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Piemonte. Dose unica del farmaco: utilità supposta

Per alcuni è la chiave per contenere la spesa farmaceutica, ma sui reali risparmi non tutti sono d’accordo. Dopo la fase pilota è partita la corsa tra le aziende sanitarie anche perché il piatto dei bandi è piuttosto succulento. A chi fa gola? Perché tanta fretta?

 

Perché tanta fretta? Mentre in piazza Castello il noto epilogo della legislatura ha limitato ogni attività alla sfera dell’indifferibile e urgente, c’è un settore della Sanità che continua a correre. Sono le procedure legate alla sperimentazione della cosiddetta dose unica del farmaco: il prodotto viene acquistato, spacchettato, inserito in contenitori monodose e somministrato. Il progetto prevede, inoltre, l’adozione di un sistema informatizzato per la prescrizione e somministrazione dei fermaci, mentre il confezionamento avviene in uno stabilimento che, nel caso dell’Asl di Alessandria, la prima a procedere con la sperimentazione, non è di proprietà. A chiedere lumi sull’intenzione di adottare questo specifico procedimento anche di altre Asl e Aso piemontesi èEleonora Artesio, capogruppo della Federazione della Sinistra in Regione Piemonte, ma soprattutto assessore alla Sanità nella Giunta di Mercedes Bresso, quando al crepuscolo del suo mandato (era il 2009) decise di bocciare quella proposta già pervenuta sulla sua scrivania. Il motivo? «Il progetto della Asl di Alessandria era stato oggetto di uno studio di fattibilità commissionato all’Aress e realizzato nell’Asl di Asti con la collaborazione del Politecnico di Torino» ricostruisce l’Artesio. Ma i risultati dello studio non fugarono tutti i dubbi sull’effettiva convenienza dell’operazione, anzi la relazione concludeva così: «Sulla base dei dati e delle informazioni raccolte ed elaborate non vi sono evidenze economiche sulla convenienza nell’utilizzo della dose unitaria e/o personalizzata». Di qui la decisione di sospendere tutto.

 

Con la giunta di Roberto Cota, però, la questione torna in auge. Ad Alessandria si procede a tappe forzate con la sperimentazione e si dà il via a una gara da 23 milioni di euro per un progetto di 9 anni. Il servizio viene affidato a una società privata con sede nel Piacentino, Ingegneria Biomedica Santa Lucia Spa. Alla nuova amministrazione erano bastati i dati effettuati su un periodo relativamente breve (4 mesi) in un ospedale relativamente piccolo, quello di Tortona. Dati certamente soddisfacenti, quelli descritti nel Piano operativo, nei quali si indica una riduzione nell’acquisto delle scorte del 21% e una riduzione dei consumi del 15% per quanto riguarda i pezzi e del 36% sul valore delle forniture. Ma saranno elementi esaustivi dal momento che fanno riferimento a un campione di consumi farmaceutici pari a 100 mila euro, rispetto ai 10 milioni di euro complessivamente interessati per l’Asl di Alessandria? Secondo Artesio, inoltre, «i risparmi evidenziati non sono stati depurati dal concomitante effetto esercitato dalla variazione dei prezzi di vendita (ridottisi per via del massiccio uso di farmaci generici) e delle modificazioni delle attività dei reparti (nel frattempo ridottasi a causa della riorganizzazione subita dall’ospedale di Tortona insieme a quello di Novi Ligure)». Insomma, che non siano state altre le cause di cotanti lusinghieri risultati ottenuti durante la sperimentazione? Secondo la Regione, no. Tant’è che il Piano operativo prevede l’estensione della sperimentazione anche ad Asti e alle Asl To4 e To5.

 

Sulla vicenda l’ex assessore alla Sanità ha presentato anche un’interrogazione, il 17 marzo scorso, mai discussa per via della caduta anticipata della giunta Cota. Appena quattro giorni dopo averla protocollata, il direttore generale di corso Regina Margherita Sergio Morgagni riceve la richiesta di procedere con la sperimentazione anche dall’Asl To3, la più grande del Piemonte, e dopo appena 72 ore invia una nota per dare il suo placet. L’argomento sarà al centro dell’assemblea convocata da Morgagni con i direttori delle Asr piemontesi: che sia pronto a imprimere un’ulteriore accelerazione al progetto? A chi fa gola quello che si preannuncia essere un piatto particolarmente succulento? E, soprattutto, con una Regione in fase di trapasso è opportuna tanta fretta?

 

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