Con l’aumento del numero di bambini non sottoposti a vaccinazioni a causa della contrarietà dei genitori, crescono i casi di focolai epidemici.
Fino a quindici anni fa, erano ben poche le persone che mettevano in dubbio la necessità di far vaccinare i loro bambini. Poi, nel 1998, sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, uscì un articolo a firma del medico britannico Andrew Wakefield che presentava dati allarmanti sul possibile rapporto tra il vaccino trivalente, che rende immuni da morbillo, parotite e rosolia, e l’aumento dei casi di autismo. Riportati dalla stampa generalista in tutto il mondo, i risultati della ricerca fecero scoppiare un pandemonio. A Londra la percentuale di bambini vaccinati crollò dal 90 al 50%, e a partire dal 2000 iniziò un aumento dell’incidenza del morbillo, tale da provocare alcuni decessi. Erano intanto iniziate numerose sperimentazioni per verificare indipendentemente i risultati di Wakefield, nessuna delle quali confermò il collegamento tra vaccino trivalente e autismo. Lancet decise di ritirare l’articolo, che cominciava a dimostrarsi scricchiolante, e l’aggravarsi delle prove contro Wakefield (che sarebbe stato finanziato da un avvocato che portava avanti una causa sul rapporto vaccini-autismo) portò il medico a essere radiato dall’ordine nel 2010. Ma la vicenda è lontana dall’essere conclusa. Per molti, il medico britannico aveva ragione, e i “poteri forti” avrebbero cercato di chiudergli la bocca per non danneggiare l’industria farmaceutica. Il risultato è che ancora oggi moltissimi genitori decidono di non far vaccinare i loro figli, con esiti molto pericolosi.
Un pregiudizio ancora forte
Un sondaggio della Regione Veneto, che nel 2008 ha sospeso l’obbligo vaccinale, ha analizzato il comportamento delle famiglie per tutti i bambini nati dopo la sospensione dell’obbligo. A 36 mesi, il 3,7% ha rifi