazioni funzionali erano 1,9 milioni: il 13,7% del totale degli anziani e il 63,1% del totale delle persone con limitazioni in Italia. Secondo le stime, nel 2040 il 10,3% degli anziani continuerà ad avere problemi di disabilità. Rimane quindi sul tappeto la questione ineludibile del bisogno assistenziale legato agli effetti epidemiologici dell’invecchiamento demografico.
Capitolo «Il sistema di welfare» del 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2023
La priorità del rilancio del Servizio sanitario italiano. Tra il 2012 e il 2019 la spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil è passata dal 6,7% al 6,4%, nel 2020 del Covid è salita al 7,4% e poi è scesa di nuovo al 6,7% nel 2022. Dal confronto internazionale emerge che nel periodo 2012-2019 in Italia la spesa sanitaria pubblica ha registrato un -0,4%, in Francia un +15,0%, in Germania un +16,4% e in Spagna un +7,7%. Negli anni 2019-2021, per effetto della pandemia, in Italia si è registrato un +6,7%, in Francia un +8,8%, in Germania un +16,6% e in Spagna un +13,5%. Secondo la Nadef, nei prossimi anni la spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil diminuirà fino al 6,1% nel 2026. Insomma, risorse pubbliche per il Servizio sanitario nazionale declinanti nel tempo e strutturalmente inferiori a quelle di Paesi simili al nostro. Un altro fronte critico è lo shortage del personale sanitario. Il tasso di turnover (il rapporto tra assunti e cessati in un anno) è pari a 90 per i medici e a 95 per gli infermieri. Data la elevata età media, si stima che tra il 2022 e il 2027 andranno in pensione 29.000 medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale e 21.000 infermieri. Sono numeri che confermano una fragilità che potrebbe determinare in futuro costi sociali elevati.
Gli effetti delle promesse tradite in sanità. Nell’anno trascorso il rapporto degli italiani con la sanità è stato segnato dalla presa d’atto della fine delle promesse. Per il 75,8% è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie nella propria regione a causa di liste di attesa sempre più lunghe. Il 71,0% dichiara che in caso di visite specialistiche necessarie o accertamenti sanitari urgenti è pronto a rivolgersi a strutture private pagando di tasca propria (al Sud la percentuale sale al 77,3%). A causa delle promesse mancate, il 79,1% degli italiani si dichiara molto preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario nel prossimo futuro, esprimendo il timore di non accedere a cure tempestive e appropriate in caso di malattia. L’esperienza delle difficoltà di accesso alla sanità radica nella coscienza collettiva l’idea che l’universalismo formale in realtà nasconda disparità reali, che ampliano le disuguaglianze sociali. L’89,7% si dice convinto che le persone benestanti hanno la possibilità di curarsi prima e meglio di quelle meno abbienti.
I volti del welfare aziendale. Tra i lavoratori persiste una certa confusione sul significato del welfare aziendale. Solo il 19,8% dichiara di sapere bene cosa sia, il 45,1% lo conosce a grandi linee e il 35,1% non ne sa nulla. Sono i numeri del gap esistente tra lo spazio effettivamente conquistato dagli strumenti del welfare aziendale nelle scelte normative e nella contrattazione aziendale e il suo riconoscimento diretto e compiuto da parte dei lavoratori. Per le imprese il welfare aziendale è diventato una delle leve con cui attirare e trattenere lavoratori, e per stimolarne l’engagement offrendo dispositivi che, oltre a integrare il reddito, alleviano difficoltà della vita quotidiana dei lavoratori, a cominciare da una migliore conciliazione tra i tempi della vita privata e quelli del lavoro. Oggi l’81,3% dei lavoratori valuta positivamente lo smart working proprio perché consente una migliore conciliazione tra famiglia e lavoro.
Il welfare pubblico stenta sempre più: il 67,3% degli italiani, nei dodici mesi precedenti l’intervista, per avere prestazioni sanitarie si è dovuto rivolgere al privato. Così solo il 40,4% è soddisfatto del funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale della sua Regione, mentre nel 2019 era il 55%. Il 41,7% pensa che dovrà rinunciare a cure o visite mediche a pagamento intero, con risorse proprie.
L’inclusione digitale. L’88,7% degli italiani considera la connettività a internet un diritto dei cittadini al pari della tutela della salute o della previdenza. L’80,8% è convinto che l’accesso al web dovrebbe essere gratuito (solo il 19,2% è contrario. Ne sono particolarmente convinti i giovani (84,5%). Secondo il 46,2% degli italiani il riconoscimento della connessione come un diritto, addirittura da garantire gratuitamente a tutti, andrebbe finanziato con un’adeguata compartecipazione economica da parte dei grandi generatori di traffico sulla rete, come Google e Meta, mentre per il 34,6% bisognerebbe attingere alla fiscalità generale. Il 10,9% è invece contrario al ricorso al fisco e per l’8,3% ciascun utente dovrebbe pagarsi per intero la propria connessione. Il 67,6% degli italiani sostiene che, se le nuove tecnologie saranno facili da usare per tutti, potranno dare un grande contributo alla riduzione delle disuguaglianze sociali. L’85,8% reputa importante che sia diffusa un’informazione scientifica di facile comprensione per tutti sugli effetti delle nuove tecnologie.
