Il Giudice: il Ministero provveda. Ma nessuno paga
Ha perso l’uso delle braccia, ha smesso di lavorare e non può più badare a se stesso: è ammalato di Sla e non riesce a curarsi con un farmaco, costosissimo e prodotto in via sperimentale soltanto negli Stati Uniti, che rallenta il decorso della malattia. Giovanni Nigito, 59 anni appena compiuti, muratore fino a 15 anni fa e agricoltore fino a quando le braccia glielo hanno consentito, tre anni fa scopre di essere ammalato di sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che porta alla morte per la paralisi dei muscoli respiratori nel giro di 4 anni. Tra un consulto e l’altro, Giovanni scopre l’esistenza dell’Iplex (il cui principio attivo è la proteina rhihf1/rhigf1bp3) e l’inesistenza dell’assistenza sanitaria. Un trattamento con questo farmaco costa infatti 140 mila euro l’anno. Una cifra che chiude le porte degli ospedali e apre quelle dei tribunali. Giovanni si rivolge all’avvocato Fabio Trapuzzano che, in Italia, ha già ottenuto la fornitura del trattamento per circa 90 pazienti, mentre le sue dita perdono forza e mobilità. «Il 4 luglio dello scorso anno – spiega l’avvocato Trapuzzano – ho ottenuto un provvedimento d’urgenza dal Tribunale di Ragusa che riconosceva al mio assistito il diritto alla cura gratuita con il farmaco». La trottola delle responsabilità gira attorno al ministero della Salute, all’Ausl e all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). Giovanni, nel frattempo, ha bisogno di una persona che lo assista. Con la velocità che il caso richiede, lo scorso 4 ottobre, l’Aifa si fa carico della copertura economica del trattamento e ne consente la fornitura alla farmacia dell’Ausl. Caso risolto? Non proprio. Il medicinale richiede la conservazione a -20 gradi e l’Ausl 7 di Ragusa non ha il frigorifero adatto. La malattia di Giovanni non aspetta. E con la solerzia propria dello spirito professionale e umanitario che contraddistingue la burocrazia in generale e quella sanitaria in particolare, il frigorifero, costato duemila euro e tre mesi di attesa, arriva l’11 gennaio del 2008. L’Ausl 7 attacca la spina del frigorifero e invita subito la casa farmaceutica americana a inviare il farmaco. «La malattia è progredita al punto che oggi presenta deficit della motilità fine e grossolana agli arti superiori per cui necessita assistenza per svolgere i normali atti della vita quotidiana». La cartella clinica non fa un passo indietro. L’Aifa invece sì. Non intende più pagare il farmaco. E lo comunica direttamente agli Usa. Non al malato, né all’Ausl. «Tutt’al più – spiega l’avvocato Trapuzzano – l’Aifa rimborserà la spesa all’Ausl di Ragusa in un momento successivo, solo se avanzeranno risorse economiche». L’Ausl stacca la spina: le responsabilità, adesso, pesano tutte sul ministero della Salute. Intanto Giovanni peggiora e giorno dopo giorno aspetta. Che qualcuno stabilisca il costo di un giorno di vita. Franca Antoci – La Sicilia del 16/02/2008 ed. Nazionale p. 7