E’ vietato utilizzare i social network per fare la pubblicità ai farmaci di automedicazione. Per Facebook fa eccezione soltanto la colonna di destra del cosiddetto “muro”, lo spazio dei post, dove già da tempo vengono pubblicate inserzioni costituite da una foto e un breve testo di accompagnamento; per Twitter, invece, il divieto è assoluto. L’indicazione arriva dall’aggiornamento con cui il ministero della Salute ha rinnovato di recente le linee guida per la pubblicità farmaceutica sui nuovi media. I principali destinatari del documento sono ovviamente i manager e i creativi delle aziende farmaceutiche, ma una lettura non fa male male neanche al farmacista che ha aperto un profilo Facebook della propria farmacia, gestisce un sito di e-commerce oppure usa la posta elettronica come strumento di marketing e fidelizzazione.
Le linee guida, innanzitutto, distinguono tra siti istituzionali (cioè che l’azienda utilizza per promuovere la propria immagine), siti aziendali (di proprietà), siti di prodotto e infine siti non di proprietà. Nel primo caso è consentito pubblicare l’elenco dei Sop e Otc commercializzati dall’azienda senza alcuna richiesta di autorizzazione, con eventuale link per ciascuno al solo foglietto illustrativo ed eventualmente a un’immagine della confezione. Negli altri casi, invece, l’azienda deve presentare al Ministero la tradizionale richiesta di permesso alla comunicazione pubblicitaria, con tanto di indirizzo web del sito dove l’annuncio sarà inserito. Inoltre, l’impresa dovrà circoscrivere con chiarezza il messaggio pubblicitario e porre una dicitura che specifichi come l’autorizzazione si riferisca soltanto a quest’ultimo. «Nell’eventualità di siti web relativi a prodotti», avvertono ancora le linee guida «l’azienda deve trasmettere al Ministero la mappa del sito indicando le parti relative alla pubblicità che richiedono autorizzazione.
Il no quasi categorico alla pubblicità degli Otc sui social, invece, viene motivato dal Ministero con le caratteristiche della comunicazione sul farmaco: i messaggi autorizzati, è la spiegazione del dicastero, devono essere statici per la natura del contenuto, cioè non possono essere modificati una volta approvati. Sui social, invece, commenti e discussioni che si sviluppano dai singoli post mettono a rischio tale requisito. Risultato, no alla pubblicità degli Otc su Twitter e “nì” su Facebook, dove è consentita soltanto se appare nella colonna di destra già oggi riservata ad annunci e inserzioni statiche (due le formule tollerate: testo+Immagine singola+link oppure testo+immagini multiple+link).
Sì condizionato anche a Youtube, dove le aziende possono inserire solo pubblicità autorizzate dal Ministero (video, audio, script e immagini) previa disabilitazione delle funzioni social ossia “mi piace”, “condividi” e “commenta”. Sì patteggiato anche alla pubblicità via sms e mms (purché si tratti sempre di campagne autorizzate e al consumatore sia consentita la cancellazione dalla mailing list in qualsiasi momento) e a quella assicurata da link/banner, nel qual caso all’atto del clic deve comparire una dicitura che specifichi «State abbandonando il sito dell’azienda … contente materiale promozionale autorizzato ai sensi della vigente normativa in materia di pubblicità sanitaria».
Quanto infine alla comunicazione rivolta agli operatori (tra i quali farmacisti e medici), l’avvertenza del Ministero è che l’accesso rimanga riservato ai professionisti anche quando è diffusa via internet.« Pertanto le aziende devono prevedere l’istituzione di aree criptate, con accesso tramite password. «Ne consegue» conclude il Ministero «che anche nell’ambito dei siti di libero accesso al grande pubblico, i link verso aree destinate all’informazione degli operatori sanitari devono, comunque, fungere da barriera d’accesso, per coloro che non si configurano come tali».