Il ruolo del risparmio per i pensionati. Le pensioni non esauriscono l’economia della longevità. Il 65,3% degli anziani ritiene che la pensione percepita da sola non sia in grado di garantire il benessere nella terza e quarta età. L’84,6% dei longevi ritiene che per garantirsi una vecchiaia serena sia fondamentale investire i propri risparmi. Oggi il 41,0% degli anziani risparmia regolarmente e il 28,0% di tanto in tanto. Del resto, gli anziani spesso continuano a garantire un supporto economico a favore dei familiari più giovani, figli e nipoti. Nell’ultimo anno lo ha fatto il 42,0% degli anziani. Spesso le risorse degli anziani, in particolare dei pensionati, sono il polmone finanziario a tutela della rete familiare.
Segnali di nuova sanità da verificare. (Rapporto Censis 2022). Per il 61,0% degli italiani nei prossimi anni il Servizio sanitario migliorerà anche grazie alle lezioni apprese durante la pandemia. Come? Tra le cose di cui nei prossimi cinque anni ha bisogno, il 50,9% dei cittadini indica l’aumento del numero di medici di medicina generale, il 46,7% la modernizzazione di tecnologie e attrezzature diagnostiche per accertamenti, il 45,3% l’attivazione o il potenziamento dei servizi sul territorio, come le Case della salute, il 39,6% più posti letto negli ospedali, il 34,0% l’attivazione dell’assistenza domiciliare digitale (teleconsulto, teleassistenza). Inoltre, per il 93,7% degli italiani la spesa pubblica per la ricerca in salute e sanità è un investimento, non un costo. Il 94,4% si attende che ricerca scientifica e innovazione migliorino l’efficacia delle cure e la qualità della vita in caso di malattie croniche, il 92,0% che si scoprano tecniche innovative per contrastare nuovi virus e batteri, il 91,1% che si riduca il rischio di ammalarsi. Il 70,1% dei cittadini è pronto a rendere disponibili i dati sulla propria salute per studi, ricerche, sperimentazioni. E l’80,2% si aspetta che lo studio dei big data dia un aiuto concreto alla creazione di terapie e farmaci personalizzati.
Identikit del paziente futuro già in formazione. La rinnovata centralità sociale della salute imposta dalla pandemia accresce la volontà dei cittadini di giocare un ruolo attivo nei processi riguardanti la propria salute. Il 66,9% degli italiani dichiara di informarsi in autonomia su web e social network su aspetti della sua salute, dai sintomi alle patologie, con valori più elevati tra le donne (70%), i giovani (77,1%) e i laureati (74,4%). La soggettività matura si esprime anche nella richiesta di farmaci, servizi, prestazioni e soluzioni terapeutiche sempre più individualizzate: è molto o abbastanza importante per il 94,3% degli italiani avere una maggiore personalizzazione delle cure, per il 92,9% che i percorsi di cura, dal domicilio al territorio, fino agli ospedali, siano modulati sulle esigenze personali del paziente. In tale quadro, il 92,1% dichiara di avere molta o abbastanza fiducia nei medici e per l’83,9% devono essere al centro della sanità del futuro. Pur nella straordinaria importanza attribuita alla sanità digitale, oltre l’80% degli italiani è convinto che il digitale non dovrà mai sostituirsi al rapporto umano con il medico.
Tracce di nuova sanità. Il 77,0% degli italiani valuta adeguato l’operato del Servizio sanitario da quando è iniziata l’emergenza sanitaria. Accanto al riconoscimento dell’eccezionale sforzo compiuto, stanno maturando le aspettative dei cittadini sulla sanità post-Covid. Il 94,0% della popolazione ritiene indispensabile avere sul territorio strutture sanitarie di prossimità, con medici di medicina generale, specialisti e infermieri cui potersi rivolgere sempre. In caso di bisogno Il 93,2% chiede un incremento stabile dei finanziamenti pubblici. Per il 70,3% è prioritario un più ampio ricorso al digitale e alla telemedicina per effettuare controlli, diagnosi e cure a distanza.
L’autoregolazione responsabile della salute contro le pulsioni antiscientifiche. Il 67,0% degli italiani ha difficoltà a pensare di poter tornare alla vita precedente (il dato arriva addirittura all’82,7% dei giovani). Il rapporto con la salute è uno degli epicentri del cambiamento che il Covid-19 ha innescato nelle nostre vite. Uno degli ambiti in cui ciò è evidente è la gestione autonomia dei piccoli disturbi (mal di schiena, mal di testa, mal di stomaco, ecc.): nell’ultimo anno sono 46 milioni gli italiani che ne hanno sofferto. Come hanno reagito? Il 65,4% (il 77,8% tra i giovani, il 72,8% tra i laureati) ha fatto ricorso almeno una volta a farmaci senza obbligo di ricetta, basandosi nella maggioranza dei casi su esperienze analoghe in cui erano ricorsi al supporto di un medico o di un farmacista. La valorizzazione della responsabilizzazione individuale si lega a una corretta informazione ed educazione sanitaria che nella sanità del futuro dovrà essere accessibile, diffusa e continuativa, secondo le aspettative dell’83,6% dei cittadini. La maturità degli italiani nel rapporto con l’informazione sulla salute emerge anche dalla richiesta di pene severe per chi diffonde deliberatamente false notizie (56,2%) e di introdurre l’obbligo per le piattaforme di rimuovere le fake news (52,2%).
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