Quando avremo un vaccino contro il virus Ebola?

Per Ebola, il mercato globale è piccolo, per una grande azienda farmaceutica non c’è un forte incentivo a creare un vaccino, quindi bisogna chiedere i finanziamenti al governo.

L’epidemia di Ebola in Africa occidentale mette in evidenza l’urgente necessità di un vaccino, che secondo i ricercatori potrebbe essere disponibile nel giro di pochi anni: servono però fondi sufficienti e vanno superate alcune difficoltà relative alle sperimentazioni sulla loro sicurezza nell’essere umano

di Annie Sneed -31 luglio 2014 – Le Scienze

L’ultima epidemia del virus Ebola in Africa occidentale è la peggiore avvenuta finora. Alla data di lunedì 28 luglio si contano più di 1200 persone contagiate e almeno 672 decessi da questa primavera. Guinea, Liberia e Sierra Leone hanno tutte casi confermati. Un funzionario di Medici senza frontiere ha dichiarato che l’epidemia è “del tutto fuori controllo”, secondo quanto riferisce NBC News.

Purtroppo, i medici non dispongono né di vaccini né di terapie efficaci. Gli operatori sanitari possono solo tentare di sostenere il sistema immunitario dei pazienti (tenendo sotto controllo i fluidi corporei, i livelli di ossigeno, la pressione sanguigna ed eventuali altre infezioni) per aiutarlo come meglio possono a combattere il virus.

Un vaccino che contribuisca a combattere le future epidemie di Ebola, tuttavia, potrebbe essere pronto entro pochi anni. Negli ultimi dieci anni i ricercatori hanno compiuto progressi significativi, e i vaccini hanno funzionato nei primati non umani. Ma raccogliere fondi per i test di verifica della sicurezza nell’uomo è stato difficile.

“Scientific American” ha parlato con Thomas Geisbert, virologo del Dipartimento di microbiologia e immunologia dell’Universiy of Texas Medical Branch (UTMB) a Galveston, che studia il virus Ebola dal 1988 ed è attualmente impegnato nella ricerca e nello sviluppo di vaccini.

Ci sono vaccini promettenti in fase di sviluppo per il virus Ebola? 

Ci sono diversi vaccini preventivi in via di sviluppo, da tre a cinque dei quali hanno dimostrato di proteggere completamente da Ebola i primati non umani. Alcuni di questi vaccini richiedono tre o più iniezioni, altri solo una. La maggior parte sono stati finanziati dal Governo degli Stati Uniti e sono in varie fasi di sviluppo, ma nessuno è pronto per le autorizzazioni.

Il punto critico per questi vaccini è la fase I di sperimentazione sull’essere umano. Noi scienziati ci sentiamo frustrati perché sappiamo che questi vaccini proteggono gli animali e non riusciamo a capire quali aspetti del processo regolatorio impediscono alle cose di muoversi più velocemente. Non posso dare una risposta al perché si stia prendendo così tanto tempo.

Perché il sistema immunitario umano non riesce a sconfiggere il virus?

Il virus Ebola si trasmette solitamente per contatto e le prime cellule colpite sono cellule importanti per la risposta immunitaria primaria: monociti, macrofagi e cellule dendritiche. Sono importanti perché sono le prime a riconoscere che qualcosa di estraneo è entrato nell’organismo e le prime ad attivare il nostro sistema immunitario innato contro l’infezione. Questo rende difficile lo sviluppo di una risposta immunitaria efficace contro il virus: l’organismo fa fatica a contrastrare il virus, che si moltiplica fino a invadere i principali organi del corpo.

Un vaccino è in grado di contrastare questi effetti? 
Ecco un esempio di come potrebbe funzionare un vaccino. Il vaccino VSV è probabilmente uno dei più promettenti, e si basa su un vettore virale legato al virus della rabbia. Si tratta di una particella a forma di proiettile sulla cui superficie c’è una proteina strutturale chiamata “glicoproteina”, che permette al virus di riconoscere la cellula ospite, legarsi a essa e controllare il macchinario cellulare. Per un vaccino, togliamo il gene che codifica per la glicoproteina del virus VSV e lo sostituiamo con un gene che codifica per la glicoproteina di Ebola. Otteniamo così un vaccino che ha sulla superficie una glicoproteina di Ebola. Ovviamente, il virus non si comporta come Ebola perché il resto del suo genoma non è Ebola, ma dato che ha la glicoproteina di Ebola, l’organismo lo riconosce come estraneo e costruisce una risposta immunitaria specifica contro il virus Ebola.

A che punto è lo sviluppo del vaccino VSV? 
Al punto in cui stiamo cercando di ottenere i fondi per effettuare gli studi sugli esseri umani.

Quali sono le sfide biologiche dello sviluppo di un vaccino contro Ebola? 

