Si tratta di tre medici di famiglia che ora rischiano il rinvio a giudizio. Loro dichiarano l’assoluta buona fede. Tre medici di famiglia spezzini sono finiti nei guai per aver prescritto farmaci a pazienti defunti. A sollevare il caso giudiziario sono stati i militari della Guardia di Finanza distaccati presso l’Asl 5 che hanno passato al setaccio migliaia di ricette incrociandole con i pazienti. Così dai controlli a tappeto sono finiti nella rete tre medici di famiglia che operano nell’Arcolano e dintorni, i quali avrebbero prescritto farmaci a pazienti morti precedentemente ospitati in un paio di case di riposo della Val di Magra. Accuse fondate considerato che i pubblici ministeri che si occupano del caso hanno chiuso le indagini e chiesto per tutti e tre i professionisti il rinvio a giudizio. Adesso si dovrà pronunciare il giudice per l’udienze preliminare e stabilire se i tre medici dovranno essere o meno processati. Inoltre i giudici della Corte dei Conti hanno già attivato un procedimento per verificare la responsabilità contabile da parte dei tre professionisti indagati dalla procura spezzina. I tre medici si difendono sostenendo che non c’è dolo nel loro comportamento e nessuna attività di lucro si cela dietro al loro comportamento, ma solo superficialità e tutt’al più negligenza. Effettivamente i corrispettivi in denaro dei farmaci erroneamente prescritti non raggiungono cifre astronomiche che potrebbero indurre a pensare a un comportamento volto proprio a intascare somme indebite di denaro. Inoltre si tratterrebbe di malati cronici per i quali venivano prescritte da tempo ricette in “automatico” secondo le richieste delle varie case di riposo dove erano ospitati. Anziani ultraottantenni che necessitavano di numerosi medicinali e per questo motivo venivano prescritti in serie per evitare lunghe file in ambulatorio da parte degli assistenti. In alcuni casi in effetti i pazienti erano morti poco tempo prima della compilazione delle ricette poste sotto indagine, in altri invece il tempo era più dilatato e quindi su questi episodi si concentrerà più attentamente la magistratura. In un caso inoltre si parla di omonimia tra pazienti e quindi un errore veniale nella trascrizione del nome del beneficiario della ricetta. Nonostante il tentativo di difesa, secondo l’accusa invece ci sarebbero ele menti sufficienti per avviare l’azione penale e non a caso i magistrati che si occupano dell’inchiesta hanno chiesto la celebrazione di un processo a carico di tutti e tre gli indagati. Insomma un caso che fa comunque discutere in un periodo in cui si cerca disperatamente di tagliare i costi della sanità compatibilmente alle esigenze dei servizi erogati. E maggiori attenzioni vengono richieste agli stessi medici di famiglia proprio all’atto di prescrivere medicinali che gravano poi sul sistema sanitario nazionale. E quello di distribuire farmaci a persone defunte non è certamente la soluzione più opportuna per risparmiare denari. Era accaduto anche in passato. La casistica delle prescrizioni a pazienti passati a miglior vita è infatti abbastanza ricca anche nella nostra provincia. Da Il Secolo XIX del 12-8-07