Alcuni vaccini che hanno un “difetto” di replicazione, nel senso che non si replicano, e sono tendenzialmente più sicuri. Altri sono più efficaci, ma sono “replicazione competenti”: esempi di questo tipo sono il vaccino contro il morbillo o il vaccino contro la febbre gialla. Di solito sono bloccati in modo da non essere pericolosi come un virus selvatico, ma alcune persone potrebbero incorrere in un evento avverso.
I vaccini capaci di replicazione possono richiedere una sola iniezione, mentre per i vaccini con replicazione difettosa potrebbe servire un richiamo annuale, perché non sono efficienti. Dobbiamo concentrarci su un vaccino che protegge gli esseri umani con una singola iniezione? In Africa è una scelta pressoché obbligata, perché lì sei fortunato se trovi un ospedale in grado di vaccinarti una volta.  Si guadagna in efficacia e si perde in sicurezza. Questa è una delle sfide più grandi.

Può darci una stima di quando potremmo avere un vaccino efficace contro il virus Ebola? 

Da due a sei anni, secondo me. Detesto dirlo, ma in realtà tutto dipende dal sostegno finanziario alle piccole aziende che sviluppano questi vaccini. Gli studi sull’essere umano sono costosi e richiedono un sacco di soldi pubblici. Per Ebola, il mercato globale è piccolo, per una grande azienda farmaceutica non c’è un forte incentivo a creare un vaccino, quindi bisogna chiedere i finanziamenti al governo.

Mi piacerebbe vedere una situazione in cui si cerca di sviluppare i nostri migliori vaccini candidati in modo da completare gli studi di fase I il più velocemente possibile. Credo che dovremmo iniziare dagli operatori sanitari in zone ad alto rischio. Questa epidemia è unica perché si è verificata in un’area in cui non l’avevamo mai vista prima, ma anche perché sembra esserci una percentuale più alta di personale medico contagiato. Ho visto funzionare tutti questi vaccini in numerosi animali, e non ho mai visto un evento avverso. Riconosco l’importanza le preoccupazioni sulla sicurezza, ma sarebbe bello se ci fosse un modo per fare tutto più velocemente. Ci sono persone esposte a Ebola, con una probabilità di morire che va dal 60 al 90 per cento. Penso che dobbiamo valutare la situazione in questo contesto.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2014 su www.scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

Una prima vittoria sul virus di Ebola

Un vaccino sperimentale contro Ebola

Bellizzi: “Il pericolo Ebola è remoto, la malattia si trasmette solo per contatto diretto”

L’infettivologo di Medici Senza Frontiere: “Non si propaga per via aerea, l’incubazione va dai due ai ventuno giorni. Per la sua dinamica è difficile che possa arrivare fin qui”

di PAOLO G. BRERA – 31 luglio 2014. R.it | Esteri

Saverio Bellizzi 

ROMA. Saverio Bellizzi, infettivologo di Medici Senza Frontiere, fino a poche settimane fa era in Africa a combattere contro l’epidemia di Ebola.

Come avviene il contagio?
“Per contatto diretto con una persona ammalata, che ha sintomi molto evidenti. Il virus non si trasmette per via aerea”.

Può sbarcare in Italia?
“Il rischio che arrivi dalle coste a Sud è abbastanza remoto, non siamo in una situazione di allarme”.

Perché?
“Per la dinamica della malattia, che ha un andamento tempestoso. In una settimana o dieci giorni si sviluppano sintomi che, senza trattamenti adeguati, portano rapidamente alla morte. I migranti hanno almeno un anno di viaggio alle spalle per attraversare il Sahara e trovare il modo di salpare”.

E i voli dall’Africa?
“È una questione di cui si occupa l’autorità aeroportuale inglese, ma tutti gli aeroporti nelle aree a rischio prendono la temperatura dei viaggiatori con sistemi efficaci, e si compilano moduli per verificare i sintomi. È molto improbabile vedere un malato di Ebola girare in un aeroporto: ho chiesto a un paziente guarito, mi ha detto la fatica che ha provato era la somma complessiva di tutte le fatiche di tutte le malattie che aveva avuto, compresa la malaria. I pazienti hanno una febbre devastante, sono stanchissimi, è difficile anche solo metterli in piedi. Come puoi entrare in contatto con persone così, toccandole o armeggiando coi loro liquidi biologici o con il loro sangue?”.

E chi è rientrato da una zona rischio?
“Non basta esserci stati per sospettare di aver contratto la malattia. Bisogna aver avuto un contatto stretto, lavato o toccato una persona visibilmente ammalata ed essersi poi portati le mani al naso o alla bocca”.

Quali sono i sintomi?
“La febbre a 38 o 38,5, di solito accompagnata da mal di gola. Poi arrivano fatica intensa, diarrea, vomito, dolori articolari e addominali, cefalea… E la febbre diventa molto alta”.

Chi ha un dubbio cosa deve fare?
“Il medico valuterà se e dove fare accertamenti. Nella maggior parte dei Paesi africani ora è stagione delle piogge, è probabile semmai che abbia contratto la malaria. L’incubazione di Ebola va da 2 a 21 giorni: se sviluppa la febbre dopo 4 settimane dal ritorno dall’Africa è sicuro che ha altro”.

Cosa succede a chi si ammala?
“Viene isolato per monitoraggio e trattamento: idratazione, nutrizione, farmaci per patologie associate. Si mira a tenere il corpo in buona condizione per permettergli di combattere il virus, che si replica giorno dopo giorno indebolendolo sempre più”.

 

 

 

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